LA TERZA GENERAZIONE DEI PRERAFFAELLITI
Dipinti, ma anche sculture, grafica, mobili, abiti, oggetti d’arredo, vetrate mostrano come la nuova idea di bellezza e di gusto investì in modo capillare l’intera vita quotidiana
Se nell’immaginario comune l’Ottocento francese si identifica nel Romanticismo e nell’Impressionismo, per quanto riguarda invece l’Inghilterra vittoriana al genio isolato e visionario di Turner segue la lunga stagione dei Preraffaelliti le cui aspirazioni coincidono profondamente con quelle di una società in ascesa che gode dei vantaggi e vive le contraddizioni della rivoluzione industriale, evadendo in un passato idealizzato, considerato esemplare sia per i valori estetici che per quelli morali. Da sempre oggetto degli studi, i Preraffaelliti sono molto amati dal pubblico, che continua ad affollare i musei come la Tate Britain che conservano i loro dipinti più iconici e le mostre loro dedicate. In questo percorso la rassegna ideata e realizzata da Gianfranco Brunelli, che si è avvalso del contributo di un prestigioso comitato internazionale, rappresenta una tappa davvero significativa e in qualche modo definitiva in quanto inquadra il movimento in tutti i suoi risvolti, la sua influenza e il suo impatto, anche sociale, che va oltre la sola pittura e travalica i limiti cronologici tradizionali assegnati a questa straordinaria parabola di arte e di vita.
Le oltre trecento opere arrivate da musei e collezioni di tutto il mondo al San Domenico, grazie allo straordinario impegno della Cassa dei Risparmi di Forlì, non sono solo dipinti ma anche sculture, grafica, mobili, abiti, oggetti d’arredo, vetrate e quanto altro possa documentare la capillare diffusione di una nuova idea di bellezza e di un gusto che sono riusciti a caratterizzare tutti gli aspetti della vita quotidiana. Del resto pensiamo come ancora oggi nella moda e nel look si ritrovino echi continui del fascino, androgino, insieme mistico e sensuale, delle indimenticabili eroine evocate nei loro quadri. L’indagine svolta in questa occasione ricostruisce, procedendo oltre quella che è considerata la fine del movimento, gli affascinanti e imprevedibili percorsi del cosiddetto Aesthetic Movement attraverso il quale il sogno, gli ideali preraffaelliti si sono addentrati, diffondendosi in tutto il mondo, ben oltre le soglie del Novecento. Negli spazi di questa vasta e magnifica sede espositiva si susseguono, in un itinerario sempre scientificamente motivato e avvincente, le sedici sezioni. Seguono criteri diversi, a partire da quelle che illustrano il loro fondamentale confronto con il passato, dalla visione degli antichi maestri all’attrazione verso Medioevo da loro rievocato confrontandosi con il movimento del Gothic Revival che appoggiato dalla regina Vittoria e dal principe Alberto era divenuto una sorte di arte di Stato, presente negli arredi come privati come nell’architettura e negli spazi pubblici. La nascita e l’affermazione della confraternita sono rievocate nelle sezioni di carattere monografico dedicate ai tre fondatori Dante Gabriele Rossetti, John Everett Millais, William Holman Hunt, che nel 1848, quando le manifestazioni rivoluzionarie stavano infiammando tutta l’Europa, si riunirono in una appassionata società segreta animata da una smania adolescenziale – la loro età oscillava tra i 19 e i 20 anni – di cambiamento. Intendevano rivoluzionare l’arte e con questa il mondo, in radicale antagonismo con la morale e le ipocrisie vittoriane.
Fu profondo, anche per le origini del loro capofila Rossetti, il legame con l’Italia individuata non solo come la terra dove si stava lottando per la libertà, ma anche come la culla di una grande civiltà, quella del Medioevo e del primo Rinascimento, precedente il Raffaello che si era corrotto diventando una specie di pittore di corte in Vaticano. La letteratura e la pittura, contraddistinte da personalità straordinarie come quelle di Dante e Boccaccio, Giotto e Beato Angelico, Lippi e Botticelli, furono fonte di ispirazione non solo tematica ma anche formale dei loro dipinti nella aspirazione a rigenerare l’arte, combattere la corruzione ed esorcizzare i demoni della modernità, ritornando a una sorta di età dell’innocenza. Visitare la penisola e studiare gli antichi maestri significò, per i pittori noti e meno noti – tutti ben documentati in mostra – che a vario titolo aderirono alla confraternita o ne condivisero gli ideali, riscoprire tra Pisa e Firenze, Verona e Venezia, quei monumenti e quelle antiche pietre cariche di storia che un loro grande sostenitore lo storico John Ruskin, cui è dedicata una affascinante sezione, aveva saputo riconsegnare, nelle sue escursioni nelle nostre città d’arte, alla sensibilità contemporanea. I suoi straordinari disegni sono alternati in mostra ad alcuni pezzi antichi che erano stati oggetto della sua ammirazione e del suo studio.
Nonostante i contrasti insorti con l’intemperante Rossetti, che gli “rubò” la moglie, Ruskin li sostenne con la sua indiscussa autorità, prenfemminile dendone sempre le difese, quando i loro scandalosi dipinti, firmati con la sigla “PRB” che faceva andare in bestia i benpensanti, furono presentati alle esposizioni della Free Society e della Royal Academy di Londra. Fecero scalpore perché trattavano i temi sacri, spesso prediletti, con un irritante e inquietante realismo, mettendo a fuoco ogni dettaglio naturale, come se venisse osservato attraverso il microscopio. Ma questo era per Ruskin, come sarà per noi, il fascino di una pittura che sembra anticipare la visione allucinata, la dimensione onirica dei Simbolisti e dei Surrealisti. A determinare questi esiti dovettero concorrere diversi elementi, dal rapporto con la fotografia allo studio tanto dei pittori olandesi che dei protagonisti del primo Rinascimento italiano. La presenza delle loro opere caratterizza – in un confronto continuo e ogni volta sorprendente – le varie sezioni della mostra. Poi il discorso cambia passando a un loro grande epigono, molto ben rappresentato, come Edward Burne Jones, che ai temi cristiani e danteschi sostituì una vertiginosa esplorazione dei territori onirici del mito declinata attraverso un nuovo modello che è quello eroico di Michelangelo, poi condiviso dal capofila dell’estetismo decadente Frederic Leighton da cui derivano i “preraffaelliti” di terza generazione che, a chiusura del lungo percorso, rappresentano la rivelazione della mostra.
LA RIVELAZIONE DELLA MOSTRA è RAPPRESENTATA DAL LEGAME CON L’ITALIA E DAGLI EPIGONI DEL MOVIMENTO
Preraffaelliti. Rinascimento Moderno Forlì, Museo Civico
San Domenico
Fino al 30 giugno Catalogo Dario Cimorelli Editore, pagg. 480, € 39