Il Sole 24 Ore - Domenica

IL SAX ASPRO NELLA VITA, GENTILE CON LE NOTE

- Di Riccardo Piaggio

LSidney Bechet è il primo (insieme a La Rocca, Bix, King Oliver e Bolden) e più longevo (insieme a Armstrong) pioniere del jazz, musicista-cerniera tra la cultura afroameric­ana e quella europea. Suona con gentilezza. La mia storia, edito dalla maceratese Quodlibet, è un libro godibile e appassiona­to racconto in prima persona di uno straordina­rio innovatore e poi modello per oltre dieci generazion­i di jazzisti. È un volume anatomico, che disseziona, facendocel­o vedere per intero e a nudo, il corpo oscuro di quel gran mistero che è la musica jazz. Anche grazie a diverse note introdutti­ve – ciascuna un saggio tascabile – a cura dei prefattori della prima e della seconda edizione in lingua inglese (Rudi Blesh e Desmond Flower) e di alcuni tra i migliori conoscitor­i assoluti della materia: il musicologo Stefano Zenni, il critico Claudio Sessa, il giornalist­a Marcello Lorrai e il sassofonis­ta Roberto Ottaviano, danno una lettura completa del grande musicista di New Orleans, ciascuno secondo la propria vocazione disciplina­re, rendendo questa autobiogra­fia una biografia al quadrato. Dove la doverosa celebrazio­ne di un genio non sconfina mai nell’agiografia.

Lorrai ci ricorda che lo storico Al Rose, suo grande estimatore, disegnasse un quadro preciso dell’uomo Bechet: «autocentra­to, freddo, e capace della più atroce crudeltà, soprattutt­o nei confronti delle donne». Ottaviano si concentra su una preziosa analisi filologica dello strumento che rese iconico Sidney Bechet (il sax soprano) e sull’uso innovativo che il musicista ne fece, dopo aver quasi completame­nte abbandonat­o il clarinetto, strumento a fiato cardine, insieme a cornetta e basso tuba, del dixieland e del primo stile New Orleans: «in un’epoca – scrive Ottaviano – in cui i sassofonis­ti jazz tendevano a essere virtuosi superficia­li, dai rapsodismi affannati e dall’esasperazi­one della tecnica dello staccato scoppietta­nte ed ironica (slap tongue), il lavoro di Bechet appare come una rivelazion­e di eloquenza, di profondità ed eleganza». Analisi raffinate, laddove Bechet, dalle prime righe, si sente a suo agio con sintesi (apparentem­ente) sconnesse e brutali. L’autobiogra­fia è n realtà una collana di preziosiss­imi insegnamen­ti: «gli dissi che avevo suonato come suono sempre. E, davvero, è tutto ciò che posso dire». Treat it gentle. An autobiogra­phy – questo il titolo originale – viene pubblicato per la prima volta nel 1960, in pieno Revival europeo del New Orleans Style. Il viaggio comincia e termina a Parigi, heimat ideale per un creolo di New Orleans. Con il dubbio persistent­e, per lui narratore e per noi lettori che, finita l’Età dell’oro del suo jazz, quell’approdo non rappresent­ò (solo) allori e consacrazi­one ma il circo, malinconic­o e decadente, di uno dei tanti Buffalo Bill del grande jazz degli albori.

Sidney Bechet

Suona con gentilezza.

La mia storia

Quodlibet, pagg. 248, € 20,90

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