IL SAX ASPRO NELLA VITA, GENTILE CON LE NOTE
LSidney Bechet è il primo (insieme a La Rocca, Bix, King Oliver e Bolden) e più longevo (insieme a Armstrong) pioniere del jazz, musicista-cerniera tra la cultura afroamericana e quella europea. Suona con gentilezza. La mia storia, edito dalla maceratese Quodlibet, è un libro godibile e appassionato racconto in prima persona di uno straordinario innovatore e poi modello per oltre dieci generazioni di jazzisti. È un volume anatomico, che disseziona, facendocelo vedere per intero e a nudo, il corpo oscuro di quel gran mistero che è la musica jazz. Anche grazie a diverse note introduttive – ciascuna un saggio tascabile – a cura dei prefattori della prima e della seconda edizione in lingua inglese (Rudi Blesh e Desmond Flower) e di alcuni tra i migliori conoscitori assoluti della materia: il musicologo Stefano Zenni, il critico Claudio Sessa, il giornalista Marcello Lorrai e il sassofonista Roberto Ottaviano, danno una lettura completa del grande musicista di New Orleans, ciascuno secondo la propria vocazione disciplinare, rendendo questa autobiografia una biografia al quadrato. Dove la doverosa celebrazione di un genio non sconfina mai nell’agiografia.
Lorrai ci ricorda che lo storico Al Rose, suo grande estimatore, disegnasse un quadro preciso dell’uomo Bechet: «autocentrato, freddo, e capace della più atroce crudeltà, soprattutto nei confronti delle donne». Ottaviano si concentra su una preziosa analisi filologica dello strumento che rese iconico Sidney Bechet (il sax soprano) e sull’uso innovativo che il musicista ne fece, dopo aver quasi completamente abbandonato il clarinetto, strumento a fiato cardine, insieme a cornetta e basso tuba, del dixieland e del primo stile New Orleans: «in un’epoca – scrive Ottaviano – in cui i sassofonisti jazz tendevano a essere virtuosi superficiali, dai rapsodismi affannati e dall’esasperazione della tecnica dello staccato scoppiettante ed ironica (slap tongue), il lavoro di Bechet appare come una rivelazione di eloquenza, di profondità ed eleganza». Analisi raffinate, laddove Bechet, dalle prime righe, si sente a suo agio con sintesi (apparentemente) sconnesse e brutali. L’autobiografia è n realtà una collana di preziosissimi insegnamenti: «gli dissi che avevo suonato come suono sempre. E, davvero, è tutto ciò che posso dire». Treat it gentle. An autobiography – questo il titolo originale – viene pubblicato per la prima volta nel 1960, in pieno Revival europeo del New Orleans Style. Il viaggio comincia e termina a Parigi, heimat ideale per un creolo di New Orleans. Con il dubbio persistente, per lui narratore e per noi lettori che, finita l’Età dell’oro del suo jazz, quell’approdo non rappresentò (solo) allori e consacrazione ma il circo, malinconico e decadente, di uno dei tanti Buffalo Bill del grande jazz degli albori.
Sidney Bechet
Suona con gentilezza.
La mia storia
Quodlibet, pagg. 248, € 20,90