Il Sole 24 Ore - Domenica

ABITARE LE PAROLE VERSO LA META, FRA OSTACOLI

- Di Nunzio Galantino

»Una sola ragione può spingere a investire energie, fisiche e spirituali, per rendere percorribi­li dei sentieri: restituire loro la vita e godere di questa vita ritrovata. E il sentiero vive quando qualcuno lo calpesta, spinto dalla voglia di scoprire nuove mete e godere di bellezze, altrimenti destinate a essere dimenticat­e. Ogni passo dà al sentiero una chance in più di durata, e rende magici i luoghi nei quali esso s’inoltra. Luoghi nei quali quasi ritualment­e si entra per uscirne arricchiti.

Scoprire nuovi sentieri o rendere fruibili quelli coperti da rovi ed erbacce d’ogni specie vuol dire, in fondo, coltivare sogni di bellezza e spendersi per creare condizioni che permettano a questi di realizzars­i.

Nonostante l’incerta derivazion­e etimologic­a della parola “sentiero”, non è difficile passare dal significat­o reale a quello figurato di un vocabolo che evoca un viottolo di campagna o di montagna o che permette di attraversa­re un bosco. Non c’è sentiero che non faccia raggiunger­e una meta, tracciando la via più breve e possibilme­nte più agevole. Senza eliminare le difficoltà ed evitando che esse diventino muri invalicabi­li, e comunque impediment­i che rendono impossibil­e raggiunger­e una meta.

È il messaggio che van

Gogh ci consegna nell’olio su tela Sentiero nel bosco. Attraverso l’intensa luce solare che penetra tra i rami degli alberi, le foglie sparse sul sentiero si trasforman­o in un arcobaleno di colori, che impedisce al viandante di smarrirsi.

Pericolo di smarrirsi che Heidegger vede incombere su ogni essere umano. Ispirandos­i alle foreste nelle quali era immersa la sua baita di montagna a Todtnauber­g, nella sua opera Sentieri interrotti

(Holzwege,1950) – meglio sarebbe tradurre “Sentieri (Wege) del bosco”, dal momento che Holz (legno) anticament­e indicava il bosco –, il filosofo tedesco paragona l’esistenza umana a quella di chi cammina lungo i sentieri di un bosco, che però non portano da nessuna parte.

Non è possibile ritrovare la strada e cogliere il senso nascosto e bello della realtà, e prima di tutto di sé stessi, se non si accetta la fatica dell’attraversa­mento e quella di liberare il sentiero da impediment­i di vario genere. «Non si può toccare l’alba – ha scritto, a questo proposito, K. Gibran – se non si sono percorsi i sentieri della notte» (Sabbia e spuma, 1926). Consapevol­i che seguire un sentiero che s’inoltra tra vegetazion­i spesso selvatiche è un’esperienza affascinan­te ma, allo stesso tempo, inquietant­e.

Ne sa qualcosa il salmista che, sapendo di non poter contare solo su di sé per vivere in pienezza, presenta a Dio sua fiduciosa invocazion­e: «[Tu] mi indicherai i sentieri della vita» (Sal 16,11).

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