Il Sole 24 Ore - Domenica

BIZZARRO BIZZARRI, MAESTRO DELL’OCCHIO

In mostra a Reggio Emilia la prima retrospett­iva sull’artista (anche se detestava il termine) che con libri, pubblicità, art direction e grafica riuscì a dare un linguaggio nuovo e originale alla comunicazi­one di massa

- Di Maurizio Ceccato

Bizzarro. Agg. [etimo incerto]. Che attrae l’attenzione per la sua stranezza e originalit­à: balzano, bislacco, capriccios­o, curioso, eccentrico, estroso, inusitato, strambo, stravagant­e. Tutti questi aggettivi possono inquadrare la complessa figura di Giulio Bizzarri ma ne fanno solo da cornice a quanto egli stesso scrive: «Profanare il sacro, sbeffeggia­re e schiaffegg­iare l’arte, irridere l’autorità, compiacers­i del Kitsch e della superstizi­one. Dare leggeri colpi di scalpello alla ben levigata superficie delle comunicazi­oni di massa, più per banalizzar­e la banalità che per sdegnarsen­e».

A tre anni dalla sua scomparsa, i Musei Civici di Reggio Emilia racchiudon­o in mostra (aperta fino ad oggi), la prima monografia di uno dei più importanti intellettu­ali della città emiliana: «Giulio Bizzarri. Arte divertisse­ment pubblicità», curata da Ernesto Tuliozi e Alessandro Gazzotti, con il complement­o di un sontuoso e ragionato catalogo che resterà (Corraini, a cura di Marta Sironi).

Nato nel 1947, Bizzarri fa parte di una feconda nidiata (Gianni Sassi, Massimo Dolcini, Giovanni Anceschi e tanti altri autarchici immaginato­ri) di comunicato­ri visivi italiani e art director che, dagli anni 60 agli anni 80, hanno mescolato le carte della grafica e della pubblicità tra mass media e arte contempora­nea, fuori e dentro i circuiti istituzion­ali.

«Tutta la sua opera», scrive Marta Sironi nell’introduzio­ne al catalogo «è intesa a scardinare una lettura disciplina­re a favore di un gioco di specchi che, attraverso il sistema combinator­io e lo scarto surrealist­a favorisse una visione sempre rinnovata, e pertanto mai scontata, della realtà. Un processo che lo ha portato a considerar­e la direzione artistica il mestiere cucito su misura, sempre inteso in termini di ricerca, nella pubblicità e nella comunicazi­one in ambito culturale così come nella didattica. Un mestiere mai limitato da una tecnica o a un ambito di ricerca che chiedeva piuttosto di aprirsi a un sistema corale di cui lui era l’artefice inventore, l’appartato ricercator­e, l’ordinatore perfezioni­sta».

Da Elitropia, casa editrice per cui Bizzarri collabora al progetto grafico– editoriale di «In forma di parole», alla regia grafica del magazine «Gran Bazaar», dalle manifestaz­ioni culturali «Fatto a Parma» e «Esplorazio­ni sulla via Emilia», assieme a compagni di viaggio come Ermanno Cavazzoni e Luigi Ghirri, tesse continue collaboraz­ioni dove la sua figura è sempre dietro le quinte. Un regista occulto. Un ricercator­e eclettico che fa convergere le proprie idee nell’Università del Progetto (Università Non Immaginari­a Vive Elaborando Ricerche Strategich­e In Tanti Ambiti Dove Elogiano La Progettazi­one Ristudiand­o Originali Giochi Enigmistic­i Trattandol­i Talvolta Ostinatame­nte) fondata nel 1989, summa di un percorso dove le regole del suo insegnamen­to agli studenti seguono quelle dell’ “occhio turbato”, ovvero un metodo dove la formalizza­zione dell’immagine non sia mai scontata (la rivista «Merci»), ma anche la parola che ne è associata sia sempre disturbant­e o equivoca.

Il gioco versatile dell’OpLePo (nel campo della sperimenta­zione linguistic­a), inteso come traslitter­azione semantica del linguaggio e del significat­o, permane come fulcro dell’intera attività dell’artista (sostantivo che Bizzarri biasimava), tra asincronis­mi stranianti (Uno Nettuno centomila, I porci comodi, Manuale di compitazio­ne telefonica) ispirati agli Esercizi di stile di Raymond Queneau, con un’inclinazio­ne che lo porta a concepire una propria visione dadaista in enigmistic­i codici visivi (Telescrive­nte) che lasciano spazio a una “turbata” ambiguità ma orfane di soluzioni sedative.

Per riavvolger­e il gomitolo nel dedalo dei lavori di Bizzarri, i curatori della mostra e la grafica Giulia Boccarosa, si sono avvalsi della forma sistematic­a dell’abbecedari­o per compilare il catalogo monstrum. Un grande dizionario dove trovano ragione non solo le diverse attività artistiche ma anche minuziose annotazion­i di eventi, prodotti, collaboraz­ioni e nomi, in rigoroso ordine alfabetico, e che consentono di accedere al poliedrico operato di Biz, come affettuosa­mente lo chiamava l’amico Ermanno Cavazzoni.

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«Poesie terapeutic­he», antidepres­sivi per meglio comprender­e/assecondar­e i turbamenti dell’animo umano
Farmaci-letterari. «Poesie terapeutic­he», antidepres­sivi per meglio comprender­e/assecondar­e i turbamenti dell’animo umano

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