IL SASSONE FIORITO A VENEZIA NEL SOLCO DI METASTASIO
L’aggettivo “italiano” nel mondo musicale del Settecento non avrebbe evocato a nessuno l’associazione con un nazionalismo caratteristico e pittoresco: nessuno stereotipo, insomma, da spaghetti e mandolino. “Italiano” era piuttosto sinonimo del più aggiornato e pregiato stile internazionale, le cui caratteristiche, maturate nelle scuole, nei teatri e nelle chiese del Bel Paese, erano valuta di corso continentale, fatte proprie da schiere di compositori nati al di là delle Alpi, che spesso attraversavano per compiere il loro apprendistato a Roma, Napoli, Milano. Non a caso, tra i principali artefici dell’opera italiana del Settecento contano Handel, Gluck e Mozart.
Uno degli esponenti più emblematici dello stile italiano, figura chiave nella musica del Settecento tout court (il giovanissimo Mozart nella prefazione alla sua prima raccolta a stampa dichiarava di ambire a diventare immortale come lui), avrebbe compiuto 325 anni proprio il 24 marzo (o forse il 23). Nato nell’ultimo anno del Seicento, Johann Adolf Hasse, sembra infatti l’incarnazione perfetta del musicista italiano d’adozione, a cominciare dal soprannome con cui fu celebrato in tutta Europa e con lui stesso si firmava sin dagli esordi: “il Sassone”, termine con cui nell’Italia di allora ci si riferiva genericamente a qualsiasi musicista tedesco.
Il Sassone era effettivamente nato in Bassa Sassonia, nel borgo di Bergedorf, oggi assorbito nell’area metropolitana di Amburgo: un’area che con il suo paesaggio non molto diverso da quello dei vicini Paesi Bassi, pianeggiante, luminoso, ricchissimo d’acqua poiché prossimo alla foce dell’Elba, rappresenta quanto di più estraneo si potrebbe rispetto al paesaggio italiano. L’Elba Hasse l’avrebbe risalita, ricoprendo per trent’anni la carica prestigiosa di maestro di cappella del re di Polonia ed elettore di Sassonia a Dresda, ma prima di allora il viaggio fondamentale della sua esistenza fu quello compiuto, poco più che ventenne ma già forte d’un trascorso in patria come interprete di opere e compositore, a Napoli. Lì, Hasse semplicemente esplose. Senza entrare nel sistema dei Conservatori, venne accolto tra gli ultimi allievi da Alessandro Scarlatti, entrò nelle grazie dell’aristocrazia, s’insediò stabilmente nel processo produttivo del teatro musicale, realizzando in quattro anni non meno di diciotto titoli tra drammi, commedie, serenate e intermezzi. A Napoli completò un radicale processo di acculturazione: adottò il nom de guerre di Sassone, acquisì l’italiano come seconda lingua (non possediamo una sola riga di suo pugno scritta in tedesco), si convertì al cattolicesimo e di lì a poco convolò a nozze con una delle principali primedonne dell’epoca, la veneziana Faustina Bordoni.
Venezia diventò così il nuovo polo italiano dell’esistenza di Hasse, che vi si impose nel ricco mercato teatrale, intonando un primo dramma di Metastasio, autore di cui avrebbe musicato praticamente l’intero catalogo, divenne il maestro principale dell’Ospedale degli Incurabili, concorrente di quello della Pietà dove insegnava Vivaldi, conservò infine, grazie anche ai generosi permessi, talora di anni, concessigli da re Augusto III, un legame ultracinquantennale con la città di S. Marco, dove si spense, attivo fino agli ultimi mesi (impressionante la grande messa in sol minore per soli, coro e orchestra cui dedicò le ultime energie) nel dicembre 1783.
A Venezia il Sassone riposa, in una tomba seminascosta sotto la navata della Chiesa di S. Marcuola, a sessanta metri dal palazzo in cui sarebbe spirato, esattamente un secolo più tardi, Richard Wagner. Nel corso della sua lunga esistenza Hasse aveva saputo sviluppare una rete di relazioni con le più prestigiose Corti europee (Dresda Vienna Napoli Berlino Monaco Parigi Bayreuth), mettendone a frutto i legami dinastici e guadagnandosi i favori incondizionati di alcuni dei principali protagonisti della storia del Settecento (da Maria Teresa d’Austria a Federico II di Prussia, tra loro acerrimi nemici), conservando al contempo legami duraturi con il circuito commerciale dei teatri italiani. Quando il musicologo inglese Charles Burney gli fece visita a Vienna nel 1772, a carriera operistica conclusa da appena un anno, al Teatro Regio Ducale di Milano, fianco a fianco con il giovane Mozart, dichiarò: «non mi è ancora accaduto di parlare di lui con un esperto di musica che non lo consideri il più spontaneo, il più elegante, il più esperto compositore di musica vocale, e anche il più fecondo compositore vivente».