LA SIMPATIA PORTA A GIUDIZI SU SENTIMENTI E AZIONI
La simpatia fu per secoli interpretata da scuole filosofiche ed esoteriche. Il termine greco sympatheia (composto da sýn, con, e páthos, affezione, sentimento) indicava partecipazione alle emozioni altrui. Correnti naturalistiche del Rinascimento – riprendendo intuizioni risalenti a Empedocle e agli Stoici – l’intesero come forza attrattiva di carattere vitale che lega gli esseri; opposta all’antipatia, che allontana e disgrega. Su tali sensazioni si sarebbe retto l’universo, inteso in prospettiva vitalistica; inoltre s’ipotizzò che su simpatia e antipatia si fondassero le azioni dell’intervento umano sull’accadere, soprattutto in magia e alchimia.
Plotino, nella IV delle sue Enneadi, poneva la simpatia a fondamento dei fenomeni magici. «Da dove derivano gli incantesimi?», si chiedeva. Dopo aver paragonato codesto sentimento a un accordo naturale tra cose simili, il maestro neoplatonico descrive le vibrazioni che la trasmettono e ricorda che la magia è un elemento della simpatia universale. E quest’ultima diventò, nei secoli XVI e XVII, per taluni autori – da Campanella a Cardano, da Agrippa a Elmont – forza animatrice delle cose.
Quando a Londra nel 1759 uscirà la Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith, che sviluppava un’etica basata appunto sui “moral sentiments”, la simpatia tornava al centro dell’attenzione. Muovendo da un’analisi di tale sensazione, Smith – allora professore di filosofia morale a Glasgow – spiegò perché noi approviamo taluni caratteri e certi modi di fare e ne disapproviamo altri. Insomma, egli evidenziava come la simpatia conduca a giudizi di valore su sentimenti e azioni.
L’opera diventerà un testo fondamentale di storia della cultura: oltre a discutere della simpatia, si sofferma sull’immaginazione e su alcune delle teorie più rilevanti dell’età moderna, tra l’altro già discusse nel Trattato sulla natura umana di David Hume. Smith, come si suol dire, allunga il passo arrivando ad analizzare le passioni (anche quelle asociali), la corruzione dei sentimenti morali, il senso di merito e demerito, la consuetudine e la moda, via via sino ai sistemi costruiti intorno al principio dell’approvazione.
Tali considerazioni sono da mettere in margine a una nuova traduzione (a cura di Riccardo Bonfiglioli e Domenico Felice) de La teoria dei sentimenti morali, basata sul testo della Glasgow Edition. Ha un notevole apparato di note e una puntuale introduzione di Bonfiglioli.
Di quest’opera uscirono sei edizioni, l’ultima nel 1790: si può considerare il libro della vita di Smith. Autore ricordato più per La ricchezza delle nazioni, testo che ai tempi della cultura impegnata e militante era definito “bibbia del capitalismo”.
Adam Smith
La teoria dei sentimenti morali Mimesis, pagg. 536, € 30