ALTO, BASSO E MEZZANO
MEPHISTO WALTZ
»Un po’ come fa il governatore De Luca quando parla di qualsiasi città, soprattutto del nord, che non sia la sua Salerno. Luciano Berio, sempre pronto a bollare di kitsch quello che non gli piaceva, e certamente a ragione, lo faceva anche con Puccini. Tuttavia, “parce sepulto”, scrisse poi un finale magnifico per la Turandot che il Maestro lasciò incompiuta. Claudio Abbado non lo ha mai avvicinato, non cogliendo la modernità della sua musica, spesso ottimo Leitmotiv da film (vedi La fanciulla del West, 1910) ma che era fuori dai suoi gusti.
Mussolini, pronto ad andare su tutte le furie quando qualcuno gli diceva «dossier» – gridando di rimando: «fascicolo!» – gli tirò la giacca per dimostrarlo fascista accanito. Tale non fu. Parola del Diavolo. Purtroppo oggi qualcuno lo strapazza, vedi quel birichino di Alberto Veronesi che politicamente non fa che saltare di qua e di là, o Beatrice Venezi, che l’idiozia politica di sinistra maltratta per l’esser fascista dichiarata, mentre sarebbe più credibile e serio constatare semplicemente che il dirigere un’orchestra non le è congeniale, tanto che gli orchestrali sussurrano: «Non guardiamola, altrimenti si va fuori». Ridicola la sua ostinazione nel riproporre l’Inno a Roma, che lo stesso Puccini considerava «sterco del diavolo»: un brano di circostanza, in un artista che invece amava il progresso, testimoniato dalle tante foto al volante delle prime automobili, che collezionava, o del motoscafo su cui sfrecciava a ben 15 km all’ora sul lago di Massaciuccoli, davanti a casa. Alessandro Di Profio sul «Venerdì» di «Repubblica» ricorda che nelle «dodici opere, nove sue eroine muoiono in scena» e che solo in tre casi (Fanciulla del West, Gianni
Schicchi e la Rondine) le donne la scampano. Solo una, Giorgetta nel Tabarro, muore per mano di un uomo. Che allora non era la moda scellerata di oggi.
Il Diavolo non sa se lo psichiatra Leo Nahon, già assistente di Basaglia (ben ricordato su queste pagine), potrebbe attribuire tutto ciò al «mammismo», di cui qualcuno accusa Puccini. Il quale si vantava: «potente cacciatore di uccelli selvatici, libretti d’opera e belle donne». E poi sogghignando, in accordo con Mephisto: «Ciccialculoconpatate» (vedi lettera del 19 dicembre 1893).