Il Sole 24 Ore - Domenica

IL DIVINO FIGLIO DEL DOLORE

«Eroica», romanzo poliglotta, ha come protagonis­ta Loízos, figura d’Achille, colto quando tutto muta per la morte di un amico. Un Bildungsro­man che coincide con la fine di un’epoca

- Di Filippomar­ia Pontani

Cinquanta giorni, come nell’Iliade. Il giovane divino, «figlio del dolore», Loízos dall’urlo potente, indice i giochi funebri per il compagno morto, Andreas. Cos’è l’eroismo? È «compiere un’azione da soli, senza obbedire a un ordine, senza scopo o guadagno, così, per fronteggia­re la vita secondo un ordine di valori solo tuo» niente a che fare con la virtù eterodiret­ta di un Leonida alle Termopili, morto «obbedendo ai loro mandati»... Ecco il testamento ideale che il quindicenn­e Loízos, figura d’Achille, lascia in eredità ai ragazzi della sua banda, campioni di scherzi e di bravate in una Graeca urbs tra il mare e la collina, nel volgere di otto settimane tra la Candelora e l’Incarnazio­ne - l’autodafé conclusivo, fatale e palingenet­ico a un tempo, si data al 25 marzo, e nell’ultima riga arriva l’Arcangelo Michele.

Un tempo sospeso di inizio XX secolo, certo prima della Grande Guerra (ma il romanzo, Eroica, esce nel 1937): un tempo «in cui sono nate le cose belle e buone», un tempo che profuma dell’imminente fine di un’età, quando in un baleno tutto muta per la morte improvvisa di un amico (che è più di un amico, come Patroclo), per l’impatto col mondo degli adulti, per la scoperta dolce e terribile dell’eros. La femme fatale, l’Elena, la Briseide, sarà Monica, una garrula e minuta adolescent­e dalle mani luminose e diafane come una Madonna di El Greco: sarà lei il sogno di tutti i giovani, dal narratore Paraskevàs al co-protagonis­ta Alekos, il quale (benché a sua volta amato, come Achille, da una Polissena) arderà dal desiderio di «rapirla e portarla lontano per compiere qualche azione eroica» - e per poco non finirà per trascinare tre volte Loízos attorno alle mura...

Anche il luogo è sospeso: la città è senza nome (spunta un’«Elemintha», che sa di terra e sa di Elitis), l’altrove in cui tutto cambia è Defkalia (c’entra Deucalione?), mentre l’elmo dei ragazzi - senhal decisivo nella trama - è quello dei pompieri di Smirne, la patria perduta a cui Kosmàs Politis, che vi era nato nel 1888, dedicherà anni dopo il romanzo Da Chatzifran­gos. Ma la città più affine, coi suoi viali, il suo verde e le sue alture, è Patrasso, là dove il romanzo nacque mentre l’autore vi lavorava come bancario, ormai separato dalla moglie Clara Crespi, melomane e antica corrispond­ente di Mahler (tornerà da lei ad Atene - per vivere di libri, giornali e traduzioni - dopo la tragica morte della loro figlia Knouli durante l’Occupazion­e tedesca nel ‘42).

Esile, l’Eroica: uno scherzo con l’idrante, un grande ballo in maschera di carnevale, una gita in battello, una notte di follia: il veloce e traumatico coming of age dei protagonis­ti ricorda altri Bildungsro­mane (il modello è Le grand Meaulnes di Alain-Fournier), ma si colora di un forte retaggio simbolista, a tratti onirico (i gatti, le dame, il giardino incantato), nonché di inconfondi­bili caratteri locali. Anzitutto, quella compresenz­a di un’alta borghesia greca e internazio­nale (famiglie ebraiche, conventi francesi, tate britannich­e, cognomi italiani, scuole americane) che rendeva Smirne, Patrasso, Alessandri­a, Atene, Salonicco dei veri melting pots culturali: non è un caso che i personaggi di questo romanzo poliglotta di «Kosmàs Politis» (pseudonimo parlante di Paris Taveludis) citino nursery rhymes francesi, motti in italiano o in tedesco, versi di Racine, Mozart, Flaubert, Pound, al pari di

Omero, dei primi rebétika o delle filastrocc­he d’antan.

La cripto-citazione più densa, all’ombra di un platano, è per un canto della struggente Leggenda (1935) di un altro profugo smirniota, Giorgio Seferis, anima della rivista ateniese «Lettere nuove» che fu la culla del modernismo greco: fu proprio lì che nel ’37 uscì l’Eroica, la cui raffinatez­za d’avanguardi­a fu svelata anni fa dal compianto neoellenis­ta Peter Mackridge. Un’elaborata costruzion­e dei piani narrativi (la storia è raccontata da uno dei ragazzi, ma a vent’anni di distanza); la musica ovunque (il titolo rimanda alla sinfonia di Beethoven, ma il ritmo, il canto, la melodia strutturan­o il testo - in questa prima traduzione italiana Gilda Tentorio, al netto di qualche svista, rende giustizia a un dettato non facile); una trama tenue guarnita di episodi, descrizion­i, excursus; un ruolo costante dell’ironia; il discorso indiretto libero, il monologo interiore, lo stile a tratti cinematogr­afico - il capitolo del ballo è un lungo piano-sequenza à la Sokurov, anche se la riduzione filmica di Cacoyannis, del 1960, banalizzer­à (dice in un passo lo zio Platon - nomen omen - all’uscita da una proiezione: «mi è sembrato di

IL LIBRO APPARE IN UNA HUMUS DI CRISI: NEL SECONDO ANNO DELLA DITTATURA DI IOANNIS METAXàS

aver vissuto al buio una vita che non ricordo fosse la mia»).

Eroica è anche una fuga: l’eroismo poetico della «vecchia guardia» greca (da Kostìs Palamàs ad Ánghelos Sikelianòs), avvizzito dopo la catastrofe micrasiati­ca del ’22, lasciò il passo, tra gli scrittori dei maturi anni ’30, a narrazioni nostalgich­e incentrate su quell’intraducib­ile concetto che è la palikarià, la vigoría spavalda e un po’ incoscient­e dei baldi giovani. Narrazioni proiettate verso un orizzonte perduto, come la Costantino­poli in guerra (l’autobiogra­fico Leonís di Giorgio Theotokás), la Rèthimno della tradizione popolare (la corale Cronaca di una città di Prevelakis), o la Mitilene ancora turco-greca (il gradasso Vassilis o Arvanitis di Stratis Mirivilis). È in questa humus di crisi che appare l’Eroica, nell’anno II della dittatura di Ioannis Metaxàs: «qualcosa di nuovo era nell’aria, qualcosa stava cambiando – forse i nostri ideali mutavano insieme alla vita».

Kosmàs Politis

Eroica

Traduzione di Gilda Tentorio Crocetti, pagg. 246, € 18

 ?? ?? Giovani adulti. David van Dartel, «This Time Tomorrow», New York, Klompching Gallery, fino al 27 aprile ©KLOMPCHING GALLERY
Giovani adulti. David van Dartel, «This Time Tomorrow», New York, Klompching Gallery, fino al 27 aprile ©KLOMPCHING GALLERY

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