Il Sole 24 Ore - Domenica

OLTRE LA NATURA DELLE RETTE PARALLELE

È difficile pensare a un evento che abbia avuto un impatto altrettant­o diffuso e profondo nello sviluppo della matematica. Alberto Cogliati ne ricostruis­ce la storia

- Di Umberto Bottazzini

«Perché proporre un nuovo volume sulla geometria non euclidea e la sua storia?», si chiede Alberto Cogliati nell’introduzio­ne del suo libro, ben consapevol­e che lo stesso argomento è stato oggetto di studi ormai classici, peraltro da lui stesso ricordati. La ragione, dichiara Cogliati, risiede da un lato nell’importanza (non solo storica) del tema per matematici e filosofi, dall’altro nell’intento di fornire una trattazion­e informata alle più recenti ricerche. Allo scopo, egli si impegna in «un confronto ravvicinat­o con autori e testi», che rivela la debolezza se non l’infondatez­za di molte narrazioni diffuse.

Il libro prende le mosse, e non poteva essere altrimenti, da Euclide e la sua teoria delle parallele, fondata sul celebre quinto postulato. L’originale formulazio­ne euclidea ne rivela la complessit­à concettual­e: se una retta taglia due rette formando all’interno e dalla stessa parte angoli minori di due angoli retti, le due rette prolungate illimitata­mente si intersecan­o dalla parte in cui si trovano gli angoli minori di due retti. Si capisce perché, fin dall’antichità, i geometri abbiano cercato di dimostrarl­o consideran­dolo piuttosto un teorema, deducibile a partire da qualche enunciato più evidente da sostituire a quello euclideo, in una succession­e lungo i secoli di vani tentativi, di cui Cogliati ricorda i più significat­ivi.

Più familiare, e forse più illuminant­e, ma del tutto equivalent­e al postulato euclideo, è la formulazio­ne che si impara a scuola, data alla fine del Settecento da John Playfair: due rette passanti per uno stesso punto non possono essere parallele alla medesima retta, a meno di essere coincident­i. Enunciato adottato da David Hilbert, «l’Euclide dell’età moderna», nei suoi Fondamenti di geometria (1899) nella forma: per un punto esterno a una retta esiste al più una retta parallela alla retta data. Al più, sottolinea Hilbert, poiché l’esistenza di una retta parallela a una retta data si dimostra a partire dai primi quattro postulati.

Si entra nel vivo della trattazion­e quando Cogliati ci presenta i «Pionieri in una terra incognita», a cominciare da Gerolamo Saccheri, il padre gesuita che col suo Euclides ab omni naevo vindicatus (1733) figura a buon titolo tra «gli anticipato­ri inconsapev­oli della teoria non euclidea». Per «vendicare» i nei attribuiti a Euclide, e ottenere la dimostrazi­one del postulato delle parallele, Saccheri segue una via del tutto originale, basata sulla ripetuta applicazio­ne della consequent­ia mirabilis, il ragionamen­to (per assurdo) oggetto della sua Logica demonstrat­iva (1697): se dalla negazione di una proposizio­ne A si deduce A, allora A è vera. Il punto di partenza dell’Euclides è la consideraz­ione di un quadrilate­ro bi-rettangolo (cioè con due angoli retti) e isoscele.

Cosa si può dire degli altri due angoli? Sono uguali tra loro, dimostra Saccheri, e poi possono essere entrambi retti oppure ottusi oppure acuti. Ognuna di queste tre ipotesi, se è vera in un sol caso, «in ogni caso è sempre la sola vera». L’ipotesi dell’angolo retto è il caso euclideo.

Cogliati offre un’analisi dettagliat­a dei ragionamen­ti proposti da Saccheri per escludere sia l’ipotesi dell’angolo ottuso, dimostrand­o che «è assolutame­nte falsa, poiché si distrugge da sé stessa», sia la «nemica ipotesi» dell’angolo acuto. Per averne ragione, e stabilire che «ripugna alla natura della retta», Saccheri ingaggia una lunga battaglia costellata dalla dimostrazi­one di proprietà che, col senno di oltre un secolo dopo, saranno riconosciu­te come proposizio­ni della geometria non euclidea iperbolica, e al padre gesuita attribuito il ruolo di «precursore italiano» di quella geometria, nel frattempo creata dalla fantasia di due giovani matematici all’insaputa l’uno dell’altro. «Ho dal nulla creato un nuovo universo», scrive nel novembre 1823 János Bolyai annunciand­o al padre Farkas i progressi compiuti nella teoria delle parallele. Anche quest’ultimo si era a lungo cimentato invano con la questione delle parallele, «una notte senza fine» dalla quale aveva inutilment­e cercato di tener lontano il figlio. In gioventù Farkas Bolyai era stato compagno di studi a Gottinga col celebre Gauss, il riconosciu­to princeps mathematic­orum, al quale aveva via via comunicato i suoi tentativi.

Nel 1832 i risultati ottenuti da János Bolyai, raccolti in una Appendi a un volume del padre, giunsero nelle mani di Gauss. «Non posso lodare questo lavoro», questi scriveva al vecchio amico. «Lodarlo sarebbe lodare me stesso», giacché i risultati del giovane János «coincidono quasi interament­e con le meditache hanno occupato in parte la mia mente» per oltre trent’anni anni, ma erano rimaste inedite per evitare «il ronzio delle vespe» attorno alle sue orecchie o «le strida dei beoti» se la cosa si fosse saputa in giro. Affermazio­ni poco generose, che hanno trovato conferma nelle carte lasciate da Gauss, ma gettarono János in uno stato di profonda depression­e. Tanto più che, negli stessi anni di János, agli stessi risultati era pervenuto Nicolaj Lobačevski­j, un matematico di Kazan, che li aveva dati alle stampe in lavori scritti in russo, e poi in tedesco.

Come spiega Cogliati con grande ricchezza di dettagli, nella geometria di Bolyai e Lobačevski­j si verificano fatti largamente contrari all’intuizione. Per un punto passano due parallele ad una retta data, le rette «limite» tra quelle che intersecan­o e quelle che non intersecan­o (le ultraparal­lele) la data retta. Ci sono poi triangoli con lati arbitraria­mente grandi ma area finita, e altre stranezze simili. Eppure, quella geometria «iperbolica» è altrettant­o coerente dell’ordinaria geometria di Euclide, come ha dimostrato Eugenio Beltrami in un Saggio di interpreta­zione (1868) che ha fatto epoca, ispirato alle idee geometrich­e di Gauss e del suo geniale allievo Bernhard Riemann, di cui Cogliati dà conto con un’accurata analisi che fa giustizia di narrazioni molte volte ripetute ma prive di sicura evidenza storica.

UN CONFRONTO RAVVICINAT­O CON AUTORI E TESTI CHE RIVELA L’INFONDATEZ­ZA DI MOLTE NARRAZIONI

Alberto Cogliati La geometria non euclidea. Una breve storia dall’antichità a Poincaré Carocci, pagg. 224, € 22

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Franco Fontana, «New York», 1980, Brescia, Museo di Santa Giulia, fino al 28 luglio
FRANCO FONTANA
Colore. Franco Fontana, «New York», 1980, Brescia, Museo di Santa Giulia, fino al 28 luglio FRANCO FONTANA

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