COSì SI SVILUPPA IL MITO DELLE RADICI CRISTIANE D’EUROPA
Come si racconta la storia di un mito? Leggete questo libro e lo capirete. Il mito di cui si parla è quello delle radici cristiane dell’Europa. La sua costruzione – così come accade per altri miti e leggende – è avvenuta attraverso un processo di semplificazione dettato da ragioni ideologiche. E Sante Lesti riesce, attraverso un’indagine rigorosa e una scrittura veloce e a tratti ironica, a svelarne i meccanismi nascosti.
Scovare è il verbo che meglio gli si addice, un cacciatore intento a trovare quelle radici ovunque si presentino: in discorsi, prediche, opere letterarie e politiche, ma anche in documenti d’archivio, dipinti, film, trasmissioni televisive. Con un obiettivo evidente fin dalle prime pagine: far vedere come attraverso la sua creazione – con le sue molteplici varianti – si sia cercato di «elevare alcuni (la Chiesa e i cattolici) al di sopra degli altri». Un mito potentissimo, che ha cominciato a muovere i primi passi alla fine del Settecento con autori come il lionese Pierre-Simon Ballanche, l’ultramonarchico Louis Bonald e il poeta e filosofo Novalis, per poi giungere alla sua appropriazione papale da parte di Pio XII, subendo continui aggiornamenti e trasformazioni prima da Giovanni XXIII e Paolo VI e infine da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
I casi di Ballanche, Bonald e Novalis sono esemplari. Hanno sullo sfondo l’attacco frontale alla Rivoluzione francese, allo spirito “irreligioso” dell’Illuminismo e all’ascesa di uno stato laico. Di contro sta la visione profetica di un’Europa futura unita sotto il segno della cristianità, dove il suo tratto distintivo è l’identificazione tra civiltà e religione.
Impossibile seguire passo dopo passo le tante vicende (con al centro autori come De Maistre, Lamennais, Hayez con la sua tela Pietro l’eremita predica la crociata, Gioberti, Ozanam, tanto per citarne alcuni) che costituiscono la preistoria del mito. Preistoria appunto, dove il papato non figura ancora come protagonista. Il mutamento avviene all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, quando Pio XII, nell’omelia tenuta il 18 settembre 1947 nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, in occasione del XIV centenario della morte di San Benedetto, abbraccia il mito delle radici cristiane-benedettine dell’Europa. In gioco vi era anche la proclamazione di San Benedetto patrono d’Europa, una campagna – la prima, la seconda ci sarà nel 1964 sotto il pontificato di Paolo VI – intrapresa dal nuovo abate di Montecassino, Idelfonso Rea, e sostenuta con grande determinazione dalla Chiesa di Roma, ma che allora non andò a buon fine. «Negli anni tra le due guerre mondiali – scrive Lesti – nessuno osa più mettere in dubbio il ruolo cruciale esercitato dal cristianesimo nella costruzione dell’Europa. Pochi, però, sono convinti che esso abbia esercitato un ruolo essenziale».
Spetterà a Giovanni XXIII e poi a Paolo VI aggiornare quel mito. Radici 2.0 è il titolo del quarto capitolo a loro dedicato. Poi sarà la volta di Karol Wojtyła. Le sue sono radici «clericali, nazionali e, soprattutto, tanto orientali quanto occidentali», che vanno ben oltre l’idea di Europa sostenuta dai pontefici che lo hanno preceduto. Le radici a cui guarda il papa polacco sono «post occidentali» e «nazionalistiche», con l’obiettivo ambizioso di una «(ri)cristianizzazione integrale» dell’intero continente. Lesti mette bene in evidenza questo passaggio, così come sottolinea il confronto (e il dissenso) che emerse sempre più nettamente tra Giovanni Paolo II e buona parte dei vescovi europei, a cominciare dagli arcivescovi di Vienna e di Marsiglia, i cardinali Franz König e Roger Etchegaray.
SANTE LESTI SOSTIENE CHE SI CERCò DI «ELEVARE ALCUNI (LA CHIESA E I CATTOLICI) AL DI SOPRA DEGLI ALTRI»
È noto che i richiami e gli appelli di Giovanni Paolo II all’«anima» cristiana dell’Europa non restarono lettera morta e si trasformarono in concrete azioni politiche. Nel 2003, la richiesta avanzata dal Partito popolare europeo – di inserire nella Costituzione europea il richiamo alle radici “giudaico-cristiane” – venne respinta per qualche manciata di voti. Lesti ricostruisce gli aspetti salienti di quella battaglia politica, per poi proseguire con Benedetto XVI.
Papa Ratzinger non devia dal solco tracciato da Giovanni Paolo II. Sposta però l’asse della riflessione su temi più storicofilosofici rispetto a quelli più propriamente teologici (e qui, forse, avrei speso qualche pagina in più sull’idea, centrale in Ratzinger, di «allargare gli spazi della razionalità», ovvero sulla polemica mossa nei confronti dell’Illuminismo, inteso come una visione riduzionistica della ragione e della scienza).
Il libro poi si affaccia sul presente. Su Francesco, sul discorso tenuto il 6 maggio 2016 in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno, in cui papa Bergoglio parla – differenziandosi nettamente dai suoi predecessori – di identità europea «dinamica e multiculturale», capace di integrare «in sintesi sempre nuove le culture più diverse». E si chiude con una coda su Viktor Orbán, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Tre scatti, tre istantanee finali, sufficienti però per capire in quale direzione sta soffiando oggi quel mito.
Sante Lesti
Il mito delle radici cristiane dell’Europa.
Dalla Rivoluzione francese ai giorni nostri
Einaudi pagg. XII-304, € 26