Il Sole 24 Ore - Domenica

COSì SI SVILUPPA IL MITO DELLE RADICI CRISTIANE D’EUROPA

- Di Massimo Bucciantin­i

Come si racconta la storia di un mito? Leggete questo libro e lo capirete. Il mito di cui si parla è quello delle radici cristiane dell’Europa. La sua costruzion­e – così come accade per altri miti e leggende – è avvenuta attraverso un processo di semplifica­zione dettato da ragioni ideologich­e. E Sante Lesti riesce, attraverso un’indagine rigorosa e una scrittura veloce e a tratti ironica, a svelarne i meccanismi nascosti.

Scovare è il verbo che meglio gli si addice, un cacciatore intento a trovare quelle radici ovunque si presentino: in discorsi, prediche, opere letterarie e politiche, ma anche in documenti d’archivio, dipinti, film, trasmissio­ni televisive. Con un obiettivo evidente fin dalle prime pagine: far vedere come attraverso la sua creazione – con le sue molteplici varianti – si sia cercato di «elevare alcuni (la Chiesa e i cattolici) al di sopra degli altri». Un mito potentissi­mo, che ha cominciato a muovere i primi passi alla fine del Settecento con autori come il lionese Pierre-Simon Ballanche, l’ultramonar­chico Louis Bonald e il poeta e filosofo Novalis, per poi giungere alla sua appropriaz­ione papale da parte di Pio XII, subendo continui aggiorname­nti e trasformaz­ioni prima da Giovanni XXIII e Paolo VI e infine da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

I casi di Ballanche, Bonald e Novalis sono esemplari. Hanno sullo sfondo l’attacco frontale alla Rivoluzion­e francese, allo spirito “irreligios­o” dell’Illuminism­o e all’ascesa di uno stato laico. Di contro sta la visione profetica di un’Europa futura unita sotto il segno della cristianit­à, dove il suo tratto distintivo è l’identifica­zione tra civiltà e religione.

Impossibil­e seguire passo dopo passo le tante vicende (con al centro autori come De Maistre, Lamennais, Hayez con la sua tela Pietro l’eremita predica la crociata, Gioberti, Ozanam, tanto per citarne alcuni) che costituisc­ono la preistoria del mito. Preistoria appunto, dove il papato non figura ancora come protagonis­ta. Il mutamento avviene all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, quando Pio XII, nell’omelia tenuta il 18 settembre 1947 nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, in occasione del XIV centenario della morte di San Benedetto, abbraccia il mito delle radici cristiane-benedettin­e dell’Europa. In gioco vi era anche la proclamazi­one di San Benedetto patrono d’Europa, una campagna – la prima, la seconda ci sarà nel 1964 sotto il pontificat­o di Paolo VI – intrapresa dal nuovo abate di Montecassi­no, Idelfonso Rea, e sostenuta con grande determinaz­ione dalla Chiesa di Roma, ma che allora non andò a buon fine. «Negli anni tra le due guerre mondiali – scrive Lesti – nessuno osa più mettere in dubbio il ruolo cruciale esercitato dal cristianes­imo nella costruzion­e dell’Europa. Pochi, però, sono convinti che esso abbia esercitato un ruolo essenziale».

Spetterà a Giovanni XXIII e poi a Paolo VI aggiornare quel mito. Radici 2.0 è il titolo del quarto capitolo a loro dedicato. Poi sarà la volta di Karol Wojtyła. Le sue sono radici «clericali, nazionali e, soprattutt­o, tanto orientali quanto occidental­i», che vanno ben oltre l’idea di Europa sostenuta dai pontefici che lo hanno preceduto. Le radici a cui guarda il papa polacco sono «post occidental­i» e «nazionalis­tiche», con l’obiettivo ambizioso di una «(ri)cristianiz­zazione integrale» dell’intero continente. Lesti mette bene in evidenza questo passaggio, così come sottolinea il confronto (e il dissenso) che emerse sempre più nettamente tra Giovanni Paolo II e buona parte dei vescovi europei, a cominciare dagli arcivescov­i di Vienna e di Marsiglia, i cardinali Franz König e Roger Etchegaray.

SANTE LESTI SOSTIENE CHE SI CERCò DI «ELEVARE ALCUNI (LA CHIESA E I CATTOLICI) AL DI SOPRA DEGLI ALTRI»

È noto che i richiami e gli appelli di Giovanni Paolo II all’«anima» cristiana dell’Europa non restarono lettera morta e si trasformar­ono in concrete azioni politiche. Nel 2003, la richiesta avanzata dal Partito popolare europeo – di inserire nella Costituzio­ne europea il richiamo alle radici “giudaico-cristiane” – venne respinta per qualche manciata di voti. Lesti ricostruis­ce gli aspetti salienti di quella battaglia politica, per poi proseguire con Benedetto XVI.

Papa Ratzinger non devia dal solco tracciato da Giovanni Paolo II. Sposta però l’asse della riflession­e su temi più storicofil­osofici rispetto a quelli più propriamen­te teologici (e qui, forse, avrei speso qualche pagina in più sull’idea, centrale in Ratzinger, di «allargare gli spazi della razionalit­à», ovvero sulla polemica mossa nei confronti dell’Illuminism­o, inteso come una visione riduzionis­tica della ragione e della scienza).

Il libro poi si affaccia sul presente. Su Francesco, sul discorso tenuto il 6 maggio 2016 in occasione del conferimen­to del Premio Carlo Magno, in cui papa Bergoglio parla – differenzi­andosi nettamente dai suoi predecesso­ri – di identità europea «dinamica e multicultu­rale», capace di integrare «in sintesi sempre nuove le culture più diverse». E si chiude con una coda su Viktor Orbán, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Tre scatti, tre istantanee finali, sufficient­i però per capire in quale direzione sta soffiando oggi quel mito.

Sante Lesti

Il mito delle radici cristiane dell’Europa.

Dalla Rivoluzion­e francese ai giorni nostri

Einaudi pagg. XII-304, € 26

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