BOLOGNA E IL SUO OTTOCENTO MESSO IN ARTE
Bologna fino al prossimo 30 giugno dedica una serie di mostre all’Ottocento in città. Il filo, inaugurato dalla notevole «Felicissimo Giani», a cura di Tommaso Pasquali a Palazzo Bentivoglio, passa a Palazzo Fava, con la bella mostra «Da Felice Giani a Luigi Serra» (a cura di Angelo Mazza) e l’interessante «Lo sviluppo del talento», a cura di Dante Mazza, al Collegio Artistico Venturoli.
Il dinamico Museo dell’Ottocento, diretto da Francesca Sinigaglia, presenta una notevole esposizione dedicata a Mario de Maria (1852-1924), pittore, architetto e arredatore, che scelse come proprio nome d’arte Marius Pictor, nella Roma della Cronaca Bizantina. Per la prima volta «Ombra cara» (titolo di un quadro dell’amico Vittore Grubicy de Dragon, che ritraeva la figlia dell’artista, Silvia, scomparsa in giovanissima età) fa il punto su una figura singolare, che nel corso della sua esistenza guardò spesso a Nord. L’esposizione è accompagnata da un ricco catalogo (a cura di Francesca Sinigaglia, edito da Museo, pagg. 204, € 35), che reca anche il prezioso regesto di dipinti e arredi elaborato dall’artista. La celebre Casa dei Tre Oci alla Giudecca, un tempo museo di fotografia, ora acquisito dal Berggruen Institute, da lui progettata, era il perfetto emblema della sua visione della dimora come luogo dell’arte, in cui si trovavano opere del nonno scultore Giacomo, di scuola canoviana, e poi del figlio, Astolfo, che fu legatissimo a D’Annunzio, di cui dipinse un magnifico ritratto.
L’esposizione inizia dagli esordi accademici, in cui già svela una predilezione per scene notturne, scorci di paesaggio romantici, per passare alla pittura dal vero a Capri, Roma e poi a Venezia, città di elezione a cui dedica numerose opere. L’incontro con D’Annunzio è capitale per la definizione di una sensibilità: notevolissimi L’alunna e La danza dei pavoni o Eliana, frammenti poetici resi con una vertigine simbolista.
Il “pittore della luna” trova nella Serenissima il suo luogo ideale per mettere in scena visioni dense di mistero, in cui la figura umana compare di lato, lasciando il massimo spazio alla suggestione dell’ambiente. Tra i lavori memorabili Angolo di Venezia con Madonnina, con un ambiente pervaso d’ombra e Vecie straze al ciaro de luna (1917-1918).
Di particolare interesse la pochissimo vista fase tedesca della produzione del pittore, legata anche alle relazioni della consorte Emilia Voigt (anch’essa pittrice). I paesaggi di Brema, città natale della moglie, risuonano delle coeve visioni della scuola di Worpswede. Dall’ultimo periodo ad Asolo, vicino di casa della Duse e di Freya Stark, arriva il magnifico Storia di un mercante di scheletri (1914), una visione cupa con i segni delle sue architetture.