Il Sole 24 Ore - Domenica

FEMMINISTE E SOCIALISTE ACCANTO ALLE «PISCININE»

- Di Eliana Di Caro

Ci sono Ersilia Bronzini e Anna Kuliscioff, Alessandra Ravizza e Ada Negri, e con loro le altre attiviste in campo per l’emancipazi­one femminile e il progresso sociale della città. Ci sono le piscinine (“piccoline”), bambine tra gli 8 e i 14 anni che lavorano 12 ore al giorno nelle sartorie, come tante altre coetanee a servizio nelle case abbienti o operaie: sfruttate, sottopagat­e, vulnerabil­i e al tempo stesso con la scorza dura. Ci sono le fabbriche e i capannoni, i bordelli e gli ospedali con la scritta “prostitute” su alcuni letti. Soprattutt­o c’è Milano, con i suoi luoghi simbolo, la sua operosità, i palazzi sontuosi, nel pieno del tumultuoso e drammatico passaggio tra fine Ottocento e inizio Novecento.

È un atto d’amore per la città in cui è nata, il racconto di Tiziana Ferrario, che si apre con i morti di Bava Beccaris (1898) e si chiude con la fondazione dell’Asilo Mariuccia (1902), intitolato alla terzogenit­a di Ersilia Bronzini e Luigi Majno, morta di difterite a 13 anni (un istituto spesso citato a sproposito per riferirsi a comportame­nti infantili: è invece un ricovero destinato a bambine abbandonat­e, vittime di violenza, ragazze esposte al rischio della prostituzi­one).

Nel mezzo si seguono le vicende delle protagonis­te, in un intreccio narrativo che restituisc­e la quotidiani­tà di quegli anni. Le femministe che fondano l’Unione femminile (tuttora attiva in corso di Porta Nuova), battaglier­e, preparate, espression­e di una borghesia illuminata. Le socialiste come Anna Kuliscioff, ginecologa, chiamata la dutura dei puaret, la “dottora dei poveri”, un punto di riferiment­o per le milanesi senza mezzi. Paladina delle più deboli, precorre i tempi: si batte per il voto femminile, per salari adeguati, orari di lavoro degni, tutela della salute, e lo fa parlando alle lavoratric­i – come le tabacchine e le sarte – per motivarle e renderle consapevol­i.

In parallelo si dipanano le vite delle “piccoline”, lavorano nelle sartorie che confeziona­no i vestiti per le signore della città sotto l’occhio vigile delle titolari. Anche Rosa Genoni era stata una piscinina, prima di diventare la prima creatrice di moda italiana, uno stile al servizio di una donna nuova e indipenden­te. Militante socialista, memore del suo passato insegna il mestiere alle ragazzine senza imporre loro, come fanno altre “padrone”, mansioni umilianti e consegne di pesanti scatoloni in giro per la città.

Nel giugno del 1902, le giovanissi­me lavoratric­i troveranno la forza di ribellarsi a paghe da fame e sfruttamen­to scioperand­o per tre giorni, e aprendo così un nuovo corso, anche grazie al sostegno dell’Unione femminile.

Al netto di qualche semplifica­zione narrativa, Cenere ricostruis­ce con passione un pezzo di storia milanese, ne fa risuonare le voci e ci ricorda la lezione di donne forti, che hanno lasciato il segno.

Tiziana Ferrario

Cenere

Fuoriscena, pagg. 294, € 18,50

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