LA METAFISICA CREATA DA ENZO CUCCHI
Al Culturgest, l’universo visivo dell’artista, ispirato al Medioevo fantastico, alla pittura dei primitivi e al paesaggio delle Marche, si svela dipinto su tela, tracciato su carta, impresso nel bronzo, nel marmo e nella ceramica
Il grande artista concettuale belga Marcel Broodthaers intravedeva all’origine dell’arte contemporanea una poesia: con l’abolizione della coerenza tipografica, la frantumazione del verso, la disseminazione delle parole sulla pagina introdotte nel Coup de dés (1897), Mallarmé aveva «inconsapevolmente inventato lo spazio moderno». La formalizzazione anticipa il contenuto del poema – da guardare, prima che da leggere –, la nuova spazialità conquistata dalla parola stampata trasforma la pagina scritta in immagine, da abbracciare con un colpo d’occhio, e la lettura in esperienza: la costellazione soppianta il metro, la tensione visiva tra i lessemi il nesso logico.
S’intona al motivo della costellazione il sapiente display concepito da Enzo Cucchi, con la complicità di Bruno Marchand, per «Mezzocane», la sua mostra personale al Culturgest-Fundação Caixa Geral de Depósitos di Lisbona, la prima istituzionale in Portogallo. Le quasi duecento opere qui riunite, provenienti dallo studio dell’artista e da collezioni private, punteggiano le sale espositive dal soffitto al pavimento. Piccoli bronzi fanno capolino dagli stipiti, carte di grandi dimensioni veleggiano in una sala, olii e acquerelli si aggregano sulle pareti sotto l’influsso di un misterioso magnetismo, alcune sculture prendono posto su plinti di varie forme e altezze, mentre altre giacciono a terra o si aggettano nello spazio, come la spiazzante figura della Vergine sospesa in alto a mo’ di gargolla ad accogliere i visitatori. Dipinto su tela, tracciato su carta, impresso nel bronzo, nel marmo e nella ceramica si dipana l’universo visivo di Cucchi, ispirato al Medioevo fantastico e alla pittura dei primitivi, alimentato dal paesaggio delle Marche, sua regione natìa, intrisodileggendeemisticismopopolare, e acceso dall’immaginario tortile della Roma barocca, città sacra, dove l’artista risiede dalla metà degli anni 80.
Cucchi ha affermato in un’intervista che la percezione della realtà per un artista non è affidata esclusivamente alla vista, ma captata da organi sensibili che agiscono come le antenne per un insetto, la coda per un cane o un gatto. Questa realtà metafisica, fantasmatica, intercettata con la coda dell’occhio prima che si palesi completamente alla coscienza si traduce in un’iconografia singolare, in un’opera aperta, scontornata, che eccede anche fisicamente il proprio supporto. I disegni strabordano i limiti del foglio e sono necessari interventi di collage o sutura, le tele sono dotate di protesi in ceramica, che suggeriscono letture da prospettive diverse, così come alcune sculture ambigue fondono figura e paesaggio, volto e teschio, e mostrano l’uno o l’altro a seconda del verso da cui le si osservi. L’opera è aperta anche rispetto allo spazio circostante. Le stesse antenne che hanno guidato Cucchi nella sua esecuzione, non lo hanno abbandonato al momento della mise en page della mostra: lo spazio è gremito di presenze, che sollecitano lo sguardo in ogni direzione. La più classica quadreria cede il passo a un muretto, che si dispiega come un leporello o un libro pop-up, da cui fuoriescono sculture e piccoli dipinti, lungo il corridoio tra le due sale espositive; un altro muretto circolare abbraccia un pilastro, imprimendo dinamicità ai bronzetti, pregnanti come geroglifici.
Non è un caso che suggestioni provenienti dal mondo del libro e della scrittura ricorrano in questa esegesi: in una sala separata, il progetto Il libraio e l’artista presenta una selezione di pubblicazioni realizzate da Cucchi (poeta prima che artista visivo, come Broodthaers) e completa la mostra, consentendo un parallelo non solo tra scrittura e arte visiva, ma anche tra l’approccio al libro e all’esposizione. Ogni pubblicazione è unica nella sua veste formale, un oggetto mobile che sfida il formato libro – simile al Livre vagheggiato da Mallarmé quale supporto per l’opera totale – e che permette di instradare il lavoro verso soluzioni inattese.
Un focus sulla produzione grafica e libraria era contenuto già nella personale «Il poeta e il mago», ospitata al MAXXI di Roma (2023), che salutava il pubblico con la scritta “Mostra e muori” tracciata dall’artista sulla parete d’uscita – forse a suggello del suo impegno nella pratica dell’esposizione. «Mezzocane» non è la retrospettiva di un artista storicizzato (le opere datano tutte dopo il 2000), ma l’occasione di ripensare il lavoro, di proporne un’esperienza, un attraversamento, una lettura non lineare, con lo scopo di testarne la validità oggi, e così la sua effettiva apertura a risignificazioni, oggi e domani.
COMPLETA LA MOSTRA IL PROGETTO «IL LIBRAIO E L’ARTISTA», CHE PRESENTA ALCUNE PUBBLICAZIONI REALIZZATE DA CUCCHI
Enzo Cucchi, Mezzocane. Il libraio e l’artista
A cura di Bruno Marchand Lisbona, Culturgest
Fino al 30 giugno
Catalogo Culturgest, pagg. 336, € 22