LA MODA DIVENTA ARTE GRAZIE A CUORE E MANI
Le collezioni di pezzi unici di alta moda e sartoria come summa della visione creativa dei due stilisti imprenditori e del loro marchio, nato quarant’anni fa a Milano
Hand made is heart made: un modo di direi inglese che in italiano è meno agile e musicale, ma ugualmente efficace. Fatto a mano vuol dire fatto col cuore. Ancora più efficace, pur se meno sintetico, è un racconto dei nativi americani sull’uso sapiente – persino curativo – delle abilità manuali. «Come affronti il dolore e la tristezza?», chiede una ragazzina alla nonna, che risponde: «Con le mani. Se usi la testa, il dolore e la tristezza diventano ancora più forti. Le mani invece sono antenne dell’anima e se le muovi per cucire, ricamare, dipingere, ma anche per cucinare o curare le piante, le mani mandano segnali alla tua anima, che riesce a calmarsi». Quasi certamente Domenico Dolce e Stefano Gabbana non venerano il fatto a mano per seguire i precetti degli indiani d’America, ma nelle motivazioni che li hanno spinti, dal 2012 in poi, a concentrarsi sulle collezioni di pezzi unici di alta moda e alta gioielleria c’è di sicuro una componente emotiva. Sintetizzata nel titolo della mostra allestita a Palazzo Reale e della quale Milano è solo la prima tappa: Dal cuore alle mani è destinata a girare il mondo, toccando capitali della moda e non solo, anche perché il marchio Dolce&Gabbana, nato proprio a Milano nel 1984, è diventato globale e i due stilisti-imprenditori hanno costruito una delle poche billion euro company italiane del settore, restando orgogliosamente indipendenti.
I fatturati miliardari non si raggiungono con prodotti artigianali, unici e, appunto, fatti a mano. Ma con il pret-à-porter, nel caso di Dolce&Gabbana: nel 2012 però ci fu una svolta, o forse una vera e propria esicon genza creativa, potremmo dire, prima che una richiesta del mercato. Domenico Dolce e Stefano Gabbana decisero di debuttare nell’alta moda, il segmento più esclusivo delle collezioni da donna, che la maggior parte della maison (da Armani a Chanel e Dior e Valentino) presentano a Parigi durante le settimane dedicate all’haute couture, in gennaio e luglio.
Per il debutto, nel luglio 2012, i due stilisti scelsero Taormina e da allora, ogni estate, i pezzi unici di alta moda, alta sartoria (per gli uomini) e alta gioielleria sfilano in località italiane che hanno composto il personalissimo grand tour di Domenico Dolce e Stefano Gabbana e delle decine di sarte, ricamatrici e artigiani di ogni tipo che lavorano alle collezioni. Un tour che ha toccato Venezia, Capri, Portofino, Napoli, Palermo, Como, Agrigento, Firenze, Siracusa, la Puglia e persino Milano: ogni collezione e sfilata ha reso omaggio alla sua cornice, come ricorda la selezione di capi e gioielli scelti per la mostra e che è un privilegio vedere da vicinissimo. Nella prima collezione, che fu presentata nel convento d San Domenico di Taormina, alcuni abiti in pizzo ricordavano le crinoline del diciannovesimo secolo, con le forme sostenute da stecche lavorate a campana. Undici anni dopo, nell’estate 2023 ad Alberobello, i famosi trulli pugliesi sono stati “dipinti” su mantelle di rasi lavorati la tecnica dell’intarsio e la cesteria tipica di regioni, come la Puglia, in cui si intrecciano i giunchi raccolti negli acquitrini, è stata trasposta in abiti che sono capolavori di intreccio, realizzato con cordoncini di satin imbottiti di ovatta. Le collezioni di alta sartoria, dedicate all’uomo, hanno seguito la stessa filosofia, stabilendo di anno in anno legami speciali con le cornici in cui venivano presentate. Un esempio su tutti: la collezione Milano, che sfilò tra le sale della Pinacoteca Ambrosiana nel 2019 e dove a colpire furono le giacche ispirate a dipinti di artisti del 500: una felpa in velluto era ispirata all’Uomo in armatura di Tiziano (quadro del 1530), “ricreato” ricamandolo a mezzo punto e rifinendolo con cordonetto di seta, perle e pietre. Una giubba con chiusura a ganci nascosti raffigurava invece il Ritratto di gentiluomo di Giovan Battista Moroni (opera del 1554): in questo caso il ricamo era fatto con fili di cotone, seta e lana, con applicazioni di crèpe di seta e bottoni placcati oro.
La mostra di Palazzo Reale coincide con i 40 anni del marchio, ma il sogno di allestirla avrebbe potuto realizzarsi già quattro anni fa. Il Covid ha imposto diversamente, ma forse è meglio così: se da una parte nelle sale di Palazzo Reale (dieci in tutto) si possono vedere “solo” i capi di alta moda e alta sartoria e l’alta gioielleria, che rappresentano ”solo” un quarto del sodalizio creativo e umano di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, dall’altra si potrebbe dire che le collezioni di pezzi unici sono una summa creativa del loro lavoro e della loro visione della moda. Senza dimenticare – lo hanno spiegato anche altri creativi – che immaginare e poi dar vita a pezzi unici si riverbera nel pret-à-porter, in un’osmosi ininternea rotta, almeno quando la visione di base è chiara, come nel caso di Domenico Dolce e Stefano Gabbana e come conferma il percorso espositivo. Potremmo dire che l’alta moda porta all’estremo le ispirazioni dei due stilisti, permettendo loro di fare cose improponibili per le linee di pret-à-porter, per una questione di costi e soprattutto di riproducibilità.
Prendiamo il tema della Sicilia, che da sempre caratterizza il marchio: Domenico Dolce è nato sull’isola e ha incontrato Stefano Gabbana a Milano, dove si era trasferito per studiare. Il nero e in particolare i pizzi neri tornano in ogni collezione di pret-à-porter e lo stesso vale per altri simboli, molto più colorati, come il carretto siciliano. Ma nell’alta moda – visitare Palazzo Reale per credere – la trasposizione diventa magia, o almeno spettacolo, con, ad esempio, un abito con gonna a strascico dipinta a mano e copricapo con piume di diverse qualità ispirate ai paramenti dei cavalli del carretto. Da notare infine che la mostra non è solo un intreccio tra tradizioni artigianali del passato e passione contemporanea per il fatto a mano: Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno chiesto a sei artisti digitali di creare opere che accompagnassero verso l’ingresso della mostra. Intrecci, virtuali, sogni di filo e pixel, come li definisce Gloria Maria Cappelletti nel catalogo.
DIECI SALE PER VEDERE DA VICINISSIMO I CAPI DI SARTORIA CREATI DA DOMENICO DOLCE E STEFANO GABBANA A PARTIRE DAL 2012
Dal cuore alle mani. Dolce&Gabbana
A cura di Florence Müller Milano, Palazzo Reale Fino al 31 luglio Catalogo Rizzoli pagg. 256, s.i.p.