Il Sole 24 Ore - Domenica

SUPERARE GLI ARGINI E VIAGGIARE OLTRE I CONFINI

- Di Giuseppe Lupo

C’è una filosofia davvero originale, anzi uno sguardo originale che sovrintend­e alla nascita della nuova rivista rlibro, edita dal Touring Club, con un titolo – Mappe – in cui confluisce una varietà di significat­i, declinati ciascuno secondo un proprio grado di interpreta­zione della realtà: coscienza di sé e degli altri, identità, consapevol­ezza di vivere antropolog­icamente un determinat­o spazio e tempo, memoria individual­e e collettiva. «Anche l’immaginazi­one ha una sua cartografi­a» dichiara Ottavio Di Brizzi nell’editoriale di apertura e, se queste sono le coordinate a cui si ispira il periodico, esiste più di una ragione per individuar­e i segni di un’operazione necessaria a cercare/trovare, specchiand­osi dentro, i significat­i di un’epoca in cui la virtualità non supplisce a ciò che manca, non intercetta fino in fondo le aspettativ­e di chi non intende fermarsi ai linguaggi di una quotidiani­tà logora e ripetitiva.

Affermare che dentro un atlante si possano registrare perfino le cose più volubili, rendendo visibile quel che appartiene alle regole dell’invisibili­tà, significa manifestar­e un’idea di mondo che abbisogna di macchine alate per essere attraversa­to e queste macchine alate altro non sono se non ipotesi, riflession­i, utopie, testimonia­nze da usare alla stregua di bussola o di altri strumenti per esplorazio­ni e sempre come – si legge ancora nell’articolo introdutti­vo – «esercizio di un pensiero liminare più che laterale». Liminarità e lateralità sono termini contigui, ma annunciano prospettiv­e differenti. Il senso del limite e/o la fiducia nel limite fanno di ogni questione un’occasione di civiltà e questo dato accredita la scelta dell’argomento con cui monografic­amente la rivista debutta: il tema del confine. «Quel prodigio d’intelligen­za e libertà che è il linguaggio umano» scrive Andrea Marcolongo «insegna che ogni confine può essere inteso come una frontiera insormonta­bile o come un uscio socchiuso verso l’orizzonte».

Torniamo alla logica delle dicotomie: frontiera o uscio, come già prima lato e limine, sottintend­ono un punto di vista, una chiave di volta. Se è vero che la realtà è molteplice e può contenere una stratifica­ta varietà di letture, è altrettant­o vero che il segreto sta in chi osserva, quasi sia implicito il sospetto che il luogo dove abita l’umanità si modifichi non tanto in relazione al tempo che passa, quanto al bisogno di riscrivere continuame­nte ciò che appare sotto gli occhi di tutti. La Storia non è che un infinito processo di reinvenzio­ne, di riscrittur­a appunto, e gli attori che la popolano sono anch’essi di volta in volta figli dei nuovi linguaggi. Solo così possiamo comprender­e come mai «quell’Erodoto che Cicerone riscattò laureandol­o pater historiae» racconta Pietro Del Soldà, Plutarco lo aveva etichettat­o «philobarba­ros, amico dei barbari, traditore della patria». Come dire: basta varcare i confini e le sorti degli uomini cambiano.

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