QUELLA PASSEGGIATA è BELLA DA MORIRE
Vanno a zonzo tra i vialetti come se fossero in un giardino, sostano davanti a una tomba e compiono piccoli gesti. Per molti è un modo per riflettere sul tempo, sulla morte, sulla vita. Il nuovo libro di Claudio Visentin
L’eterno riposo? Si fa per dire. Da qualche tempo c’è molta gente nei camposanti (e non solo sottoterra). Non rendono omaggio a parenti o amici; anche l’inclinazione per il macabro è più rara di quanto si creda e semmai si indirizza verso luoghi quali il Cimitero dei cappuccini di Palermo, con le sue spaventose mummie. Questi visitatori di nuovo genere invece sono mossi soltanto dalla curiosità. Sono molti, anche se ciascuno pensa di essere particolare, a volte un po’ strano. Vent’anni fa, quasi per scherzo, sulle pagine del nostro prediletto Domenicale li ho chiamati «cimituristi». Passeggiano per i vialetti dei cimiteri come se fossero in un giardino, riconoscono piante, fiori e uccelli. Sostano davanti a una tomba, compiono piccoli gesti di pietà, strappano erbacce, raddrizzano un vaso di fiori rovesciato; ipotizzano genealogie e cercano di ricostruire vite sino a quel momento completamente estranee. Leggono gli epitaffi, apprezzano e meditano i più riusciti, colgono ingenuità e involontarie ironie. Contemplano i monumenti e la loro battaglia, perduta in partenza, contro la corruzione. A modo loro riflettono sul tempo, sul passato, sulla morte, sulla vita. Le occasioni non mancano: solo in Italia ci sono migliaia di cimiteri, milioni di tombe.
Questa passione può prendere forme molto diverse. Alcuni cimiteri sono ormai parte dei principali itinerari turistici. Si può dire di aver visto Parigi senza essere stati al PèreLachaise? Tre milioni e mezzo di visitatori l’anno sostano riverenti davanti alle tombe di Abelardo ed Eloisa, Chopin, Marcel Proust, Oscar Wilde, Honoré de Balzac, Sarah Beraprire nhardt, Jim Morrison e molti altri. Al Cimitero centrale di Vienna prevalgono i musicisti (Strauss, Brahms, Beethoven e Schubert) e la città propone anche l’unico museo al mondo delle pompe funebri. Questi cimiteri monumentali (tra gli altri quello di Milano, lo Staglieno a Genova o il Verano a Roma) celebrano la ricchezza della borghesia urbana con una distesa di cappelle di famiglia, tombe monumentali e statue a profusione. In questo modo tentano ingenuamente di trasferire nell’aldilà le distinzioni e le gerarchie sociali di questo mondo.
Ci sono poi i cimiteri di stranieri, a cominciare da quelli toccanti degli inglesi, spesso in forma di giardini dove passeggiare e conversare. Sono sparsi ovunque nel Mediterraneo. Il più conosciuto è quello di Firenze, con la sua caratteristica forma ovale, al centro del piazzale Donatello. Io torno ogni anno in quello di Cefalonia, alle porte della città principale, Argostoli, scoperto quasi per caso quando già da tempo tenevo un ritiro di scrittura estivo nell’isola. Nel 2020 una tempesta lo ha strappato dalla sua condizione di poetico abbandono, abbattendo vecchi alberi giganteschi e porzioni del muro di cinta. I lavori di sistemazione procedono lentamente e ogni anno lo trovo un poco migliorato. D’altronde non c’è fretta.
Non poterono scegliere il luogo della loro sepoltura i soldati raccolti nei cimiteri di guerra. Si riconoscono al primo sguardo: le tombe sono rigorosamente uguali, disposte in ordine geometrico, tutte di giovani maschi, morti negli stessi mesi e anni. Per esempio a Montecassino, dove durante la seconda guerra mondiale si combatté una delle più aspre battaglie della Campagna d’Italia per
agli Alleati la via verso Roma.
Alcuni cimiteri infine, forse quelli che più amo, si sottraggono a ogni classificazione. Il Cimitero dei senza nome sorge lungo il Danubio, poco fuori Vienna, ad Alberner Hafen. In quest’ansa del grande fiume un gorgo spingeva a riva i corpi degli annegati, spesso irriconoscibili. Sino al 1940, quando si sospettava il suicidio, che avrebbe precluso una sepoltura in terra consacrata, li si seppelliva qui, in una tomba senza nome sormontata da una semplice croce di legno. Poi il fiume ha cambiato il suo corso, anche per la costruzione di una centrale elettrica, e deposita altrove i suoi morti. Ma una famiglia di becchini onorari, i Fuchs, ha preservato il Cimitero dei senza nome, con l’aiuto di volontari.
Seguendo una forma più alta d’amore, nel 1894 lo scrittore Robert Louis Stevenson volle essere sepolto «sotto il cielo ampio e stellato» in cima al monte Vaea, nell’isola di Upolu, arcipelago delle Samoa. Duecento indigeni aprirono un sentiero nella foresta (la «strada dei cuori innamorati») per condurre Tusitala, il “narratore di storie”, al luogo prescelto. È il più piccolo e personale cimitero del mondo, riservato a due persone soltanto (la moglie Fanny lo raggiunse vent’anni dopo). Lo scrittore chiese che sulla sua tomba fossero incisi questi versi:Qui egli giace dove desiderava essere / A casa è il marinaio, a casa dal mare / E il cacciatore a casa dalla collina.
Claudio Visentin Passeggiate nei piccoli cimiteri Disegni di Elena Bonini Ediciclo, pagg. 132, € 14