NELL’HOTEL DOVE I SOGNI SFIORANO BB
RIFLESSI NEL GRANDE SCHERMO
»I film di Lech Majewski sono viaggi tra le immagini. Così è per quelli che compongono il suo trittico: Il giardino delle delizie (2004), in dialogo con Hieronymus Bosch, I colori della passione (2011), in cui la macchina da presa si muove tra i personaggi di Salita al Calvario di Pieter Bruegel, e Onirica, con ombre e sogni che citano La divina commedia. Così è per Valley of the Gods (2014), che percorre gli spazi senza fine della Monument Valley, per i Navajos la Valle degli dèi. E un viaggio tra le immagini è Brigitte Bardot forever (Brigitte Bardot cudowna, Polonia, 2021, 122’).
Nella Polonia degli anni 60, bloccata in un grottesco involontario dalla retorica di regime, Adam (Kacper Olszewski) aspetta il ritorno del padre. Sua madre (Magdalena Rózczka) gli ha sempre detto che ha combattuto nella Raf contro i nazisti, e che dal 1945 non è tornato in Inghilterra – per quanto, essendo Adam appena adolescente, la cosa appaia anacronistica. Che sia invece al confino in Siberia? In ogni caso,
Adam non smette di cercarlo, così come non smette di entusiasmarsi per le stelle del cinema e della musica d’America e d’Europa – prima fra tutte, la meravigliosa Brigitte Bardot (cudowna significa appunto meravigliosa).
Dopo averla vista in Il disprezzo di Godard, il ragazzino sogna, e anzi immagina di essere nella camera di B.B. (Joanna Opozda). Quella e altre camere sono in un misterioso, irrealistico Hotel Luna, con i muri scrostati e le scale che salgono verso un cielo che mai si apre. In ognuna c’è un eroe o una eroina di Adam – e del ragazzino che Majewski fu tanto tempo fa – , da Rachel Welsh a Liz Taylor, da Simon Templar (negli anni 60 interpretato da Leslie Charteris e Fleming Lee) a John Lennon. Non c’è però il suo eroe più vero, il padre. È questa mancanza a muoverlo, a spingerlo comunque su per quelle scale. Potrebbe forse fuggir via, verso l’America e l’Europa del cinema e della musica. Potrebbe farlo anche solo nell’immaginazione, ma così, dando al suo viaggio una meta conclusiva, perderebbe memoria delle immagini di cui oggi la poetica di Lech Majewski ancora vive.