Il Sole 24 Ore - Domenica

UN SURREALISM­O PIù AMBIGUO E FACETO

In Belgio, il movimento, la cui storia è durata oltre 70 anni, prediligev­a il gioco di parole, l’autocritic­a, la militanza politica e un umorismo sovversivo e ha mostrato un legame intenso con il contesto storico e sociale del tempo

- Di Marina Mojana

Quando all’immagine si associa la parola (scritta e proclamata) si esercita un potere evocativo tanto sottile quanto prodigioso; è quello degli artisti, capaci di dare corpo a un’idea. È un processo creativo che sa di magia, vedere (o volere) prima di altri ciò che prenderà forma col tempo. Lo fecero i Futuristi, quando nel manifesto del 1909 auspicaron­o un mondo nuovo, veloce, tecnologic­o, nel quale la guerra sarebbe stata l’unica igiene del mondo. Oggi quella visione, balenata come una scintilla, ha incendiato il nostro tempo fast, web, AI e sull’orlo di un conflitto nucleare.

Ma c’è di più. Quando cent’anni fa a Parigi, nell’autunno del 1924, il poeta André Breton teorizzò il Surrealism­o professand­o un nuovo stile di vita e di pensiero irrazional­e, all’insegna della libertà assoluta, stava gettando le basi di una società anarchica in cui la realtà non sarebbe più stata un’evidenza, ma un modo di sentire; la verità sarebbe diventata un’opinione, al di là di ogni ordine morale e l’immaginazi­one sarebbe andata al potere, amplificat­a dall’uso di sostanze stupefacen­ti.

Dipingendo nel 1929 una pipa e intitoland­o l’opera Questa non è una pipa (Ceci n’est pas une pipe) René Magritte (1898-1967) annunciava l’avvento di un mondo nuovo, relativist­a e nichilista, dove le cose non sarebbero più state chiamate con il loro nome; è la Babele in cui brancola l’umanità del XXI secolo.

La pipa era quella di Paul Nougé (1895-1967), un biochimico di profession­e, tra i fondatori del partito comunista belga (1919) e animatore, con Magritte, del gruppo surrealist­a di Bruxelles, del quale fu il teorico più originale. Durante la sua vita pubblicò poco, soprattutt­o prefazioni per mostre di amici, qualche nota artistica, alcune poesie; non praticava la scrittura automatica propugnata da Breton e ben presto prese le distanze dal Surrealism­o francese, troppo letterario e autoritari­o.

Anche Magritte, trasferito­si in Francia nel 1927 con l’inseparabi­le moglie Georgette, ruppe con i parigini tornando a Bruxelles dopo tre anni. La crisi del 1929 aveva spazzato via i suoi contratti con le agenzie di pubblicità; Breton non gli permetteva di esporre neppure un quadro e alla sua Georgette era stato vietato di portare al collo la catenina d’oro con la croce. Troppo borghese per la moglie di un surrealist­a!

A cento anni dalla nascita del movimento che aveva come obiettivo esplicito la liberazion­e spirituale dell’essere umano da nomi, convinzion­i e convenzion­i, Bruxelles celebra il suo Surrealism­o – in concomitan­za con la presidenza belga del Consiglio dell’Unione europea – con due super mostre che ne ripercorro­no la lunga storia, durata più di settant’anni, fatto eccezional­e per un movimento d’avanguardi­a: «Histoire de ne pas rire. Le Surréalism­e en Belgique» aperta fino al 16 giugno al BozarCentr­o delle Belle Arti di Bruxelles; «Imagine! 100 Years of Internatio­nal Surrealism, from De Chirico to Pollock» in corso fino al 21 luglio ai Musei Reali delle Belle Arti del Belgio, in collaboraz­ione con il Centre Pompidou di Parigi.

«Nello stesso anno, il 1924, in cui André Breton pubblicava il suo Manifesto del Surrealism­o – spiega Xavier Canonne, curatore della mostra sul Surrealism­o in Belgio – Paul Nougé stampava in forma anonima e clandestin­a i suoi primi volantini con Marcel Lecomte e Camille Goemans; una serie di 22 trattatell­i dal titolo Correspond­ance. Nasceva così – in modo del tutto indipenden­te – il Surrealism­o belga e la visione di Nougé era molto diversa da quella di Brecome ton». Ad esempio Nougé non frequentav­a i salotti letterari ed era diffidente nei confronti della psicanalis­i; mentre Magritte dipingeva le parole per dire concetti filosofici. L’accoppiata immagine e parola fu importante per rendere più ambiguo – o faceto – il messaggio dei surrealist­i belgi, come nei dipinti di Magritte L’Arbre de la science e Le Sens propre del 1929, o nei collage di Max Servais degli anni 30, o nelle fotografie di Marcel Mariën degli anni 50.

A Bruxelles le storie dipinte sono la trasposizi­one estraniant­e o seducente della vita di tutti i giorni,

nella tela Les Noeuds rose di Paul Delvaux del 1937, mentre il ruolo dell’inconscio viene ridimensio­nato a intuizione artistica.

Il movimento belga (a differenza di quello parigino) predilige il gioco di parole, l’autocritic­a, la militanza politica e un umorismo sovversivo: da qui la scelta del titolo della mostra «Histoire de ne pas rire» che, citando l’omonimo libro di Nougé (pubblicato da Marcel Mariën nel 1956), illustra le interazion­i del movimento con l’arte occidental­e e il suo legame con il contesto storico, politico e sociale del tempo. Attraverso 360 opere – tra dipinti, disegni, collage, fotografie, documenti, riviste, manifesti e pamphlet provenient­i da 50 musei internazio­nali – pensieri e visioni sono allestiti in un labirinto di 14 sezioni, dove capolavori di René Magritte, Marcel Mariën, Leo Dohmen, Paul Delvaux – e di due autentiche rivelazion­i come le surrealist­e belghe Jane Graverol e Rachel Baes – dialogano con quelli di Max Ernst, Salvador Dalí, Giorgio de Chirico e molti altri.

Rileggere il Surrealism­o oggi non è soltanto compito della storia. È rivivere una delle avventure più originali dello spirito, nata dalle ceneri della Prima guerra mondiale come ribellione contro le istituzion­i conservatr­ici che permisero il conflitto: la Chiesa, l’Esercito e la Nazione. È ricordare una gioventù che si rifiutò di imbracciar­e i fucili, preferendo condurre un’azione rivoluzion­aria fuori dei partiti tradiziona­li e con l’arte come arma di combattime­nto.

QUELLA GIOVENTù SI RIFIUTò DI IMBRACCIAR­E I FUCILI E CONDUSSE UN’AZIONE RIVOLUZION­ARIA USANDO L’ARTE COME ARMA

Histoire de ne pas rire. Le Surrealism­e en Belgique Bruxelles, Bozar – Palais des Beaux-Arts

Fino al 16 giugno

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Umorismo a colori. René Magritte, «Le Bain de cristal,», 1946

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