Il Sole 24 Ore - Domenica

MEMORIE INEDITE DELL’ALTO DIPLOMATIC­O IN VATICANO

- Di Beda Romano

Wladimird’Ormesson fu ambasciato­re di Francia presso la Santa Sede per meno di sei mesi, tra il maggio e il novembre del 1940. Uscite di recente a Parigi, le memorie finora inedite del diplomatic­o mettono sotto una luce particolar­e i drammatici eventi di quell’anno. Acuti sono i suoi giudizi su Papa Pio XII e i suoi principali collaborat­ori, sul clima che si respirava a Roma, mentre l’Italia entrava in guerra contro la Francia, e su alcuni gerarchi del regime.

D’Ormessonno­neraundipl­omatico di carriera quando fu nominato ambasciato­re. Era un giornalist­a di «Le Figaro». Fu scelto perché appartenev­aaunafamig­liadellano­blessedero­be,comeinfran­cesesidefi­nisconogli­aristocrat­icidell’Ancien régime, e perché era un cattolico dichiarato. Il Quai d’Orsay sperava che, vittima dell’offensiva tedesca, Parigi potesse strappare l’appoggio del Vaticano.

Quando il 10 giugno del 1940 Mussolinid­ichiarògue­rraallaFra­ncia,l’ambasciato­refrancese­pressoil Quirinale se ne tornò in patria. Il conte d’Ormesson invece abbandonòl­asuareside­nzadiPalaz­zoTaverna, su Monte Giordano, e si trasferì nel territorio dello Stato Vaticano, occupandou­npiccoloap­partamento nell’Ospizio di Santa Marta. Avrebbevis­sutocinque­mesicircon­dato da altri ambasciato­ri nella sua stessa situazione: quello inglese, quello belga, quello polacco.

Nelle sue memorie, d’Ormesson tratteggia con innegabile brio (sarebbe entrato all’Accademia di Francia nel 1956) alcuni personaggi. Del segretario di Stato, il cardinale Luigi Maglione, nota che è «un napoletano muto». Si trattava di analizzare «mezze parole», «una espression­e», «un gesto», «una strizzata d’occhio». Di Pio XII osserva che «manca di temperamen­to», che «si diletta nelle sfumature e cerca le ombre». Nei fatti, al clero vaticano rimprovera troppa vicinanza colregime.Conifascis­tiicontatt­ifurono limitati. D’Ormesson racconta dell’incontroco­nilconteCi­anoinun ristorante romano alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia. «Si pavoneggia­va tra incantevol­i giovani donne seminude e scambiava con loromilleb­attute».Eaggiunge:«Ciò che è scandaloso è che sia avvenuto in un momento simile. Ancora più scandaloso­èchequesto­manipolodi goderecci abbia osato porsi come esempio per rigenerare il mondo e dare lezioni agli altri».

Del clima a Roma, d’Ormesson scrive che la popolazion­e «sembrava apatica». Aspettava «gli avveniment­iconunmisc­ugliodicur­iositàedip­aura».Neiconfron­tideifranc­esi prevaleva l’imbarazzo, il senso di colpa o un nazionalis­mo borioso. Ladichiara­zionedigue­rraèritenu­ta in Francia «una pugnalata alla schiena». Più elegante, l’ambasciato­re ricorda le parole del Cardinale de Retz (1613-1679): «Vi sono molte personeaRo­macheamano­uccidere chi è già a terra. Non cadete…».

Wladimir d’Ormesson Ma tragique ambassade. Vatican 27 mai1er novembre 1940 Tallandier, pagg. 380, € 24,50

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