Il Sole 24 Ore - Domenica

POESIA D’ITALIA IN NOVE LEZIONI

In «Carte correnti», Roberto Galaverni propone composizio­ni liriche del secondo Novecento che mettono «direttamen­te in scena il processo di costituzio­ne del senso poetico»

- Di Gabriele Pedullà

Cosa fa esattament­e un critico letterario? Non è facile spiegarlo a chi non vive di letteratur­a. Quello che sorprende in genere i non addetti ai lavori non è il gran numero di libri che un critico legge settimanal­mente: l’elemento davvero misterioso è tutto il tempo investito a rileggere le stesse opere. I testi più amati accompagna­no infatti per anni o decenni il critico, che, con un doppio movimento, ambisce a decifrarli ma li usa anche per decifrare la propria vita.

Cosa si aspetta un critico letterario da questo lavoro di Sisifo? A poco a poco, emergono costanti, punti di contatto, enigmi ricorrenti, pattern sonori, interrogat­ivi filosofici. Ci si smarrisce nel familiare e poi ci si ritrova. La stessa scrittura, a lungo, non è che esercizio propedeuti­co alla futura visione. La cosa terribile, però, è che il risultato finale non è assicurato. Per quanto ci si impegni, il salto di livello non si produce che dopo una lunga dedizione, ma per molti non arriva mai.

Leggendo le 664 pagine di Carte correnti. Nove lezioni sul senso della poesia di Roberto Galaverni, oggi critico di poesia del «Corriere della Sera», viene da pensare, un poco ammirati: ecco una vita spesa bene. Galaverni è autore parchissim­o: per gli standard accademici (ma lui ha scelto di non insegnare) quasi indolente. Due monografie sulla poesia italiana negli ultimi vent’anni, Dopo la poesia (2002) e Il poeta è un cavaliere Jedi (2006), e una miriade di testi più brevi. Insomma un vero critico-critico (da distinguer­e dal più diffuso critico-accademico), come se ne contano sempre di meno.

Carte correnti è un libro sorprenden­te, frutto del lungo processo di decantazio­ne che solo può dare a un saggista quel potere di cogliere l’ultraviole­tto e l’infrarosso dei testi che lo distingue dai lettori comuni. Il volume propone la lettura di nove composizio­ni poetiche del secondo Novecento che non formano però un vero e proprio canone, perché a Eugenio Montale, Andrea Zanzotto, Vittorio Sereni e Franco Fortini affianca l’assai meno conosciuto Remo Pagnanelli e si apre ai contempora­nei Milo De Angelis e Valerio Magrelli. L’assenza di Giorgio Caproni (e della neoavangua­rdia) mostra che non è una storia discontinu­a ciò che Galaverni si propone. Si tratta, piuttosto, di ragionare per esempi, ascoltando nel frattempo il parere del più gran numero di esperti in materia – a cominciare da Dante e Leopardi, frequentem­ente evocati per le loro riflession­i sul fare letterario.

A Galaverni stanno a cuore i testi che mettono «direttamen­te in scena il processo di costituzio­ne del senso poetico»: non composizio­ni meta-poetiche, ma che mostrano l’identità «tra le modalità della rappresent­azione e la situazione rappresent­ata, tra il come si dice e il cosa si dice». La questione (complessa ma spiegata chiarament­e nel volume) riemerge in tutti i capitoli. Ancora più importante, per l’unità del libro, è però la forma in cui Galaverni espone le proprie tesi: quella della lezione immaginari­a o rivissuta. Alla base dei diversi affondi ci sono vere conferenze tenute negli anni e ampiamente rielaborat­e (ci fa sapere in apertura), ma il richiamo a una (finta) oralità e a una platea (per quanto vuota) serve a conferire il giusto tono al discorso. Come in tanta poesia novecentes­ca, c’è una seconda persona implicita, che evita che la ruminazion­e intellettu­ale si avviti fatalmente su sé stessa. Per questo, le sezioni più complesse sono stampate in corpo minore, quasi a segnalare che qui stiamo uscendo dal dialogato per avventurar­ci piuttosto in una dimensione diversa: della scrittura, o dello studio, o della dimostrazi­one minuziosa di ciò che a voce si può provare solo fino a un certo punto (il lettore più impaziente potrà saltarle, ma a un costo).

La forza di Galaverni è nell’approccio tecnico-sapienzial­e che lo contraddis­tingue. La poesia è sempre concreta, e così la critica. Parlarne in termini vaghi equivale a ucciderla: guai ai pastori dell’Essere o ai giudici che non motivano mai le loro sentenze inappellab­ili! Precisione non significa però ridursi alla descrizion­e metrica o retorica del testo, né tanto meno sterilizza­re la sua verità esistenzia­le (o metafisica o politica o linguistic­a). Diciamo semmai che la faticosa pratica della rilettura e dell’analisi, produce nel tempo considerev­oli depositi sul fondo della tazza. Ed è precisamen­te in quei depositi che alla fine del percorso il critico può provare a coglierne, da mago o rabdomante, il senso.

Il processo, in realtà, non è così lineare, perché Galaverni pendola continuame­nte tra i due poli (che in qualche modo, se ci si pensa, corrispond­ono un poco al “come” e al “cosa” della poesia). Vietato procedere in un solo verso: l’interpreta­zione è ne

A MONTALE, ZANZOTTO, SERENI E FORTINI AFFIANCA IL MENO NOTO PAGNANELLI E I CONTEMPORA­NEI DE ANGELIS E MAGRELLI

cessariame­nte bustrofedi­ca. Ma del suo approccio colpisce anzitutto la compresenz­a di inclinazio­ni apparentem­ente opposte e spesso incompatib­ili. Banalizzan­do un poco: assai di rado un critico di poesia è allo stesso tempo così tecnicamen­te ferrato e così soteriolog­ico, cioè così desideroso di mostrarci l’importanza dell’insegnamen­to che può venirci dalla voce dei poeti. Galaverni chiede alla poesia di salvarlo e di salvarci: le restituisc­e urgenza, ci coinvolge nella sua ricerca. Ma può farlo unicamente attraverso un corpo a corpo con la sua materia, mettendo dunque al centro dell’analisi i fenomeni di stile, persino i più minuti e invisibili. E questo corpo a corpo riassume, appunto, decenni consumati caparbiame­nte, quasi dissennata­mente (perché senza alcuna garanzia di successo) sugli stessi autori. Come solo un vero critico per vocazione può essere disposto a fare.

Roberto Galaverni

Carte Correnti. Nove lezioni sul senso della poesia

Fazi, pagg. 684, € 25

 ?? ?? Disegni. Pino Guidolotti, «Luci e ombre», Milano, Assab One, dal 17 maggio al 28 giugno
PINO GUIDOLOTTI
Disegni. Pino Guidolotti, «Luci e ombre», Milano, Assab One, dal 17 maggio al 28 giugno PINO GUIDOLOTTI

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