VIAGGIO DENTRO L’UNIVERSO DELL’ATTESA ULTIMA
Cinquant’anni per una donna, sessanta per un uomo che non abbiano avuto figli, questa l’età perché il loro ruolo si riduca a quello di pezzi di ricambio. In sintesi ecco quanto nel romanzo di Ninni Holmqvist è un’angosciosa invenzione narrativa, l’ipotesi cioè di un luogo confortevole e ben organizzato, l’Unità, che accoglie le persone la cui sorte è essere donatori d’organi, fino all’estremo sacrificio, o cavie per sperimentazioni di farmaci e terapie di esito ancora molto incerto. L’unità è appunto il titolo del romanzo, che racconta di questo ghetto carezzevole e mortale, che l’autrice immagina nell’organizzazione di una società futura programmata a salvaguardia degli esseri utili, mentre gli inutili, i dispensabili appunto, affrontano l’anticamera della fine in un artificioso eden. Il personaggio guida, la cinquantenne Dorrit, è una scrittrice, e la sua ultima missione sembra essere proprio quella di documentare questo mondo a lato, raccontare in prima persona il viaggio dentro l’universo dell’attesa ultima, le relazioni che si intrecciano, le speranze in un luogo che le dovrebbe precludere tutte, e l’istinto di conservazione a dispetto dell’evidenza. Ci sono tutti gli elementi per coinvolgere il lettore nella tensione che giorno dopo giorno avvolge la protagonista, insieme alla memoria del tempo in cui è stata una persona libera; e non a caso la nostalgia più struggente è per il cane che le è stato compagno nel tempo della normalità. C’è un acme narrativo che comporta un risvolto imprevedibile anche per un luogo così strutturato come l’Unità, e accentua quindi la partecipazione del lettore alla vicenda di Dorrit, secondo i canoni della tradizione romanzesca, indispensabile come l’aria in storie dal carattere distopico.
Proprio su questa dimensione del narrare, sul pessimismo con cui guardare a una società futura vale la pensa soffermarsi anche a proposito del romanzo d’esordio di Ninni Holmqvist: l’ha in certo senso preceduta Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, e prima ancora ci sono stati 1984 di Orwell, e forse il più incisivo e angoscioso romanzo di Phil K. Dick Le tre stigmate di Palmer Eldritch. L’idea di una futura società perfetta così prospettata è nel segno di un preoccupante dominio dell’uomo sull’uomo, rivestito delle migliori e quindi più insidiose intenzioni. In un mondo efficiente, qui ipoteticamente quello svedese, ma la collocazione direi che è irrilevante, una società totalitaria nel suo delirio di onnipotenza immagina di garantire un futuro a chi possa contribuire a tale futuro, negandolo agli inutili. È interessante riflettere sul fatto che la protagonista sia una scrittrice: è solo una considerazione a lato dello sviluppo della trama, ma vien da pensare che creare figure immaginarie non contribuisca al futuro dell’umanità.
Ninni Holmqvist L’Unità
Traduzione di Margherita Podestà Heir
Fazi, pagg. 272, € 18,50