LA SOCIETà ERA PIù AVANTI DI PARTITI E CHIESA
Sono due manifesti tra i tanti di una campagna referendaria che mobilitò un intero Paese: non solo i partiti politici del fronte del sì e del no all’abrogazione della legge sul divorzio (approvata il 1° dicembre 1970 al termine di un percorso lunghissimo); non solo il Vaticano e la Chiesa, protagonisti al pari della politica; non solo la stampa, militante e non, di costume, femminile, popolare. Fu una vicenda di popolo che riempì le piazze, affollò i comizi, espresse la sua voce. A cominciare dalle donne: la loro battaglia segnò il risultato di quel 59,2% di no che preservava la legge perché, come recitava uno striscione, “Non abbiamo da perdere che le nostre catene”. E poi il mondo della pubblicità, dello spettacolo, dei fumetti che partecipò alla campagna della prima prova di democrazia diretta della Repubblica (salutata da un’affluenza dell’87,7%) contribuendo alla ventata di modernità nel linguaggio, nella forza visiva, nella capacità di cogliere il segno.
Di tutto questo si ha un’efficace percezione leggendo e sfogliando il libro Divorzio, di Edoardo Novelli e Gianandrea Turi, appena pubblicato da Carocci: un decennio di storia, dal 1965 al 1975, raccontato dai prodromi della legge del ’70 alla sua approvazione, sino al referendum del 12 maggio 1974 e alla portata del suo significato. Ne emerge la realtà di una società più avanzata dei politici che la rappresentano e dei vertici del mondo cattolico, una società pervasa dal cambiamento in corso dalla seconda metà degli anni 60 e che raggiunge l’acme nel decennio successivo. Quando dallo Statuto dei Lavoratori al divorzio, appunto, dalla riforma del diritto di famiglia all'istituzione del servizio sanitario nazionale, dalla chiusura dei manicomi alla legge sull’aborto, l’Italia compie un salto di qualità in tema di diritti civili, libertà, parità.
La Democrazia Cristiana di Amintore Fanfani, forte del consenso poi confermato nelle elezioni del 1972 (quando votò il 93% degli aventi diritto: cifre oggi inimmaginabili), promosse il referendum con la sicurezza di vincere; il rafforzamento del Movimento sociale – che aveva raddoppiato i propri voti giungendo quasi al 9% – rinsaldava quella convinzione. In Parlamento, ricordano gli autori del volume, il fronte divorzista non aveva la maggioranza, un dato che rendeva plausibile un risultato incerto se non favorevole al fronte del sì.
Il quadro si completa con i timori del Partito comunista che aveva fatto di tutto per evitare il voto referendario, cercando una mediazione sulla legge che avrebbe potuto essere modificata mettendo d’accordo le forze politiche.
I sondaggi però cominciavano a dire altro. E l’area cattolica non era così compatta, con una sua parte non irrilevante che prese posizione pubblica per il no e che aveva un proprio seguito, come ben spiega anche la storica Daniela Saresella in L’ultima DC. Il cattolicesimo democratico e la fine dell’unità politica (Carocci 2024). Non basteranno così le arringhe di Fanfani o i manifesti della Cei davanti alle chiese (“Il voto a favore del divorzio è PECCATO MORTALE”) né la censura in Tv, con il tema per lungo tempo escluso dalla programmazione. Dall’altra parte, poi, la campagna per il no contava su una compagine varia e capillarmente diffusa, dalle forze politiche di sinistra a liberali e repubblicani, dalla Lid (Lega italiana per l’istituzione del divorzio) e i Radicali ai collettivi femministi. Senza dimenticare l’appoggio di una parte significativa della stampa, inclusi settimanali come «Annabella» o «Novella 2000», seguiti da moltitudini di lettrici.
I manifesti, gli slogan, le copertine, le fotografie, le canzoni, e anche i toni ironici o dissacranti ai danni degli avversari (come la scritta sulla statua di Giordano Bruno a Campo de’ Fiori “A me m’ha bruciato la Dc” o il gigantesco NO sullo striscione srotolato dalla terrazza
PIAZZE, MANIFESTI, SLOGAN, SATIRA, CANZONI MOSTRANO L'EVOLUZIONE CULTURALE CHE VIETA DI TORNARE INDIETRO
del Pincio a Roma durante un comizio di Fanfani) riflettono l’evoluzione socio-culturale che non permise di tornare indietro, e che il libro restituisce pienamente. Lo scrive anche Oriana Fallaci sull’«Europeo», il 23 maggio 1974, a modo suo, in un pezzo accorato in cui si rivolge al suo direttore: «Erano trent’anni che non piangevo di gioia. Era dal 1944, dal giorno in cui seppi che mio padre, arrestato e torturato dai fascisti della banda Carità, non era stato fucilato e forse non sarebbe stato fucilato (…) Devi capirmi se me ne sto qui con le lacrime che mi riaffiorano agli occhi a dirmi che non siamo così stupidi come credevo, non siamo ignoranti come credevo, non siamo immaturi come credevo, al momento opportuno siamo addirittura capaci di rispondere no e fare, dopo quattrocento anni, la nostra Riforma».
Edoardo Novelli, Gianandrea Turi
Divorzio
Carocci, pagg. 218, € 24 Il libro sarà presentato domani a Roma, alle 18 allo Spazio Sette. Con gli autori ci saranno Livia Turco, Paola Stelliferi, Marco Damilano