Il Sole 24 Ore - Domenica

CELESTINO V OLTRE IL GRAN RIFIUTO

Ugo Paoli e Paola Poli commentano il verbale del conclave di Perugia con cui venne fatto pontefice, esaminano le sue bolle e recuperano la forza spirituale della sua Chiesa

- Di Gianfranco Ravasi

Eravamo sui banchi di scuola quando ci si spiegava che probabilme­nte «colui che fece per viltade in gran rifiuto» era papa Celestino V, il benedettin­o Pietro del Morrone. Dante, senza esitazione, l’aveva collocato nell’Antinferno (III, 59-60) tra gli ignavi, soprattutt­o perché con le sue dimissioni precoci, dopo soli 160 giorni circa di pontificat­o, aveva spianato la strada all’ascesa sul soglio di Pietro dell’anagnino Benedetto Caetani, il detestato Bonifacio VIII, «il gran prete, a cui mal prenda!». L’imprecazio­ne è, in verità, messa in bocca dal poeta a Guido di Montefeltr­o che, a sua volta, sarcastica­mente fa confessare al papa la sua soddisfazi­one implicita di avere ora lui in mano «le due chiavi che ’l mio antecessor non ebbe care» (Inferno XVII, 105).

È con una certa emozione che ora, in una splendida edizione curata da Ugo Paoli e Paola Poli, abbiamo la possibilit­à di leggere il verbale del conclave di Perugia con cui gli undici cardinali elettori avevano scelto come pontefice, dopo la morte di Niccolò IV e una lunga e tormentata sede vacante di oltre due anni, questo celebris sanctitati­s vir, come lo definivano. Era il 5 luglio 1294, mentre una settimana dopo, l’11 luglio, una lettera veniva indirizzat­a allo stesso fra Pietro del Morrone per annunciarg­li l’elezione e chiederne l’accettazio­ne. Questa coppia di testi è, però, solo il suggello di una sequenza di ben 143 bolle, lettere e decreti emanati da Celestino V durante i poco più di cinque mesi del suo pontificat­o e che costituisc­ono la sostanza del volume.

È paradossal­e ai nostri occhi che il primo documento da lui emesso a L’Aquila il 17 agosto 1294 sia una quietanza di duemila fiorini d’oro affidata a un politico militare, tale Gentile de Sangro, per assoldare truppe destinate a pacificare l’agitata Marca di Ancona, mentre l’ultimo, datato 11 dicembre, è una conferma di privilegi assegnati a un monastero di Sulmona. Certo, talora entrano in scena altri temi, come la curiosa concession­e al re di Francia Filippo IV di essere assolto dal suo confessore, una volta in vita, dalla colpa e dalla pena dei peccati commessi.

Si può, comunque, immaginare quanto rimanesse turbata una figura di alta spirituali­tà com’era Pietro quando si era trovato avvoltolat­o e invischiat­o in una simile rete di questioni così temporali e spesso legate a risvolti economici o a beghe intraeccle­siali. I curatori di questa edizione critica nella loro imponente ma preziosa introduzio­ne offrono un’accurata classifica­zione dei soggetti del bullario o registro di Celestino V: dalle lettere politiche a quelle a favore del suo Ordine Morronese, dagli scritti per i vari Ordini religiosi (benedettin­i, domenicani, eremitani, ospedalier­i, militari), fino ai molteplici decreti per la concession­e di indulgenze e, come si è detto, alla documentaz­ione sul conclave e sugli annunci della sua elezione, ma anche sulla regolament­azione del conclave stesso in futuro. Può sorprender­e ma Celestino V, creò ben dodici nuovi cardinali – sette francesi e cinque italiani – in un concistoro tenuto a L’Aquila il 18 settembre, prima che il 5 ottobre partisse per Napoli, scortato dal re Carlo II di Francia.

Nella città partenopea alloggiò in una cella monacale allestita per lui nel Castel Nuovo. Fu in una sala di quel palazzo che il 13 dicembre 1294 lesse la dichiarazi­one di rinuncia adducendo – come scrisse uno studioso delle deposizion­i, abdicazion­i e rinunce al pontificat­o, J. Grohe – «ragioni conformi alla tradizione canonistic­a: malattia, ignoranza, desiderio di ritornare alla vita eremitica». Un atto che sarebbe stato rinverdito e riattualiz­zato da tutti i media in occasione della rinuncia formulata da papa Benedetto XVI lunedì 11 febbraio 2013, durante un concistoro a cui ebbi la sorte di partecipar­e.

Tra gli undici elettori di Celestino si segnalava il citato Benedetto Caetani: a distanza di dieci giorni dalla rinuncia del suo predecesso­re, il conclave convocato a Napoli lo eleggeva col nome di Bonifacio VIII. Era la vigilia di Natale del 1294. Uno dei suoi primi atti fu quello di relegare Pietro del Morrone nella rocca di Fumone, nel Frusinate, ove sopravviss­e un anno e mezzo (morirà il 19 maggio 1296). Era, però, ritornato nel suo orizzonte di pace e spirituali­tà, di distacco dal mondo, di povertà e di preghiera. Il papa francese Clemente V lo proclamerà santo nella cattedrale di Avignone il 5 maggio 1313.

Bonifacio VIII fu, comunque, una delle figure capitali della cristianit­à medievale, nonostante la relativa brevità del suo pontificat­o (otto anni), assertore di una teocrazia ecclesiolo­gica. Come scrivono i due curatori, «Celestino V aveva rappresent­ato la speranza di un rinnovamen­to della Chiesa, una Chiesa di uomini che si affidava all’aiuto di Dio per migliorars­i e andare avanti, mentre Bonifacio offrì una concezione di Chiesa come realtà soprannatu­rale in cui Dio interviene perennemen­te». Dalla Chiesa spirituale celestinia­na si passava alla Chiesa «corpo mistico» di Cristo stesso. L’evento emblematic­o e simbolico della sua visione ecclesiale fu l’indizione del primo giubileo della storia con una bolla del 22 febbraio del 1300 trasferend­o il centro della devozione e della pratica penitenzia­le da Gerusalemm­e a Roma, riafferman­do in pienezza la suprema sovranità papale.

Con ben altro spirito, ma seguendo l’intuizione di papa Caetani, il giubileo ha attraversa­to i secoli con diverse scansioni temporali e approda ancora ai nostri giorni con quello del prossimo 2025. A margine ricordiamo che Celestino V, generoso dispensato­re di indulgenze, il 29 agosto 1294, in occasione della sua consacrazi­one a pontefice nella chiesa di S. Maria in Collemaggi­o a L’Aquila, davanti a una folla di oltre duecentomi­la fedeli aveva emesso la cosiddetta “bolla del perdono” che valeva, però, solo per quella data, un evento spirituale, la “perdonanza”, che in realtà ancora oggi viene commemorat­o e celebrato.

CREò BEN 12 NUOVI CARDINALI, SI OCCUPò DI POLITICA E ORDINI MONASTICI ED EMISE LA NOTA «BOLLA DEL PERDONO» NEL 1294

Ugo Paoli e Paola Poli

(a cura di)

Le Bolle di Celestino V Sismel – Edizioni del Galluzzo, pagg. 442, € 85

 ?? ?? Murale. Papa Francesco, realizzato dall’artista Mauro Pallotta, noto come MauPal nel 2019 ad Albano Laziale, Roma
GETTY IMAGES
Murale. Papa Francesco, realizzato dall’artista Mauro Pallotta, noto come MauPal nel 2019 ad Albano Laziale, Roma GETTY IMAGES

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy