BRILLA LA NOTTE ILLUMINATA DI ITALO CREMONA
La Galleria d’Arte Moderna di Torino dedica, finalmente, fino al 15 settembre una ampia retrospettiva (che sarà poi spostata al MART) a Italo Cremona, a cura di Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari e Elena Volpato, accompagnata da un catalogo che ha il titolo dell’esposizione, Tutto il resto è profonda notte (Torino, Allemandi, pagg. 124, € 30).
L’artista, nato a Cozzo in provincia di Pavia, dal 1917 fu a Torino, dove studiò legge, ma rapidamente comprese che il suo destino era la pittura. Le prime opere esposte sono del 1925 e da quella data fluiscono gli oltre cento dipinti e disegni, che spesso però interrompono la cronologia per seguire affinità di temi. Nove sono infatti le sezioni a partire da «Allo specchio», in cui spicca il notevole autoritratto del 1927, piccolo per formato e di grande intensità, in cui l’autore si rappresenta in vesti spavalde e moderne, quasi come un apache parigino. «Spoglie» puntualizza la presenza ricorrente e quasi ossessiva di indumenti, guanti, forme vuote, mentre le anatomie mutano vertiginosamente tra corpi umani che d’improvviso svelano anatomie ambigue. Numerose anche le metamorfosi, titolo che ricorre nei primi racconti, notevolissimi, editi su «Il Selvaggio», dopo la lettura del racconto omonimo di Kafka. Il catalogo presenta fotografie che documentano la collaborazione con Carlo Mollino, che rappresenta l’amica Cremona con un fantasma nei sontuosi interni di Casa Miller. Inquietante è il design comune per L’ora del the nella casa italiana, creato a Torino alla Pro Cultura Femminile nel 1935. Lo stesso tavolo compare nella magnifica tela del 1936-37, che ha tre diverse intitolazioni: Metamorfosi, appunto, Intermezzo o Gli angeli, con misteriose creature alate. Della stessa epoca è lo splendido Composizione (capelli e criniera), di proprietà dell’Accademia Albertina (dove contemporaneamente si tiene Armi improprie, una bella esposizione di incisioni dell’autore, a cura di Alessandro Botta, fino al prossimo 28 luglio). Le sue opere sono segnate da ricorrenze iconografiche ossessive: un drappo rosso, pelli di scimmia prese durante un viaggio in Etiopia per la lavorazione di un film, la fisionomia della moglie Danila e Torino, raffigurata in una sequenza di facciate, illustri o decrepite, che sono pronte da un momento all’altro a vedere l’apparizione di mostri inquietanti.
Cremona è sempre sospeso tra scrittura (memorabile il suo romanzo La coda della cometa, edito nel 1968, in cui immagina Torino spopolata da una misteriosa catastrofe) e pittura. Non di rado le suggestioni le sue opere provengono da libri e miti narrativi: come nel caso di Piccolo golem (1940-41) o de La carne, la morte e il diavolo (1947), in cui il capolavoro critico sul gotico di Mario Praz, illustra una sinistra epifania.