Il Sole 24 Ore - Domenica

L’ESTATE ETERNA DELLA VITA

- Di Roberto Escobar

RIFLESSI NEL GRANDE SCHERMO

»Stagione dopo stagione, ognuna porta con sé i suoi doni. Dodin Bouffant (Benoît Magimel) e Eugénie Chatagne (Juliette Binoche) sono nell’autunno della vita. Così le dice lui, guardandol­a con ammirazion­e, amore e desiderio. Con lo stesso amore, con la stessa ammirazion­e, e con un desiderio solo un po’ meno espresso, lei gli risponde di essere nell’estate della vita, e che lo sarà sempre, anche alla fine. È un inno al piacere e all’arte necessaria e difficile di stare al mondo Il gusto delle cose (La passion de Dodin Bouffant, Francia e Belgio, 2023, 135’). Ed è un inno “cantato” con la metafora materiale e spirituale della grande cucina.

Il vietnamita (e molto francese) Tràn Anh Hùng ha scritto e girato il suo film a partire da La vie et la passion de Dodin-Bouffant, gourmet, pubblicato cent’anni fa da

Marcel Rouff. Siamo nel 1885. Dodin è uno chef geniale e raffinato, Eugénie è la sua cuoca. Non c’è alcuna gerarchia di valore, in questo. È lei che rivendica di essere la sua cuoca. E intende che i piatti ideati da Dodin con i doni delle stagioni che si susseguono – e che lui usa offrire al palato e all’intelligen­za di quattro amici – sono di entrambi. Il fare di lei non è un eseguire, ma un creare, con lui e al suo livello.

È il cinema ampio ed elegante di Tràn a mostrarlo, con piani sequenza (che non cercano il virtuosism­o) in cui vive il loro lavoro in cucina, il loro stare insieme, con amore e desiderio. Lo stesso amore e lo stesso desiderio durati per i vent’anni in cui Dodin le ha chiesto di sposarlo. Per vent’anni lei ha rifiutato, preferendo rimanere la sua cuoca, innamorata e libera (anche di chiudere a chiave la porta della sua stanza).

Occorre sensibilit­à, per fare di un piatto un dono di piacere. Occorrono cultura, curiosità ed equilibrio. E occorre saper riconoscer­e lo spirito che sta nella materia, o quasi inventarlo, traendolo dalla materia in cui si nasconde. È un inno al piacere, Il gusto delle cose. Ed è una metafora della vita, della voglia di goderla e di rinnovarla, stagione dopo stagione, nella certezza che sempre tornerà l’estate, anche alla fine.

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«Il gusto delle cose». Juliette Binoce e Benoît Magimel

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