BEN CHE VADA SIAMO FRITTI
C’è chi usa l’olio, chi il burro e chi lo strutto. Chi infarina e chi preferisce semola, uovo, pangrattato. Chi impasta e chi fa lievitare. Perchè questa tecnica di cottura funziona su tutto
«Piatto fritto mi ci ficco». Un’espre ssione popolare derivata dalla nota piatto ricco mi ci ficco, assai efficace perché ci sono, di certo, le eccezioni, che confermano la regola, ma chi rinuncia ad un fritto di pesce, di carne, di verdure, di frutta, di dolci?
Un’espressione «son fritto» di tutt’altro significato, quando Pinocchio grida: «Alidoro (il cane mastino) se non mi salvi sono fritto….». Il burattino di Geppetto, già infarinato, stava per finire in padella con naselli, muggini, sogliole, ragnotti e acciughe. Un vero «fritto misto» questo del pescatore del libro di Collodi, pronto a mangiare Pinocchio, che trova posto, con gli stessi pesci in centinaia di locali di mare.
Se andiamo a sfogliare tra i testi di gastronomia francesi, troviamo, a sorpresa la dicitura : «fritto misto» , tradotto come la fritture à l’Italianne, forse riferito al vecchio Piemonte, per questo suo piatto, completo e opulento, esasperato e croccante, che si trova tuttora e, non tutti giorni, in pochi locali piemontesi e, non così completo delle 18 portate della tradizione (cervella, schienale, rognone, animelle, fegato, costolette di agnello, bas de soie, amaretti, mele, frittura dolce, petis souffles, croquette di carne, fettine di vitello, salsiccette di maiale, carciofi, finocchi, zucchine).
Il fritto misto alla piemontese (chiamatoanchefricassàomesciaofricianellezonecontadinedelMonferrato edelleLanghe),secondolatradizioneè compostodaunaquantitàdibocconcini serviti assieme, cotti nel burro, dopo esserestatipassatiinunapastellaabase di farina, latte, rosso d’uovo, condita con un pizzico di noce moscata. Nel tempo, il burro è stato sostituito dall’olio:c’èchiricorreall’olioextravergine d’oliva(Evo),chiaglioliidisemi(girasole, arachidi, vinaccioli, mais) perché contengono grassi prevalentemente monoinsaturiepuntodifumorelativamente alto, chi utilizza un mix fra gli stessi oli e chi invece, eretico, fa ricorso alla tecnica di tempura giapponese.
Mentre in Piemonte abitualmente per i piatti fritti si usano farina e pastella e si frigge in olio e burro, in Lombardia, vengono utilizzati uova e pane grattugiato e, quasi esclusivamente burro, come nella famosa cotoletta alla milanese. Il fritto misto alla romana, peraltro viene cucinato nell’olio d’oliva extravergine e, per renderlo ancor più gustoso, addirittura nello strutto. Un disciplinare, depositato alla Camera di Commercio di Bologna nel 2004, impone solo strutto per il fritto alla bolognese, sia per le carni (è inserita la mortadella), sia il dolce (prevede la crema pasticciera), sia le verdure. Così si capisce perché la città è nota come grassa e dotta.
Anche la pizza fritta a Napoli viene finita nell’olio d’oliva extravergine: si prepara impastando tutti gli ingredienti e, dopo averli lasciati lievitare, fino a farli raddoppiare di volume, si staccano dall’impasto dei piccoli bocconi, si spianano e poi si friggono. La fantasia in cucina non manca mai, così la farina può essere sostituita con “semola e utilizzato olio di arachidi, nel fritto di mare, dal locale Il Moro” di Monza per rendere il piatto più leggero.
Il ristorante La Tana degli orsi di Pratovecchio (AR) nella preparazione delpollofrittoutilizza,inluogodellafarina di grano, quella di mandorle, per rendere il petto e la coscia disossate più conciliabili alle diverse salse.
Il fritto si aggira per l’Italia tutta (soprattutto con i dolci di Carnevale) senza alcun dubbio, però il territorio più vocato per il «misto» è il Piemonte, sul cui pennone sventola l’insegna del Centro di Priocca, in provincia di Cuneo. Qui, nei 36 giorni in cui il locale della famiglia di Enrico Cordero offre il menu completo di fritto, cucinato dalla moglie Elide Mollo; il borgo verso il mezzogiorno o prima di cena, all’improvviso si anima di auto, in cerca di parcheggio, con targhe di tutta Europa. Questo baluardo di cucina piemontese, dove la lista d’attesa è lunghissima, meta di appassionati gourmet e pure di curiosi alla prima esperienza di tutto fritto: 12 portate, per circa 24 pezzi (batzoi e semolino, agnello e cavolfiore, grive e formaggette, lonza di maiale impanata e subrie di patate, salsiccia e finocchi, fegato e amaretti, filetto di maiale e zucchine, cervello e carciofi, filone e funghi, animelle e melanzane, creste di gallo, lumache e rane, mele e pere in padella). Ogni portata viene accompagnata da tre salse diverse: bagnetto verde, bagnetto di pomodori e peperoni e mostarda.
Assairaroèil«batsuà»,specialità introvabile fuori dal Piemonte, si tratta di un piedino di maialino da latte cotto nell’acetoeabbinatoalsemolinodolce, forse l’unica innovazione perché viene servitoarrotolatoarondelle.rispettoalla forma intera del passato. Non di meno insoliti sono i prelibati schienali o filoni (midollo spinale) che si prelevano dalle vertebre del vitello, vicine alla testa. Le grive e le creste di gallo, ingrediente fondamentale anche per la piemontesefinanziera.Elide,sempregentile e pimpante, anche dopo la fatica di friggere 24 pezzi per circa 30 ospiti, un tour de force in cucina da circa 40 anni. Lei,autodidatta,chehaappresoisegreti del fritto dalla suocera Rita, da cui è statocreatoilristoranteCentronel1956.La tecnica da allora è rimasta le stessa: le variefritturesonocucinateinoliodisemiscaldato,unavoltasola,inpadelledi ferro, tutte diverse, perché alcuni elementi vanno cotti, altri crudi, tutti a temperature variabili e in certi casi la crosta va dorata, in altri il calore deve penetrare.Lapanaturaèsempremolto leggera (un segreto della casa).
Un aspetto, assai interessante, che può passare inosservato, è il ritmo incalzante del servizio del pranzo o della cena (la durata a tavola è di circa tre ore con intervalli di 5/6 minuti), che ricorda le variazioni del Bolero di Ravel. Mi ha riportato alla mente la sintonia perfetta, ritmo-spazio di tempo, delle portate delle cene da Elbulli di Ferran Adrià. A prima vista può sembrare un pranzo, bisognoso di efficaci interventi digestivi, ma la mano leggera di Elide e gli straordinari ingredienti, non rendono difficoltosa la digestione. Non bisogna eccedere però con i vini della invitante ed eccellente carta, curata dal figlio Giampiero. Al termine di un pranzo o delle cene, il borgo di Priocca torna all’improvviso, silente, senza auto nei parcheggi, qua e là risuonano i diversi accenti dei fortunati avventori, che dissertano di piatti e di tagli di quinto quarto, a molti, fino allora, sconosciuti. Così è se mi piace!
A PRIOCCA IN PROVINCIA DI CUNEO C’è IL MENU SOLO FRITTO: 12 PORTATE PER CIRCA 24 PEZZI