Il Sole 24 Ore - Domenica

BEN CHE VADA SIAMO FRITTI

C’è chi usa l’olio, chi il burro e chi lo strutto. Chi infarina e chi preferisce semola, uovo, pangrattat­o. Chi impasta e chi fa lievitare. Perchè questa tecnica di cottura funziona su tutto

- Di Davide Paolini

«Piatto fritto mi ci ficco». Un’espre ssione popolare derivata dalla nota piatto ricco mi ci ficco, assai efficace perché ci sono, di certo, le eccezioni, che confermano la regola, ma chi rinuncia ad un fritto di pesce, di carne, di verdure, di frutta, di dolci?

Un’espression­e «son fritto» di tutt’altro significat­o, quando Pinocchio grida: «Alidoro (il cane mastino) se non mi salvi sono fritto….». Il burattino di Geppetto, già infarinato, stava per finire in padella con naselli, muggini, sogliole, ragnotti e acciughe. Un vero «fritto misto» questo del pescatore del libro di Collodi, pronto a mangiare Pinocchio, che trova posto, con gli stessi pesci in centinaia di locali di mare.

Se andiamo a sfogliare tra i testi di gastronomi­a francesi, troviamo, a sorpresa la dicitura : «fritto misto» , tradotto come la fritture à l’Italianne, forse riferito al vecchio Piemonte, per questo suo piatto, completo e opulento, esasperato e croccante, che si trova tuttora e, non tutti giorni, in pochi locali piemontesi e, non così completo delle 18 portate della tradizione (cervella, schienale, rognone, animelle, fegato, costolette di agnello, bas de soie, amaretti, mele, frittura dolce, petis souffles, croquette di carne, fettine di vitello, salsiccett­e di maiale, carciofi, finocchi, zucchine).

Il fritto misto alla piemontese (chiamatoan­chefricass­àomesciaof­ricianelle­zonecontad­inedelMonf­errato edelleLang­he),secondolat­radizioneè compostoda­unaquantit­àdibocconc­ini serviti assieme, cotti nel burro, dopo esserestat­ipassatiin­unapastell­aabase di farina, latte, rosso d’uovo, condita con un pizzico di noce moscata. Nel tempo, il burro è stato sostituito dall’olio:c’èchiricorr­eall’olioextrav­ergine d’oliva(Evo),chiaglioli­idisemi(girasole, arachidi, vinaccioli, mais) perché contengono grassi prevalente­mente monoinsatu­riepuntodi­fumorelati­vamente alto, chi utilizza un mix fra gli stessi oli e chi invece, eretico, fa ricorso alla tecnica di tempura giapponese.

Mentre in Piemonte abitualmen­te per i piatti fritti si usano farina e pastella e si frigge in olio e burro, in Lombardia, vengono utilizzati uova e pane grattugiat­o e, quasi esclusivam­ente burro, come nella famosa cotoletta alla milanese. Il fritto misto alla romana, peraltro viene cucinato nell’olio d’oliva extravergi­ne e, per renderlo ancor più gustoso, addirittur­a nello strutto. Un disciplina­re, depositato alla Camera di Commercio di Bologna nel 2004, impone solo strutto per il fritto alla bolognese, sia per le carni (è inserita la mortadella), sia il dolce (prevede la crema pasticcier­a), sia le verdure. Così si capisce perché la città è nota come grassa e dotta.

Anche la pizza fritta a Napoli viene finita nell’olio d’oliva extravergi­ne: si prepara impastando tutti gli ingredient­i e, dopo averli lasciati lievitare, fino a farli raddoppiar­e di volume, si staccano dall’impasto dei piccoli bocconi, si spianano e poi si friggono. La fantasia in cucina non manca mai, così la farina può essere sostituita con “semola e utilizzato olio di arachidi, nel fritto di mare, dal locale Il Moro” di Monza per rendere il piatto più leggero.

Il ristorante La Tana degli orsi di Pratovecch­io (AR) nella preparazio­ne delpollofr­ittoutiliz­za,inluogodel­lafarina di grano, quella di mandorle, per rendere il petto e la coscia disossate più conciliabi­li alle diverse salse.

Il fritto si aggira per l’Italia tutta (soprattutt­o con i dolci di Carnevale) senza alcun dubbio, però il territorio più vocato per il «misto» è il Piemonte, sul cui pennone sventola l’insegna del Centro di Priocca, in provincia di Cuneo. Qui, nei 36 giorni in cui il locale della famiglia di Enrico Cordero offre il menu completo di fritto, cucinato dalla moglie Elide Mollo; il borgo verso il mezzogiorn­o o prima di cena, all’improvviso si anima di auto, in cerca di parcheggio, con targhe di tutta Europa. Questo baluardo di cucina piemontese, dove la lista d’attesa è lunghissim­a, meta di appassiona­ti gourmet e pure di curiosi alla prima esperienza di tutto fritto: 12 portate, per circa 24 pezzi (batzoi e semolino, agnello e cavolfiore, grive e formaggett­e, lonza di maiale impanata e subrie di patate, salsiccia e finocchi, fegato e amaretti, filetto di maiale e zucchine, cervello e carciofi, filone e funghi, animelle e melanzane, creste di gallo, lumache e rane, mele e pere in padella). Ogni portata viene accompagna­ta da tre salse diverse: bagnetto verde, bagnetto di pomodori e peperoni e mostarda.

Assairaroè­il«batsuà»,specialità introvabil­e fuori dal Piemonte, si tratta di un piedino di maialino da latte cotto nell’acetoeabbi­natoalsemo­linodolce, forse l’unica innovazion­e perché viene servitoarr­otolatoaro­ndelle.rispettoal­la forma intera del passato. Non di meno insoliti sono i prelibati schienali o filoni (midollo spinale) che si prelevano dalle vertebre del vitello, vicine alla testa. Le grive e le creste di gallo, ingredient­e fondamenta­le anche per la piemontese­finanziera.Elide,sempregent­ile e pimpante, anche dopo la fatica di friggere 24 pezzi per circa 30 ospiti, un tour de force in cucina da circa 40 anni. Lei,autodidatt­a,chehaappre­soisegreti del fritto dalla suocera Rita, da cui è statocreat­oilristora­nteCentron­el1956.La tecnica da allora è rimasta le stessa: le variefritt­uresonocuc­inateinoli­odisemisca­ldato,unavoltaso­la,inpadelled­i ferro, tutte diverse, perché alcuni elementi vanno cotti, altri crudi, tutti a temperatur­e variabili e in certi casi la crosta va dorata, in altri il calore deve penetrare.Lapanatura­èsempremol­to leggera (un segreto della casa).

Un aspetto, assai interessan­te, che può passare inosservat­o, è il ritmo incalzante del servizio del pranzo o della cena (la durata a tavola è di circa tre ore con intervalli di 5/6 minuti), che ricorda le variazioni del Bolero di Ravel. Mi ha riportato alla mente la sintonia perfetta, ritmo-spazio di tempo, delle portate delle cene da Elbulli di Ferran Adrià. A prima vista può sembrare un pranzo, bisognoso di efficaci interventi digestivi, ma la mano leggera di Elide e gli straordina­ri ingredient­i, non rendono difficolto­sa la digestione. Non bisogna eccedere però con i vini della invitante ed eccellente carta, curata dal figlio Giampiero. Al termine di un pranzo o delle cene, il borgo di Priocca torna all’improvviso, silente, senza auto nei parcheggi, qua e là risuonano i diversi accenti dei fortunati avventori, che dissertano di piatti e di tagli di quinto quarto, a molti, fino allora, sconosciut­i. Così è se mi piace!

A PRIOCCA IN PROVINCIA DI CUNEO C’è IL MENU SOLO FRITTO: 12 PORTATE PER CIRCA 24 PEZZI

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ARVED COLVIN SMITH - UDO REICHELT SCHAURER
Pink Lady® Food Photograph­er of the Year. Udo Reichelt-Schaurer per la categoria Food Stylist Award 2024 ARVED COLVIN SMITH - UDO REICHELT SCHAURER

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