PASSO DELL’OCA
MEPHISTO WALTZ
»I greci antichi quando correvano all’assalto dei nemici per spaventarli gridavano “boao”: da cui, come tantissime parole italiane dall’etimo ateniese, il “boato”. Prima di un incontro di rugby invece, i neozelandesi urlano a squarciagola le“Haka” per spaventare gli avversari: “Kapa O Pango”, come gli antichi Mahori. Lo stesso succede all’inizio degli incontri di pugilato, quando i contendenti si saettano con occhi di fuoco. Oppure al Palio di Siena prima della Mossa, l’abbassamento del canopo che darà il via ai tre giri attorno alla piazza del Campo, ove ogni scorrettezza è ammessa e commessa tra i fantini armati di bastone. Federico Guglielmo I (16881740) si era inventato i “Potsdamer”, uomini giganteschi, detti dal popolino “Lange Kerls”, spilungoni rispetto a lui, alto 1,60; poco più del “Re sciaboletta”, Vittorio Emanuele di Savoia, 1,53. La scelta di soldati fuori misura derivava dai lunghi schioppi difficili da maneggiare per un soldato normale. In realtà gli stangoni si rivelarono goffi e lenti, pure nel passo dell’oca imposto dal Sovrano, detto il Re Sergente. Malgrado il braccino notoriamente corto, se li comperava come fossero schiavi ovunque li trovasse, pagandoli però 4 volte più del normale. Ne collezionò 3200, ma la beffa fu che non gli capitò praticamente mai di mandarli in campo di battaglia, se non di striscio. Mirabeau (1788) lo apostrofò: “Molti stati dispongono di un esercito, l’esercito prussiano dispone di uno stato”. Federico II, che lo detestava, appena salito al trono sciolse il corpo dei corazzieri paterni mantenendone solo qualcuno di rappresentanza.
Poi, dopo la Guerra di Secessione austriaca (1745) e la Guerra dei sette anni (1756-63) tutti vennero spediti a casa. Da noi i corazzieri fanno bella vista al Quirinale e risalgono al 1557: 1,90 l’altezza minima, 50 in servizio per guardie d’onore, “Virtus in periculis firmior” il loro motto. Fino a pochi decenni fa i giganti erano fenomeni da baraccone, quanto i nani che vediamo ritratti da Velázquez alla corte di Filippo IV, esposti al Prado accanto al capolavoro assoluto “Las Meninas” (1656) che gareggia per genialità con “La Ronda di notte” di Rembrandt (1642) ad Amsterdam. Questi sí, i veri giganti al vertice dell’arte figurativa. Da vedere, godere e rivedere.