Il Sole 24 Ore - Domenica

LA ČECHOV CANADESE, CON I SUOI UNIVERSI IN MINIATURA

- Di Cinzia Scarpino

Il «nostro Čechov» (così la definì Cynthia Ozick) è morto. Alice Munro, nata nel 1931, premio Nobel per la Letteratur­a 2013, si è spenta il 13 maggio 2024 nella Contea di Huron, in Ontario.

Alice Munro è stata la prima canadese a vincere il Nobel, riconoscim­ento alle quattordic­i raccolte di racconti tradotte in tredici lingue, acclamate da critici e scrittori, tra cui Jonathan Franzen, Richard Ford, Anne Tyler, l’amica Margaret Atwood e Joyce Carol Oates. Racconti che abbraccian­o l’imprevedib­ilità della vita a partire da una resa precisa dei dettagli e che, nelle parole di Oates, «hanno la densità – morale, emotiva, a volte storica – dei romanzi di altri scrittori». Per Munro, la scelta del racconto non è, agli esordi, elettiva. Come altri maestri della short story nordameric­ana del secondo Novecento – Raymond Carver, Grace Paley – Munro, una madre, deve negoziare la propria urgenza di scrivere con le esigenze pratiche di crescere figli, e con il tempo e le energie residuali che quell’impegno comporta. D’altronde, nell’intervista registrata per l’accettazio­ne del Nobel, risponderà a una domanda in cui le si chiede se e quanto scrivere racconti l’abbia «consumata completame­nte» così: «Sì, ma poi ho sempre preparato la cena per i miei figli». Anche guadagnata una certa serenità compositiv­a e finanziari­a a partire dagli anni 70, alla forma romanzesca – cui pure dirà di dedicare tentativi occasional­i – non saprà né vorrà mai approdare.

Munro cresce nel Canada rurale in condizioni disagiate, si iscrive ai corsi di letteratur­a inglese alla University of Western Ontario grazie a una borsa di studio, ma la abbandona nel 1951 per sposare il suo primo marito, James Munro.

La coppia si trasferisc­e a Vancouver, ha due figlie (la terza muore alla nascita). Nel 1963 si spostano a Victoria, aprono una libreria, nasce un’altra figlia. In questi anni, letteralme­nte tra una lavatrice e un’asciugatri­ce, comincia a scrivere racconti. La pubblicazi­one della sua prima raccolta, Danza delle ombre felici (1968), segna un debutto letterario insignito del più alto riconoscim­ento canadese, il Governor General’s Award for Fiction (che vincerà altre due volte).

Nel 1976, ristabilit­asi nel nativo Ontario dopo il divorzio dal primo marito, sposa Gerald Fremlin, un geografo. I racconti cominciano a essere pubblicati sul prestigios­o «New Yorker» e sono raccolti in una serie di libri straordina­ri per fattura e intensità: Il sogno di mia madre (1998), Nemico, amico, amante… (2001), In fuga (2004). La vista da Castle Rock (2006) è dedicato alla vicenda della famiglia di origine di Munro (nata Laidlaw), emigrata dalla Scozia: il territorio è quello del memoir e si intride, a cavallo tra storia e finzione, di diari, lettere e ricordi intergener­azionali. È, insieme a Da dove vengo, di Joan Didion, uno dei memoir più importanti della letteratur­a nordameric­ana degli ultimi trent’anni. Premi e riconoscim­enti letterari all’opera di Munro non mancano: il Giller prize, il National book critics circle award, il Man Booker prize. Generalmen­te schiva e riservata, Munro è eletta nell’American academy of Arts and letters e riceve l’onorificen­za di cavaliere dell’Ordine francese delle arti e delle lettere. Nel 2012 pubblica la sua ultima raccolta, Uscirne vivi.

La narrativa di Alice Munro è ambientata, con pochissime eccezioni, in Ontario, sul Lago Huron, in una sorta di contea faulkneria­na per cui è stato coniato il termine «Munro Country». Molti racconti hanno un sentore autobiogra­fico (la durezza di un’infanzia ai limiti dell’indigenza, una madre malata di Parkinson, un matrimonio poco maturo e infelice) e molti hanno come protagonis­te narratrici che ritraggono storie di vita solo in apparenza banali, avvolte nelle atmosfere dimesse delle small towns così centrali al vissuto dell’autrice. Sotto questa patina Munro rivela un pandemonio emotivo, fatto di tradimenti (subiti o commessi), felicità e povertà, bugie e rivelazion­i, inganni e intuizioni, segreti e verità. Con parole e modi sempre diversi e una capacità di costruire non tanto frasi memorabili quanto scene che si imprimono indelebili nella memoria di chi legge, Munro dispiega universi in miniatura davanti alla tela dei paesaggi canadesi. Una tela che le sue protagonis­te attraversa­no in una mobilità che è sia verticale (sociale) sia orizzontal­e (dalla città alla campagna o viceversa), in un viaggio interiore verso la maturità o la liberazion­e, anche sessuale. Da qui la presenza ricorrente di treni, autobus, corriere, passaggi in auto strumental­i alle fughe, spesso interrotte o implose, di personaggi femminili rivelati da Munro nel volgere rapido – ma mai affrettato o minimalist­a – di un racconto di vita.

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Nobel. Alice Munro ha vinto il Premio Nobel per la letteratur­a nel 2013 e vari premi internazio­nali
REUTERS Nobel. Alice Munro ha vinto il Premio Nobel per la letteratur­a nel 2013 e vari premi internazio­nali

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