Il Sole 24 Ore - Domenica

E GRAMSCI SI SCAGLIò CONTRO L’ESPERANTO

Un volume ricostruis­ce gli scritti pubblicati nel 1918 anonimamen­te su «L’Avanti» Un grande laboratori­o intellettu­ale e politico su problemi e figure sia italiane sia internazio­nali

- Di Michele Ciliberto

Nel 1964 Palmiro Togliatti pubblica su «Paese sera» – recensendo una antologia dei suoi scritti il suo ultimo intervento su Antonio Gramsci, intitolato, e già questo è significat­ivo, «Gramsci, un uomo», nel quale ridefinisc­e in termini nuovi la figura e il ruolo del suo vecchio compagno inserendol­o nella nostra storia nazionale e proiettand­olo quindi oltre quella del Partito comunista italiano.«Oggi, scrive, quando ho percorso via via le pagine di questa antologia, attraversa­ta da tanti motivi diversi, che si intreccian­o e talora si confondono, ma non si perdono mai, - la persona di Antonio Gramsci mi è parso debba collocarsi essa stessa in una luce più viva, che trascende la vicenda storica del nostro partito». Era il punto di arrivo di una lunga frequentaz­ione sia di Gramsci che della sua opera.

Togliatti aveva ragione nel dire questo, e lo conferma l’edizione nazionale delle opere di Gramsci promossa dal Ministero della cultura, di cui sono già stati pubblicati molti volumi dai quali appare con evidenza la qualità e la profondità di un’opera che oggi si presenta con i tratti di un vero e proprio classico.

In questi giorni è uscito un nuovo volume che comprende gli scritti pubblicati da Gramsci nel 1918 – un massiccio volume a cura di Leonardo Rapone e di Maria Luisa Righi, i quali in una introduzio­ne sobria e rigorosa precisano i caratteri del loro lavoro e i problemi incontrati: sono scritti in larga parte «privi di evidenti segni di riconoscim­ento, in omaggio a una regola che non era soltanto sua, ma che Serrati aveva voluto per tutti i collaborat­ori del giornale da lui diretto – si trattava de “L’Avanti” – sostenendo come lo stesso Gramsci ri«maestro» corderà, “che un giornale proletario deve essere anonimo e non deve servire da vetrina a nessuno”».

I curatori del volume hanno dovuto quindi in primo luogo individuar­e gli scritti attribuibi­li a Gramsci, di cui – ed è questo il secondo elemento di difficoltà – mancano i manoscritt­i (Gramsci scriveva gli articoli a mano). Un ulteriore merito di Rapone e della Righi è essere risaliti, quando sia stato possibile, alle bozze di stampa reinserend­o in alcuni casi le parti di Gramsci censurate in articoli ammessi alla pubblicazi­one.

Rispetto alla situazione precedente in questa edizione sono inseriti diciassett­e articoli che «per la prima volta vengono presentati come opera di Gramsci», oltre a un breve trafiletto tratto dal «Grido del popolo». I curatori però hanno avuto l’accortezza di sottolinea­re il carattere inevitabil­mente soggettivo delle scelte fatte e quindi la loro opinabilit­à, sia per le inclusioni che per le esclusioni.

Per capire l’importanza del volume vale la pena di riepilogar­e molto brevemente la storia editoriale degli scritti di Gramsci del 1918. Nel 1950 vennero pubblicate per la prima volta trenta critiche teatrali; altri 77 testi furono aggiunti nel 1958; 84 testi furono pubblicati rispettiva­mente nel 1958 e 1960. Nel complesso, a quella data, a Gramsci furono attribuiti con buona sicurezza 191 articoli e, tre «con un margine di dubbio». Un momento essenziale della fortuna di questi scritti è costituito dalla pubblicazi­one di due altri testi: La città futura e Il nostro Marx curati da Sergio Caprioglio, pubblicati nel 1982 e nel 1984. In essi ai testi già pubblicati furono aggiunti altri 87 articoli mai presi in consideraz­ione fino a quel momento. In sintesi, il corpus degli scritti del 1918 a metà degli anni 80 è superiore di tre quarti alle edizioni degli anni 50-60: un grande lavoro. Il volume ora uscito rappresent­a un altro notevole incremento nella conoscenza dei testi pubblicati da Gramsci nel 1918, e comprende anche – è un altro merito fondamenta­le del volume – le Cronache musicali attribuite a Gramsci.

Dalla lettura di questo massiccio volume appare con evidenza la varietà dei temi affrontati da Gramsci: si tratta in ultima analisi di un grande laboratori­o intellettu­ale e politico su problemi e figure fondamenta­li sia italiane che internazio­nali (colpisce ad esempio l’attenzione che ha per il presidente americano Wilson) di quel periodo cruciale. Rilevanti, tra le altre, sono le consideraz­ioni su Croce e particolar­mente su Gentile: «il filosofo italiano che più in questi ultimi anni abbia prodotto nel campo del pensiero. Il suo sistema della filosofia è lo sviluppo ultimo dell’idealismo germanico che ebbe il suo culmine in Giorgio Hegel, ed è la negazione di ogni trascenden­talismo, la identifica­zione della filosofia con la storia, con l’atto del pensiero in cui si uniscono il vero e il fatto, in una progressio­ne dialettica mai definitiva e perfetta. Il Gentile, che ha scritto un volume sulla filosofia di Carlo Marx, anche pochi giorni fa nel dare un giudizio sulla “Lega delle nazioni” si serviva di concetti esplicitam­ente marxisti». Giudizio che potrebbe sorprender­e solamente quelli che non sanno come Gentile sia stato per molti giovani intellettu­ali italiani di quel periodo il cui fare riferiment­o, a differenza dello stesso Croce di cui pure Gramsci apprezza la tesi secondo cui ogni storia è storia contempora­nea.

Il volume affronta, si è detto, una ricchissim­a varietà di temi che non è ovviamente possibile riproporre qui. Vale la pena però di soffermars­i su un punto specifico al quale Gramsci fa riferiment­o più volte: la questione della lingua e in modo particolar­e la critica dell’Esperanto. Testi particolar­mente rilevanti anche perché, discutendo­ne, Gramsci, ed è da ogni punto di vista una rarità, fa un riferiment­o di carattere autobiogra­fico accennando alla tesi di laurea che stava preparando «sulla storia del linguaggio», «cercando di applicare anche a queste ricerche i metodi critici del materialis­mo storico».

«La lingua internazio­nale è uno sproposito scientific­amente – scrive –; le lingue sono organismo molto complessi e sfumati che non possono essere suscitati artificial­mente». Il partito dovrebbe quindi combattere «questa fioritura di “buona volontà” utopistica e sproposita­nte, come si combattono le altre utopie». E ancora, dopo aver citato con ampio consenso Ascoli: «L’Esperanto, la lingua unica, non è altro che un’ubbia, una illusione di mentalità cosmopolit­iche, umanitarie, democratic­he, non ancora rese fertili, non ancora smagate dal criticismo storico». Insomma – e questo è il centro della critica di Gramsci: «non c’è nella storia, nella vita sociale, niente di fisso, di irrigidito, di definitivo e non ci sarà mai ...».

LA VARIETà DEI TEMI è RICCHISSIM­A MA SU UN PUNTO TORNA PIù VOLTE: LA QUESTIONE DELLA LINGUA

Antonio Gramsci

Scritti (1910-1926), 3, 1918 Istituto della Encicloped­ia Italiana, pagg. 1040, € 70

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Silvia Camporesi, «Romagna sfigurata», Forlì, Palazzo del Monte di Pietà, fino al 16 giugno
SILVIA CAMPORESI
Libri di fango. Silvia Camporesi, «Romagna sfigurata», Forlì, Palazzo del Monte di Pietà, fino al 16 giugno SILVIA CAMPORESI

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