VISTA DA VICINO LA PITTURA è UN’ESCA PER APPROFONDIRE
La pittura vista da vicino è il sottotitolo del libro di Daniel Arasse uscito ora in una sontuosa edizione illustrata per il Saggiatore. Il titolo è Il dettaglio; l’autore è uno dei maggiori storici dell’arte di fine Novecento; il tema è la passione, intellettuale e fisica, per quel che l’osservatore può cogliere su una superficie dipinta guardando, appunto, da vicino: è così che la pittura viene risvegliata e, come diceva Klee, “traspira”. Mille sono i temi che l’amore per il dettaglio porta con sé, mille le implicazioni in termini di poetica, di iconologia, di decifrazione degli strati polisemici che il dettaglio richiama, spesso in quanto deviazione e attrito rispetto alla visione da lontano. Esistono dettagli fatti per non esser quasi visti: ma una volta che se ne prenda contezza non si potranno più ignorare. Ogni quadro è la topografia e la cartografia di una quantità di dettagli (donde la pratica storica del “dettagliamento” di tavole e tele) che invitano a saperne di più con le lusinghe di una sirena. Vista da vicino, la pittura è un’esca per l’approfondimento, ma è anche uno scrigno di irrinunciabili piaceri feticistici.
Come per tutti i piaceri, esiste anche per il dettaglio una censura. Arasse scava nelle motivazioni e nella morfologia della guerra contro il dettaglio dichiarata in Francia nell’Ottocento, con Baudelaire quale comandante, e ripresa con forza da Matisse. Il dettaglio è allora visto come momento dispersivo, come deroga alla forza sintetica che distingue l’opera d’arte, come somma di elementi inessenziali, pittoreschi, distraenti. E tuttavia in un artista come Turner, che della potenza espressiva nel cogliere la luce e gli elementi naturali potrebbe dirsi un paradigma, il dettaglio gioca un ruolo fondamentale. Arasse ricorda il quadro nel quale Napoleone, confinato a Sant’Elena, contempla il vuoto e la memoria di sé: sulla riva del mare, vastissima, una piccola macchia, decifrabile all’osservazione ravvicinata, raffigura una patella. È la chiave per comprendere il programma iconografico della tela, che Turner correda di versi nei quali Napoleone rivede, stampata nella conchiglia conica del mollusco, la tenda di un bivacco militare: il suo passato, il suo destino.
Più spesso il dettaglio è, nella teoria dell’arte, il punto privilegiato dove si misura l’abilità tecnica e mimetica del pittore e dove si colloca la specificità del portato narrativo. Arasse si concentra su due grandi campi di indagine, la pittura devota della scuola tardo-medievale nordica e lo sviluppo dell’arte italiana a cavallo del 1500. Nel primo caso il dettaglio, che provvede all’intensificazione patetica dell’immagine, è ciò che fa scattare un affectum, una reazione emozionale che si carica di sentimento religioso: l’affectum devotionis. È questo agire a distinguere la pittura “devota” fiamminga dalla pittura “pia” esemplificata, per Arasse, da Perugino. Nel secondo caso mille sono i temi toccati e mille le scoperte. Nulla è un caso, e che Carpaccio abbia dipinto il pelo di un cagnolino su una gondola, nel Miracolo della reliquia della Santa Croce, rendendolo riconoscibile come un barboncino, suscita una catena di significati quasi si trattasse di un enigma poliziesco (la cui soluzione non va qui svelata).
Le pagine indimenticabili di questo volume sono dedicate all’“intimità”: vedere da vicino significa, per l’osservatore, ricevere questa intimità e restituirla all’opera. I dettagli disseminati sulla superficie sono segni rivelatori (o indovinelli senza risposta, o indovinelli con una risposta fuorviante), ma sono anche il luogo in cui la materia stessa della pittura, la concretezza della sua fisicità, testimonia la presenza dell’artista e ne è il residuo visibile. I capelli che sfuggono al velo dell’Annunciata di Palermo, di là da quanto “significano”, “sono” la mano di Antonello che ha impugnato un pennellino filiforme: ne dicono la firma segreta sotto la specie materiale che eccede la dimensione iconografica, pur parte del piacere della visione. Da vicino, l’osservatore risponde all’appello e scambia lo sguardo, lentamente, silenziosamente, con quello dell’autore. Solo così è possibile quel tipo di abbandono che faceva confessare a Rilke di voler essere non già le piccole mele giacenti su un davanzale al margine della Madonna di Lucca di van Eyck, ma l’ombra di quelle stesse mele.
Sintesi formidabile di storia dell’arte, avventura narrativa vertiginosa, confessione di innamorato, Il dettaglio di Arasse fissa un canone metodologico dal quale sarà difficile staccarsi e che a George Sand sarebbe piaciuto. Dovrebbe essere obbligatorio per tutti quei visitatori dei musei che si accalcano guardando non i quadri ma lo schermo del proprio telefonino con il quale scattano milioni di foto storte che mai verranno visionate, perché nel frattempo se ne scatteranno altrettante.
Daniel Arasse
Il dettaglio
Il Saggiatore, pagg. 220, € 65