Il Sole 24 Ore - Domenica

VISTA DA VICINO LA PITTURA è UN’ESCA PER APPROFONDI­RE

- Di Francesco Maria Colombo

La pittura vista da vicino è il sottotitol­o del libro di Daniel Arasse uscito ora in una sontuosa edizione illustrata per il Saggiatore. Il titolo è Il dettaglio; l’autore è uno dei maggiori storici dell’arte di fine Novecento; il tema è la passione, intellettu­ale e fisica, per quel che l’osservator­e può cogliere su una superficie dipinta guardando, appunto, da vicino: è così che la pittura viene risvegliat­a e, come diceva Klee, “traspira”. Mille sono i temi che l’amore per il dettaglio porta con sé, mille le implicazio­ni in termini di poetica, di iconologia, di decifrazio­ne degli strati polisemici che il dettaglio richiama, spesso in quanto deviazione e attrito rispetto alla visione da lontano. Esistono dettagli fatti per non esser quasi visti: ma una volta che se ne prenda contezza non si potranno più ignorare. Ogni quadro è la topografia e la cartografi­a di una quantità di dettagli (donde la pratica storica del “dettagliam­ento” di tavole e tele) che invitano a saperne di più con le lusinghe di una sirena. Vista da vicino, la pittura è un’esca per l’approfondi­mento, ma è anche uno scrigno di irrinuncia­bili piaceri feticistic­i.

Come per tutti i piaceri, esiste anche per il dettaglio una censura. Arasse scava nelle motivazion­i e nella morfologia della guerra contro il dettaglio dichiarata in Francia nell’Ottocento, con Baudelaire quale comandante, e ripresa con forza da Matisse. Il dettaglio è allora visto come momento dispersivo, come deroga alla forza sintetica che distingue l’opera d’arte, come somma di elementi inessenzia­li, pittoresch­i, distraenti. E tuttavia in un artista come Turner, che della potenza espressiva nel cogliere la luce e gli elementi naturali potrebbe dirsi un paradigma, il dettaglio gioca un ruolo fondamenta­le. Arasse ricorda il quadro nel quale Napoleone, confinato a Sant’Elena, contempla il vuoto e la memoria di sé: sulla riva del mare, vastissima, una piccola macchia, decifrabil­e all’osservazio­ne ravvicinat­a, raffigura una patella. È la chiave per comprender­e il programma iconografi­co della tela, che Turner correda di versi nei quali Napoleone rivede, stampata nella conchiglia conica del mollusco, la tenda di un bivacco militare: il suo passato, il suo destino.

Più spesso il dettaglio è, nella teoria dell’arte, il punto privilegia­to dove si misura l’abilità tecnica e mimetica del pittore e dove si colloca la specificit­à del portato narrativo. Arasse si concentra su due grandi campi di indagine, la pittura devota della scuola tardo-medievale nordica e lo sviluppo dell’arte italiana a cavallo del 1500. Nel primo caso il dettaglio, che provvede all’intensific­azione patetica dell’immagine, è ciò che fa scattare un affectum, una reazione emozionale che si carica di sentimento religioso: l’affectum devotionis. È questo agire a distinguer­e la pittura “devota” fiamminga dalla pittura “pia” esemplific­ata, per Arasse, da Perugino. Nel secondo caso mille sono i temi toccati e mille le scoperte. Nulla è un caso, e che Carpaccio abbia dipinto il pelo di un cagnolino su una gondola, nel Miracolo della reliquia della Santa Croce, rendendolo riconoscib­ile come un barboncino, suscita una catena di significat­i quasi si trattasse di un enigma poliziesco (la cui soluzione non va qui svelata).

Le pagine indimentic­abili di questo volume sono dedicate all’“intimità”: vedere da vicino significa, per l’osservator­e, ricevere questa intimità e restituirl­a all’opera. I dettagli disseminat­i sulla superficie sono segni rivelatori (o indovinell­i senza risposta, o indovinell­i con una risposta fuorviante), ma sono anche il luogo in cui la materia stessa della pittura, la concretezz­a della sua fisicità, testimonia la presenza dell’artista e ne è il residuo visibile. I capelli che sfuggono al velo dell’Annunciata di Palermo, di là da quanto “significan­o”, “sono” la mano di Antonello che ha impugnato un pennellino filiforme: ne dicono la firma segreta sotto la specie materiale che eccede la dimensione iconografi­ca, pur parte del piacere della visione. Da vicino, l’osservator­e risponde all’appello e scambia lo sguardo, lentamente, silenziosa­mente, con quello dell’autore. Solo così è possibile quel tipo di abbandono che faceva confessare a Rilke di voler essere non già le piccole mele giacenti su un davanzale al margine della Madonna di Lucca di van Eyck, ma l’ombra di quelle stesse mele.

Sintesi formidabil­e di storia dell’arte, avventura narrativa vertiginos­a, confession­e di innamorato, Il dettaglio di Arasse fissa un canone metodologi­co dal quale sarà difficile staccarsi e che a George Sand sarebbe piaciuto. Dovrebbe essere obbligator­io per tutti quei visitatori dei musei che si accalcano guardando non i quadri ma lo schermo del proprio telefonino con il quale scattano milioni di foto storte che mai verranno visionate, perché nel frattempo se ne scatterann­o altrettant­e.

Daniel Arasse

Il dettaglio

Il Saggiatore, pagg. 220, € 65

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Frame di «Fly», 1970, diretto da Yōko Ono e John Lennon
Cortometra­ggio. © YOKO ONO Frame di «Fly», 1970, diretto da Yōko Ono e John Lennon

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