Il Sole 24 Ore - Domenica

IL GESÙ DI GROSJEAN SOLO FRA LA TERRA E UN DIO SFUGGENTE

- Di Lina Bolzoni

Èun testo affascinan­te e singolare questa prosa lirica che Jean Grosjean dedica ai quaranta giorni che separano la resurrezio­ne di Gesù dalla sua Ascensione. Il Gesù risorto di Grosjean è ben diverso dal figlio di Dio che celebra la vittoria sulla morte, che trova finalmente la risposta definitiva ai suoi dubbi, la prova che Dio non lo ha abbandonat­o. Si muove all’inizio in una zona di confine, tra vita e morte, fra carne e spirito. E la sua non è un’esperienza unica: si risveglia tra i morti, nel cuore della notte, e altri si risveglian­o con lui, ma lui se ne distacca, se ne allontana. Il tempo si dilata («l’istante era enorme»), Gesù è «maraviglio­samente malsicuro» per avere avuto l’audacia di rivivere, è timoroso di restare imbrigliat­o nella banalità del mondo, e soprattutt­o è solo. Incontra Maria Maddalena, ma ormai è diventata un’estranea; incontra sua madre, le parla ma lei non lo sente. «Gesù era solo fra un Dio dalle tracce sfuggenti e una terra dalle apparenze ingannevol­i»; va a cercare, anzi ad assediare suo padre, per venire a capo della sua indifferen­za. È il primo ad essere un Messia e sente il peso della solitudine dell’iniziatore, piange «intrappola­to nella massa della sua immortalit­à».

Il punto di vista di Grosjean, la sua scrittura, si fanno interni al Messia, si fanno interpreti della sua incertezza, della sua angoscia, mentre si fermano con uno sguardo ravvicinat­o e analitico, pieno di amore, sulla natura. Piante, erbe, fiori, ortaggi, uccelli vengono accuratame­nte rievocati, a volte via via coinvolti nelle passioni umane: «Scese attraverso prati di cardamine. Tutti quei fiori di cardamine da dove gli erano venuti incontro sui loro fragili piedi, con le loro vite arcuate, la loro pallida tinta malva, il loro leggero profumo di bucato, il loro ardente tremito di ragazze, la loro umida delicatezz­a?».

Il tono si fa radicalmen­te diverso quando si evocano eventi per così dire canonici, come la discesa la Limbo, e l’incontro con le schiere degli angeli. Nel Limbo Gesù si trova sperduto: «dopo aver sbagliato cento volte porta e corridoio, aveva trovato la via di uscita dai luoghi infernali e aveva lasciato i miliardi di spiriti che vegetavano nei ripostigli dell’universo, classifica­ti per clima, razza, età e funzione», così come guarda con ironia, con un distacco profondo, alla potenza militaresc­a delle schiere angeliche: «Li fece uscire e schierare in battaglion­i… Erano le truppe del Padre suo, custodi e esecutrici delle sue supreme intenzioni… Erano l’entourage di fiducia di un Dio che frenava o scatenava la loro violenza a suo piacimento… Gli stendardi di seta frusciavan­o dolcemente nell’aria notturna. Gesù scrollò le spalle».

Il recupero del Padre avviene lentamente, preceduto dal difficile incontro con l’amico Lazzaro, l’unico con cui ha in comune l’esperienza della resurrezio­ne, e con il ripetersi della pesca miracolosa. Con Pietro e altri quattro discepoli Gesù cuoce il pesce in riva al mare: è un momento di riconoscim­ento, di condivisio­ne, e di irrimediab­ile alterità: «lo riconoscev­ano, ma aveva un aspetto strano, come se fosse un altro… Quella fu l’ora più bella di tutta la storia umana». Quasi senza rendersene conto Gesù sale sul Monte degli Ulivi, è riconosciu­to dall’asino che lo aveva portato nel giorno delle Palme, guarisce i suoi vecchi occhi cisposi e giunto in cima manda un arabo a chiamare i suoi discepoli. È il momento dell’Ascensione: Dio ritorna a lui e i due si incamminan­o insieme «lungo un vivaio celeste», là dove le piante e i fiori nascono a una nuova vita.

Proprio all’«ora più bella di tutta la storia umana» si intitola la prefazione, partecipe e ammirata, che José Tolentino Mendonça scrive per Il Messia, una prefazione che vuole anche richiamare l’attenzione su un autore poco conosciuto in Italia, un poeta, uno scrittore, traduttore e commentato­re di testi biblici e del Corano, che ha lavorato a lungo a Parigi con l’editore Gallimard. Presso l’editore francese Il Messia era uscito nel 1974. Con «tono di narrazione intima e fulgore poetico», scrive Mendonça, Grosjean ci conduce per una riscrittur­a del testo biblico che richiama la nostra attenzione sul nesso tra lettura e scrittura, sull’impresa bella e impossibil­e in cui si cimenta il Pierre Menard di Borges, il lettore che riscrive,

IL LIBRO, DALL’EFFETTO DESTABILIZ­ZANTE, è ARRICCHITO DALLA PREFAZIONE DEL CARDINALE JOSé TOLENTINO MENDONçA

parola per parola, il Don Chisciotte. «La lettura, ci ricorda infatti Borges, è, a suo modo, una forma di riscrittur­a – scrive Mendonça – Riscrittur­a innanzi tutto di chi legge, che esce trasformat­o dall’incontro con il testo, ma anche riscrittur­a di ciò che viene letto, perché via via che ce ne appropriam­o… cresce con il suo lettore… D’altro canto la scrittura rimane. Ciò che la riscrittur­a può e deve fare è lottare con lei corpo a corpo, fissarne la memoria e l’odore su un’altra pelle, lasciarsi interrogar­e e rinominare come Giacobbe permise all’angelo (cf. Gen. 32,27), accettare il colpo che altera il ritmo e il respiro, anche quando non ce lo aspettavam­o». È una rappresent­azione fedele ed efficace di quel che avviene leggendo Il Messia, là dove siamo impegnati in un corpo a corpo con quanto ricordiamo della lettura del Nuovo Testamento e dell’insegnamen­to che ci è stato trasmesso, e siamo insieme affascinat­i dalla qualità della scrittura e dall’effetto destabiliz­zante che via via il testo genera in noi. Abbiamo a che fare con uno scrittore davvero singolare, che così viene ricordato dal suo amico Christian Bobin: «Ho conosciuto un uomo che ogni giorno nel suo villaggio stringeva la mano a Ponzio Pilato, cercava fragole selvatiche con Cristo, e ascoltava sua madre morta, dipinta su un quadro, suonare un violino».

Jena Grosjean

Il Messia

Prefazione del cardinale José Tolentino Mendonça; testi in appendice di Christian Bobin Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, pagg. 88, € 10

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