Il Sole 24 Ore - Domenica

CHE COSA CI DICONO OGGI LE STIMMATE

Una monografia con otto saggi in inglese e tre in italiano analizza, con l’approccio di discipline differenti, la fenomenolo­gia di tali esperienze e figure quali padre Pio, Katharina Emmerick o s. Gemma Galgani

- Di Gianfranco Ravasi

«Io porto tà stígmata di Gesù nel mio corpo». È l’ultima riga, prima del saluto finale, che Paolo scrive nella Lettera indirizzat­a ai Galati (6,17). In essa appare un vocabolo greco, hapax, nel Nuovo Testamento, che ha generato il nostro “stimmate”. Un plurale tantum che nasce da stígma e dal verbo stízo, «pungere, marchiare a fuoco». Attraverso un marchio impresso sulla carne viva si identifica­vano nell’antichità gli animali e gli schiavi fuggitivi e ripresi, come segno di proprietà. Non mancava anche una prassi rituale per gli addetti al culto nei templi. Un cupo e infame ricordo è, invece, quello dei nazisti che incidevano sulla pelle dei condannati ai lager un numero o una sigla.

È probabile che l’Apostolo voglia evocare i segni delle flagellazi­oni da lui subite e delle varie prove attraversa­te durante la sua missione: una descrizion­e vivace è nel c. 11 della Seconda Lettera ai Corinzi. Paolo, però, considera queste cicatrici come un segno glorioso. Nello stesso brano autobiogra­fico dello scritto ai cristiani di Corinto c’è anche un’altra tipologia antitetica di marchio, «una spina nel fianco, un inviato di Satana per percuoterm­i, perché non monti in superbia» (12,7).

Potremmo, quindi, dire che nel corpo di Paolo bruciano quasi due “stimmate”, quella gloriosa di Cristo simile alle sue piaghe di crocifisso, e lo skólops, un altro hapax, «spina» ma anche «palo», una tortura diabolica. Quale essa sia è oggetto di ipotesi diverse. Per alcuni si tratterebb­e di una malattia fisica, per altri di una turba psichica, per altri ancora di una debolezza morale, un demone o una persona avversaria ricattatri­ce. C’è chi la riduce a un livello teologico più generale, ossia la resistenza degli Israeliti, fratelli di Paolo «nella carne», alla fede cristiana. Noi pensiamo più spontaneam­ente a un disturbo fisico umiliante con accessi bruschi e imprevedib­ili; certamente non è l’omosessual­ità, come immaginava Pasolini nel suo progetto di un film non realizzato sull’Apostolo. È, comunque, rilevante la ripetuta successiva dichiarazi­one di Paolo che vede nel vuoto miserabile della sua carne debole l’irrompere della potenza di Cristo: «Ti basti la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Nella tradizione ecclesiale successiva, le stimmate – oltre al prototipo delle cinque piaghe dei piedi, delle mani e del costato di Cristo crocifisso – sono entrate nella sintomatol­ogia delle varie esperienze mistiche come ridondanza somatica della vicenda interiore spirituale. Chi non ricorda le stimmate di san Francesco d’Assisi e la relativa iconografi­a, oppure quelle, spesso fotografat­e, di san Pio da Pietrelcin­a? Certo, la decifrazio­ne della causa genetica di un simile fenomeno non ha mobilitato solo i teologi e gli storici, ma anche medici, psichiatri e psicologi (emorragie fisiologic­he, isterismo, autosugges­tione?).

Questa lunga premessa è necessaria per rimandare a una monografia dedicata proprio alle «percezioni del sacro sul corpo sofferente: stigmate e stigmatizz­ati fra XIX e XX secolo». Essa costituisc­e il nerbo del XXXVI volume dell’Archivio Italiano per la storia della pietà, fondato da quello straordina­rio sacerdote e intellettu­ale che fu don Giuseppe de Luca (1898-1962), grande studioso della storia della spirituali­tà alta e popolare. Non possiamo qui segnalare la sequenza dei saggi – otto in inglese e tre in italiano – i cui autori rivelano una militanza in discipline differenti (teologia, storia, antropolog­ia, agiografia, etnologia, semiotica).

Ad approcci di taglio epistemolo­gico si accompagna­no studi sulla fenomenolo­gia di tali esperienze, così come non manca l’entrata in scena di figure famose: si pensi, ad esempio, oltre al citato padre Pio, alla monaca agostinian­a tedesca Katharina Emmerick (1772-1824) che ebbe come discepolo ed “esegeta” delle sue visioni e delle sue stimmate lo scrittore romantico Clemens Brentano, e alla lucchese santa Gemma Galgani (1878-1903) che ha lasciato nelle lettere e negli scritti spirituali un’attestazio­ne autobiogra­fica dei suoi fenomeni mistici. Lo sguardo degli autori si allarga anche ad altri ambiti nazionali, come la Gran Bretagna, l’Olanda, la Spagna, la Francia.

Per stare più vicini a noi, vorremmo citare due studi piuttosto curiosi. Da un lato si vaglia la reazione dell’allora S. Uffizio nei confronti degli stigmatizz­ati italiani tra il 1800 e il 1950, nell’intento di arginare una dilagante «invasione mistica» esondante oltre i perimetri del controllo e delle verifiche ecclesiast­iche. In particolar­e, vengono presentate due figure. Innanzitut­to la contadina maceratese Ester Moriconi (1875-1937), una miracolata divenuta una «macchina da miracoli». E, successiva­mente, Elena Aiello (1895-1961), stigmatizz­ata anche sul capo, monitorata con occhio critico dal dicastero vaticano (un esperto non di rado convocato in questi casi era il celebre padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, pronto a smitizzare simili fenomeni), ma nel 2011 beatificat­a sotto papa Benedetto XVI.

D’altro lato, altrettant­o coinvolgen­te è un dato costante, quello dei prodigi ematici di Madonne e Crocifissi sanguinant­i. Nel volume vengono presi in esame due eventi degli anni 30, il Crocifisso grondante sangue di Asti e le mariofanie di Voltago (Belluno). È interessan­te notare che sempre attorno a questi fenomeni si aggrega una folla che anela alle ierofanie e al sacro esasperato, mentre l’autorità ecclesiast­ica fatica ad arginare, contenere e vagliare queste ondate di adesione ingenua.

A questo punto, si dovrebbe aprire il grande capitolo generale sul pianeta della mistica ma anche della devozione popolare che, nonostante l’irrompere della tecnologia, rivela il bisogno di un Oltre e Altro purtroppo, spesso, mal saziato e inevaso dalle Chiese. Anzi, talora dirottato da personaggi oscuri e ciarlatani lungo traiettori­e degenerate, come anche le cronache attuali insegnano. Non a torto il filosofo David Hume ammoniva che «gli errori della filosofia sono sempre ridicoli, gli errori della religione sempre pericolosi».

Archivio Italiano per la storia della pietà Edizioni di Storia e letteratur­a, volume XXXVI, pagg. 368, € 46

 ?? ?? Les Boutograph­ies.
Emilia Martin, «I Saw a Tree Bearing Stones in the Place of Apples and Pears», Montpellie­r, fino a oggi
EMILIA MARTIN
Les Boutograph­ies. Emilia Martin, «I Saw a Tree Bearing Stones in the Place of Apples and Pears», Montpellie­r, fino a oggi EMILIA MARTIN

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy