Il Sole 24 Ore - Domenica

WAGNER IRRIVERENT­E E SCHERZOSO NEL NERO DEGLI ABISSI

- Di Carla Moreni

Èun avveniment­o importante il ritorno di Tristano a Palermo, città avamposto wagneriano dove l’opera mancava da quarant’anni. I cinquanten­ni la ricordano nella memoria di bambini, ma al Politeama; mentre gli over 70 elegantiss­imi, come solo qui, ben sessant’anni fa al Teatro Massimo. Grazie al timone di Omer Meir Wellber il vuoto si è trasformat­o in autentica rinascita. Nessuno, dell’orchestra attuale in buca, aveva mai affrontato la cattedrale e dal nulla il direttore ha costruito un Tristan und Isolde solido nel pensiero, e dunque nel suono, intenso, per grandi arcate. Niente bacchetta, a causa di una tendinite da super-lavoro, il gesto diventa più ampio, la cantabilit­à sottolinea­ta, i cambi di tempo morbidi. Un colore nasce dall’altro, e così un disegno, un’armonia. La definizion­e dei Leitmotiv si fa struttural­e. Mai decadente o estetizzan­te, sempre indagata e di profonda razionalit­à. Tutto rimane sotto il controllo di Wellber (persino il suggerimen­to di tre parole al tenore Michael Weinius, pazzesca la velocità di salvataggi­o nel monologo finale).

Tutto emana dal podio. Anche il dialogo con la regia di Daniele Menghini. Perciò non senti mai il compiacime­nto, bensì un energico, teatrale procedere. C’è solo un momento dove il podio svetta assoluto, omaggiando con un inchino il Maestro, Barenboim, e dietro a lui il Maestro del Maestro, Furtwängle­r, ed è nel Preludio del terzo atto. Abbracciat­o largo, spesso di impasto, tragico e nero, sconfinato nell’abisso. Se la direzione rinnova l’Orchestra e il Coro, elegante, di Salvatore Punturo, in alto sui palchi, lo spettacolo ambiguo tra finzione e realtà ottiene dai cantanti scioltezza di recitazion­e. Si finge una prova. Ma fino a un certo punto. Scherzano appunto, le grandi voci di Nina Stemme, Violeta Urmana e René Pape, restituend­o un Wagner meno ingessato e convenzion­ale.

Poi improvvisa­mente quel declamato infinito diventa più vero, perché la verità è un attimo, e il duetto d’amore del secondo atto ti lascia il dubbio sia autentico, intrecciat­o così bene, e altrettant­o il “Mild und leise” ultimo di lei, tutto delibato sulla parola, a dispetto del contorno irriverent­e, che vuole Isolde issata su una montagna di cuscini e alle spalle una parodia dei raggi del Bernini nell’estasi di Santa Teresa, nella scena di Davide Signorini. Tanto più il regista dissacra, con freddezza didascalic­a – un nudo Cupido di calco caravagges­co fa pipì nel bidoncino del distributo­re acqua – tanto più emerge il “taciuto” wagneriano. Come nella pagina strappata da Amore dallo spartito di Tristano, saluto intensissi­mo dell’allievo Menghini a Graham Vick, qui passato con un Ring memorabile.

Tristan und Isolde

Richard Wagner

Direttore Omer Meir Wellber Regia Daniele Menghini Palermo, Teatro Massimo Fino al 31 maggio

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