LA GIOSTRA DI ROTH AL LIMITE DELLA STORIA
La scena degli ultimi anni sta attingendo con sempre maggior frequenza alle grandi narrazioni romanzesche: dalla Trilogia della città di K di Ágota Kristóf adattato dalla compagnia Fanny&Alexander, a Ho paura torero di Lemebel con la regia di Claudio Longhi, fino a M di Scurati firmato da Massimo Popolizio, il teatro sembra affamato di letterature d’ampio respiro. In questo solco si colloca anche La cripta dei cappuccini, diretto da Giacomo Pedini (produzione Mittelfest), una trasposizione del celebre romanzo di Joseph Roth (Adelphi, 1974). L’adattamento, firmato dallo stesso Pedini con Jacopo Giacomoni, riesce a mostrare (al netto di qualche lungaggine) il filo che sempre lega le biografie singolari e i grandi rivolgimenti storici.
Il protagonista Ferdinando Trotta è figlio dell’impero austroungarico, cresciuto tra gli ideali nazionalisti del padre e le rigidità teutoniche della madre (Ivana Monti): il romanzo ne fa un testimone impotente e spaesato del primo conflitto mondiale e delle metamorfosi geopolitiche che seguirono. Il ruolo del protagonista è affidato Natalino Balasso, che mette al servizio della regia non solo la sua esperienza di attore ma anche una sorprendente somiglianza con Joseph Roth: il suo sguardo sornione, che pare sempre cogliere le assurdità dell’esistenza, sottolinea silenziosamente – con la semplice familiarità del volto – la matrice autobiografica del romanzo. La scenografia (di Alice Vanini) è una giostra che non smette di girare, come gli eventi storici che si susseguono e su cui gli esseri umani non hanno controllo: il carillon è popolato dai personaggi della vita di Trotta – moglie, amici, figli, compagni d’affari e di bevute – incarnata da una squadra affiatata di otto attori, sempre in bilico tra realismo e grottesco (notevoli Camilla Semino Favro e Matilde Vigna). Sullo sfondo, una Mitteleuropa al tracollo, che riverbera sulle macerie dell’oggi senza suggerire forzate attualizzazioni; fuori dal teatro, Gorizia città di confine pare quasi un’estensione della scenografia, simbolo delle mutevoli cartine geografiche indagate dallo spettacolo. Il progetto (una coproduzione Italia/Slovenia nata nell’ambito di Gorizia/Nova Gorica Capitale Europea per la Cultura) prosegue con altri due spettacoli tratti dallo stesso romanzo, che debutteranno in autunno. Intanto, La cripta dei cappuccini diventa (in versione ridotta) un radiodramma per Rai Radio 3: un’occasione per riscoprire il dettato diretto e nitido di Roth, e la sua capacità di scavare nei territori liminali. Ci sono romanzi – ha annotato Daniele del Giudice (Del narrare, 2023) – che sanno diventare «zona di detriti e di emergenze, di quel che emerge al limite».
La cripta dei cappuccini Joseph Roth
Regia di Giacomo Pedini Visto a Gorizia, Teatro Verdi Rai 3, Radiodramma, 8 giugno (22.00)