Pagina dopo pagina
L'ebook avanza. La carta non sparisce. La vera, buona notizia,
però, è un'altra: torna il piacere di leggere articoli e libri anche molto lunghi. E corposi. Per conoscere, capire,
ragionare. Oltre i 140 caratteri di Twitter
Quando, nel febbraio di 2013, dalle pagine di LeMonde, Philip roth profetizzò la riduzione, in trent’anni, dei lettori di vera letteratura a un numero pari a quello degli odierni frequentatori delle poesie in latino, nessuno ha fatto una piega. e pure quando, dai guru dei formati elettronici e della comunicazione online d’oltreoceano, sono arrivati gli editti apocalittici sulla la resistenza è stata poca. Poi, si è scoperto che, dagli Usa, al posto dell’invasione degli ebook (rimasti fermi a poco più del 20 per cento), è arrivata la riscossa delle librerie indipendenti, e che, invece della lettura mordi e fuggi, c’è un nutrito gruppo di persone, distratti millennials compresi, che preferiscono concedersi lunghe letture sfogliando pagina dopo pagina. porti elettronici, e la lettura profonda ( deep reading), richiesta da un testo complesso e su carta. dalla sua parte ci sono dati chiarissimi, con il solo 16 per cento che legge una pagina digitale parola per parola, e la maggioranza che vi si sofferma poco più di un minuto. “Lo sviluppo della cultura occidentale è sempre stato cumulativo, ma in questi ultimi decenni si è affermata una linea sostitutiva e, sia giovani sia adulti,
dice benedetto vertecchi, docente di Pedagogia Sperimentale all’università roma tre e presidente del Centro europeo dell’educazione. “La conseguenza è che molta parte della nostra attività cerebrale collegata alla comunicazione si è spostata su
con il rischio di perdere il coordinamento intelligente mente e mani, di una concentrazione sempre più febile e di una capacità di comprensione del testo in rapida decadenza”.
Non che non ce ne fossimo accorti. Se non altro perché ricerche come quella dell’università norvegese di Stavanger hanno dimostrato che leggere uno stesso racconto su carta o su Kindle non ha gli stessi effetti sulla memoria. Mentre lo studio della linguista Naomi baron, dell’American University di Washington, autrice di Words onscreen. The fate of reading in a digital world (oxford University Press, 2015), oltre a smontare il mito dell’ereader più economico ed ecologico, rivela che sono gli stessi Ta Prohm, Cambogia: è il nome moderno del tempio Rajavihara (XII- XIII sec.). Questa immagine e le successive fanno parte del progetto The Long Term Traveler, del fotografo Emanuele Del Bufalo (v. riquadro a pag. 161). I tempi lunghi del progetto evocano il ritorno della “long form” nel viaggio, così come accade anche nella lettura contemporanea, cui è dedicato il Dossier di Dove.