L’Asia allo specchio
AnAtlasofMirrors è il titolo-tema della 5 Biennale d’Arte di Singapore che, sino alla fine di febbraio 2017, rifletterà su identità, culture, storie di genti geograficamente vicine alla città–Stato asiatica. I 63 artisti invitati, di 19 Paesi, hanno così indagato e reinterpretato le complesse relazioni condivise dai vari popoli di questa parte di mondo. come l’installazione del cinese Deng Guoyuan, dal titolo Noah’sGardenII: una casa di specchi popolata di piante finte dai colori vividi. l’effetto è quello di un caleidoscopio. Aggirandosi nello spazio, si prova quasi un senso di vertigine nello scoprire a ogni passo un mondo ignoto. “Siamo invitati a sperimentare i diversi modi di vedere noi stessi e il mondo che gli artisti mettono in campo”, spiega Susie Lingham, direttore creativo della biennale. Al centro di molte opere, la dicotomia fra afflato religioso e corsa alla modernità e alla scienza. Si coglie in Aftermath, il titanico murale di Pannaphan Yodmanee, artista thailandese, che rappresenta la cosmologia buddhista in continua tensione con il tecnicismo contemporaneo. Più interiore la ricerca dell’indonesiano Made Djirna, che vuole superare il diaframma fra un'identità legata alle proprie radici, simbolizzate da un’antica piroga di legno, e il mondo esterno, rappresentato da una comunità di centinaia di figure di terracotta, quindi fragili, ma con visi espressivi che salvano l’individualità. Ad attraversare tutta la rassegna la voglia di raccontarsi, come singoli e come collettività: le opere dell’Art Museum e delle otto location esterne sono storie da leggere e - come spiega il titolo della Biennale, - costituiscono specchi dell’Asia contemporanea (singaporebiennale.org).
zioni: vuole fare della Città del Leone il primo modello di smart nation del mondo e per questo ha varato un piano, la Smart National Platform, Snp. In sintesi: una città-stato governata da algoritmi capaci di tradurre in risposte per la collettività (dunque in risposte politiche) una gigantesca mole di dati personali raccolti in rete (in barba alla privacy). L’82 per cento degli abitanti di Singapore ha Internet: la navigazione alimenta i server del Paese più connesso dell’Asia. Il dubbio è che uso verrà fatto di questa imponente massa di dati. Certo, una parte servirà a stimolare ancor più la produttività. Una parte potrà rispondere alla crescente richiesta di una migliore qualità della vita per i cittadini. Quanto verrà piegato per rafforzare il controllo sociale e politico, schedare gli immigrati, soffocare il dissenso, oscurare la libera espressione e la creatività? Nel frattempo Singapore affronta un’altra sfida: valorizzare le differenze tra le diverse culture ed etnie che qui convivono (cinesi, malesi, indiani, expat occidentali e nuovi immigrati indonesiani),