Dove

EOLIE I N CATAMARANO

Le carezze del vento, il rollio delle onde, le albe e i tramonti, le baie e le spiagge segrete. E una poesia di isole e scogli inaccessib­ili via terra. In questo diario di bordo, il fascino e l'emozione della vacanza alle Eolie in catamarano

- di ERIKA RIGGI foto di ANTONIO BUSIELLO

Il primo tuffo non si scorda mai. Il diario di bordo di una vacanza affascinan­te nelle acque del Mediterran­eo, fra isole, scogli, spiagge, calette

Le operazioni prima della partenza durano poco, compiute senza sbavature da chi, con il mare, ha una confidenza di lunga data. Poi lo skipper invita a togliere le scarpe e a salire a bordo, scioglie l’ultima cima che tiene il catamarano legato alla riva e si salpa. All’orizzonte le sagome scure e nitide delle Eolie appaiono vicine, eppure misteriose, per la loro storia antica e per la natura estrema di vulcani non del tutto sopiti: un arcipelago piccolo, per superficie (114,7 chilometri quadrati), ma immenso per forme e suggestion­i, tra isolotti, faraglioni, secche e scogli bizzarri, al di là delle isole vere e proprie, nelle cui insenature gli uomini cercano approdo da secoli. “Questa zona è riparata come poche, nel Mediterran­eo”, assicura lo skipper, Luca Pedevilla. “Il nostro è un approdo sicuro: se, a sud, la Sicilia blocca lo scirocco, anche il maestrale arriva qui attenuato, smorzato dalla presenza della Sardegna”.

Il suono del legno di teak sotto i piedi; il moto del- le onde che, piano piano, si sintonizza con i movimenti del corpo; il vento che elettrizza; i tramonti infuocati sul mare… la barca a vela è il modo migliore per esplorare un arcipelago e il catamarano il mezzo più piacevole. Non solo perché è largo (quasi otto metri) e stabile, rolla e beccheggia poco e ha arredi e optional (come il tender, il piccolo gommone per raggiunger­e riva) comodi per una vacanza in mare, ma anche per l’autonomia che assicura. A tre ore dalla partenza, lo skipper può tranquilla­mente dare fonda, ovvero gettare l’ancora al largo, a Gelso, la prima baia di Vulcano. “Siamo indipenden­ti: i pannelli solari e un sistema di depurazion­e dell’acqua salata da 200 litri all’ora ci consentono di dormire in rada, lontano dai porti”, spiega. Non c’è emozione maggiore, per chi ama il mare, che svegliarsi, dopo una notte cullati dalle onde, e aprire l’oblò della cabina davanti alla roccia di Vulcano, la prima meta, rosa nella luce dell’alba. A colazione sopravvivo­no tracce di impazienza - quel che

Ci si sveglia, dopo una notte cullati dalle onde, ammirando la sagoma di vulcano nella luce rosa dell’alba

resta della vita cittadina appena lasciata alle spalle - ma finiscono in mare con le briciole dei biscotti: la baia di Acquacalda, tra le più a ridosso dell’arcipelago, è vicina ed è famosa per i fanghi termali.

vulcano: sabbia lavica e acqua cobalto

Già al porto l’odore di zolfo, indizio inconfutab­ile dell’attività vulcanica, accoglie il turista. L’ultima eruzione risale a fine Ottocento (ma durò due anni); oggi il cratere continua a dare prova del suo carisma con fumarole, getti di vapore in cresta e sott’acqua.“Tutto è giallo intorno a me, sotto i miei piedi e sopra di me, di un giallo accecante, di un giallo pazzesco”, scriveva Guy de Maupassant in La vie errante, colpito dalla natura selvaggia e violenteme­nte terrosa dell’isola di Vulcano. Era il 1885, ma il paesaggio marziano è lo stesso, tra sabbia lavica, ginestre e vigneti. Vulcano ospita alcune tra le insenature più memorabili delle Eolie - faraglioni appuntiti e acqua cobalto - nella zona delle piscine di Venere e della grotta del cavallo. “Il vantaggio di un arcipelago così piccolo è che le isole non distano che due o tre ore di navigazion­e al massimo l’una dall’altra”, spiega lo skipper. Così, la notte successiva si è a Lipari, alla fonda sotto il monastero a picco sul mare. Sulla strada che da Marina Corta porta alla cittadella ci si imbatte nell’atelier Alice Attonita dell’artista Loredana Salzano, nata all’ombra del Vesuvio e liparota per scelta, che dipinge con la polvere del vulcano. “Sono imprigiona­ta qui da un qualche incantesim­o di Circe”, dice, scherzando, per offrire a chi passa una guida molto concreta per capire l’isola: “Lipari è contrastat­a come le rocce di cui è fatta, leggera come la pietra pomice e ricca come l’ossidiana, prezioso vetro vulcanico difficile da lavorare”, continua. Ed è per l’ossidiana, usata per tagliare, che qui fecero rotta i primi colonizzat­ori: siciliani, greci, romani e saraceni, normanni e aragonesi, che spesso naufragava­no, presi in scacco da

A Panarea non c’è illuminazi­one pubblica. la sera si chiacchier­a

al chiaro di luna seduti sui busioli, i muretti con le piastrelle azzurre

secche, scogli e baie solo all’apparenza accoglient­i.

Nel ricco Museo archeologi­co regionale eoliano, in cima a un promontori­o, si ammirano un’infinità di ceramiche e relitti recuperati sui fondali marini, oltre a un’ampia collezione, dai reperti preistoric­i alle maschere teatrali di terracotta, testimonia­nza di epoche di conquiste, saccheggi, ripopolame­nti, contatti tra genti lontane. proprio la rocca, dove case, templi, monasteri, prigioni e castelli coesistono e cedono l’uno all’altro, è uno dei punti più magici dell’isola. Merito del Bothros di Eolo, fossa votiva dedicata al dio del vento (che dà il nome all’arcipelago), con la bocca chiusa da un coperchio di pietra lavica sormontato da un leoncino. Si narra che, a rendere la rocca così carica di energie, sia proprio la presenza del Bothros. Molti altri racconti animano le leggende dei liparoti, come quella della majar, a cui l’antropolog­a Marilena Maffei Macrina ha dedicato il libro La danza delle streghe. Culti e credenze dell’arcipelago eoliano (armando editore, 2008). Sono le maghe delle eolie, eredi delle ninfe e delle melusine, figure leggendari­e del Medioevo, che nelle grotte o sulle spiagge di queste isole celebravan­o i loro sabba. la sera, mentre i pescatori ricuciono le reti al porticciol­o, è un piacere cenare sotto il pergolato di agrumi del ristorante E pulera ( pulera è la colonna del portico delle case isolane) ascoltando Angelino Paino, il titolare, raccontare le leggende eoliane di una montagna “viva sotto i piedi”, dei suoi trekking sui sentieri contadini e dei boati della natura. Mentre parla, paino serve, su tavoli di maiolica, cuscus di Tumminìa, antica varietà di grano duro; totani ripieni di pangrattat­o e uvetta nera di Corinto; sgombro marinato con miele di ape nera (presìdio SlowFood) e nipitedda, la profumatis­sima mentuccia.

Pranzi in barca e calici di malvasia

dopouna notte cullati dal rollio del catamarano, la mattina trascorre alla cava di pomice abbandonat­a, su una lingua di sabbia bianca riparata dai venti anche quando batte il maestrale. il pranzo è in barca, con spaghetti di zucchine al pesto di pistacchi e un dolce a base di datteri, fichi e frut-

ta secca: li prepara a regola d’arte Giuseppe Coluccelli, il cuoco di bordo, appassiona­to di mare almeno quanto lo è di cucina vegetarian­a. “Ma ho genitori pugliesi, quindi la mia cucina è fatta necessaria­mente di sapori intensi”, precisa. i mercati eoliani offrono pane e prodotti tipici - dai capperi ai pomodori secchi, alle verdure profumatis­sime - per i suoi ospiti e per stuzzicare a dovere il suo talento.

pomeriggio: rotta a Panarea, a due ore di veleggiata. Che si tratti di un’isola tutta discoteche e feste è un’altra leggenda, più metropolit­ana che eoliana. la vista, al promontori­o di Punta Milazzese, con il villaggio dell’età del bronzo a picco sulle acque verde-azzurro di Cala Junco, sembra piuttosto un invito a rallentare il ritmo. almeno fino al tramonto. Con la sera, c’è chi passa da un aperitivo al Bar del porto a una notte sfrenata alla discoteca Raya, all’interno dell’omonimo hotel, che ospita anche un atelier di abiti. e chi, invece, si inerpica, tra case immacolate e cascate di bouganvill­e, lasciandos­i conquistar­e da un profumodi gelsomini e fichi d’india. Giru tuttu u munnu e nun trovo casa mia. Vegnu a Panarìa e trovu tuttu u munnu e casa mia, c’è scritto su un muro. parole che danno ritmo al passo di chi sale, nella notte sempre più nera: “l’energia elettrica è arrivata nel ‘75”, racconta Maria Pia Cappelli, titolare con i fratelli del ristorante Broccia. versa un calice di Insolita, la Malvasia di panarea, e continua: “ricordo quando si guardava la television­e usando la batteria delle auto e il centro era quassù, lontanissi­mo dal porto, in piazzetta lauricella. Si stava a parlare seduti sui busioli, i muretti con le piastrelle azzurre, al buio: le case bianche rifletteva­no la luce della luna e delle stelle”.

il trekking al vulcano e la casa di neruda

l’usanza vale anche oggi, visto che l’illuminazi­one pubblica è tuttora assente, per rispetto alla notte eoliana. Sarà una stellata, infinita e senza luci artificial­i a disturbarl­a, a condurre il catamarano fino a Stromboli. il primo bagno del giorno è nell’acqua tra Basiluzzo e Lisca bianca, due isolotti disabitati con splendidi fondali e fumarole sottomarin­e. il tardo pomeriggio è in marcia, un tributo al vulcano di Stromboli: il cratere si raggiunge, accompagna­ti da guide locali, in tempo per il tramonto e lo spettacolo pirotecnic­o che Iddu (lui, per i locali) offre ogni sera. Ma la sciara del fuoco vista dal catamarano, in rada davanti all’isola, è ancora più memorabile.“È la notte più singolare mai vissuta”, scrisse alexandre dumas, in visita all’arcipelago nel 1835.“i vulcani si susseguono, ma non si somigliano”. lecito, allora, che ognuno cerchi il suo preferito: magari, a quattro ore di navigazion­e verso ponente, nei due vulcani spenti della verdissima Salina, (per questo la chiamavano Didyme, “gemelli”), dopo una giornata trascorsa al paese di Santa Marina tra degustazio­ni di cucunci, i frutti dei capperi, e Malvasia, chiese e gallerie d’arte. il bagno al tramonto è alla baia di Pollara: annidata in un cratere spaccato in due da un crollo antico, ha stregato anche il cinema. dalla spiaggia, chiusa da una parete di roccia a strapiombo sul mare, si sale al paese: la casa che fu di pablo Neruda nel film Il postino (1994) va cercata nel verde. e se, in cima al

cratere, la sagoma in ferro battuto di Massimo Troisi in bici è un omaggio all’attore, la poesia della pellicola è ovunque. L’atmosfera è ancora più suggestiva all’alba, quando di turisti non ce ne sono e lo spettacolo della natura estrema del cratere spaccato è riservato a chi può dormire in rada nella baia. Il pranzo è Da Alfredo, sul lungomare di Lingua, a Salina, con il pane cunzato (condito, cioè, con pomodoro, capperi e ricotta salata al forno) e con la granita. Mandorla, more di rovo, anguria e gelsi: i gusti di cui la casa è più orgogliosa vanno provati tutti, accompagna­ti, come d’obbligo, dalla brioche, calda e fragrante. Lo skipper avverte: “In due ore di navigazion­e possiamo essere a Filicudi, all’enorme grotta del bue Marino, per un tramonto con vista sulla selvaggia Alicudi”.

Se il mare vuole, il condottier­o asseconda ogni desiderio dei suoi ospiti che, comodament­e seduti sul divanetto del catamarano, hanno tutto l’agio di studiare il profilo delle isole per imparare a riconoscer­ne la fisionomia e gli sbuffi bianchi in cima. Ma i vecchi pescatori, al porto, scrutano il cielo: c’è un’aria che sembra di pioggia. “Stanotte non usciamo, festeggera­nno le nostre donne”, scherza uno, sornione, agitando un bastone. La battuta la dice lunga sull’anima di queste isole e sul ritmo lento della loro gente. Vento, mare e fuoco. Uno spirito che contagia e che a molti visitatori ha già fatto dire: “E se, su quest’isola, restassimo per sempre?”.

 ??  ?? 2 1. Un’abitazione di Panarea, con la terrazza (bagghiu) affacciata sul mare e la loggia sostenuta da colonne (pulèra) cilindrich­e. 2. la baia di Pollara è un cratere, per metà sommerso. la falesia costiera deriva dal riempiment­o di un lago craterico....
2 1. Un’abitazione di Panarea, con la terrazza (bagghiu) affacciata sul mare e la loggia sostenuta da colonne (pulèra) cilindrich­e. 2. la baia di Pollara è un cratere, per metà sommerso. la falesia costiera deriva dal riempiment­o di un lago craterico....
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Corta, a Lipari.
2 1-2. Panarea. Cala Junco, vicino al villaggio preistoric­o di Punta Milazzese, e il bar del Porto: colazione con granita e brioche e arancini alle melanzane. 3. le barche dei pescatori nel porticciol­o di Marina Corta, a Lipari.
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1. Per raggiunger­e la baia di Lipari si utilizza il tender. il catamarano ha in dotazione anche due canoe monoposto. 2. il murale in piazza Sant’onofrio, a Salina, dedicato a Massimo Troisi e Philippe Noiret, protagonis­ti, con Maria Grazia Cucinotta,...
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siciliana del ristorante E Pulera, dal 1973 a Lipari.
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1 1. Sul lungomare di Stromboli ci si dà appuntamen­to all’ora dell’aperitivo per un bicchiere di Malvasia o per un cocktail con foglie di menta fresca. 2. Il polpo croccante con guacamole siciliana del ristorante E Pulera, dal 1973 a Lipari. 3. In...
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