FRANCIA
Quella di Bourg-en-Bresse, a un'ora da Lione, è una terra d'altri tempi. Dove incontrare artigiani del gusto, custodi di tradizioni secolari. E dove, tra folclore e saggezza contadina, un pollo è molto più di un animale da cortile
Campagna di Francia. Bourg-en-Bresse è una terra d’altri tempi, a un’ora da Lione. Tra folclore e saggezza contadina, qui il pollo regna sovrano
commozione. Forse anche invidia: i grandi amori la provocano sempre. e lo era davvero quello di margherita d’asburgo (1480-1530), reggente dei paesi Bassi, per Filiberto il Bello, duca di savoia (14801504), morto precocemente dopo una sfortunata partita di caccia. rimasta sola, l’inconsolabile principessa aveva convocato i più bravi maestri e carpentieri europei perché innalzassero un complesso monumentale degno di ospitare la salma dell’amato sposo. ed eccolo, l’impressionante Monastère Royal de Brou, defilato alle porte di Bourg-en-Bresse, quasi a evitare l’oltraggio di essere circondato da costruzioni venali e dozzinali. Tre chiostri, due sale capitolari, quattromila metri quadrati a disposizione dei monaci benedettini che un tempo avevano il compito di pregare per il principe scomparso.
e poi la chiesa, capolavoro cinquecentesco del gotico fiammingo, in questa contrada a meno di un’ora da Lione: la facciata bianca che pare un ricamo di pietra, il tetto a mosaico che ricorda la vicina Borgogna, la navata a volta ogivale, i pilastri possenti, gli stalli intarsiati. e le tombe: di Filiberto, al centro, circondato da dieci sibille; della madre, margherita di Borbone, tra figure piangenti; di margherita d’asburgo, su un letto da parata incorniciato da statuette.
MEGLIO DI VERSAILLES
roba da scomodare la sindrome di stendhal per tanta bellezza. del resto, nel 2014 erano stati gli stessi francesi ad accendere i riflettori sul monastero reale, indicandolo come il preferito tra i tanti siti architettonici sparsi per il paese, addirittura più amato della cattedrale di strasburgo, dell’abbazia di le montsaint-michel, dell’esagerato Château de versailles. e in effetti, nelle sere d’estate, a migliaia si accomodano sul prato antistante per ammirare il Son&Lumière,
alchimia tra voci e luci, tecnologie digitali e musiche epiche che ogni anno va in scena sulla facciata del monastero di Brou e che lo sceneggiatore Gilbert Coudène, per anni, ha trasformato in un viaggio onirico nella storia e nelle storie di questa terra, dei potenti che l’hanno governata e degli umili che l’hanno resa fertile. È sua anche l’analogia arguta: “È un autentico Taj mahal di Francia”. sicuro. Quando il buio s’impadronisce del cielo di Bourg-en-Bresse e debutta il grande spettacolo sull’amore regale entrato nel mito, sono in tanti a esibire il volto estatico e inebetito di tutti gli spasimanti.
POLLI E PANNOCCHIE
mai fidarsi delle rotte troppo comode. perché la campagna francese è sconfinata e, vista dai frettolosi che transitano sulla veloce strada dipartimentale, assume un aspetto troppo vago e generico. allora biso- gna andare a destra e a sinistra; accettare il rischio di perdersi; scoprire che gli incontri migliori sono con gli imprevisti: come il castello di Fléyriat, pochi chilometri a nord di Bourg-en-Bresse, spesso utilizzato come set cinematografico per film francesi ambientati nell’ottocento. la meta finale è almeno nota e porta il nome di Ferme de la Forêt, abitazione-fattoria del piccolo borgo di Courtes, facsimile delle case agricole di un tempo, in travature lignee e mattoni.
ed è istintivo puntare verso la zona collinare del revermont per raggiungere St-Étienne-du-Bois, con le stesse costruzioni rurali che un tempo potevano essere smontate e rimontate altrove. strane. ingentilite da pannocchie di grano che penzolano dal tetto e dai balconi come piccole divinità incaricate di proteggere il luogo, e colme, all’interno, di vecchi costumi contadini e strumenti di lavoro naïf, ma che in passato assicuravano il pane e qualcos’altro. “specie protetta”, assicurano i volontari che tengono in vita il piccolo, grande patrimonio rurale della Bresse, perché quelle dimore secolari – spiegano – sono l’emblema di un mondo in via di estinzione. e a loro modo sono protetti anche i famosi poulets de Bresse, vere star della gastronomia nazionale e unici volatili d’oltralpe a denominazione di origine controllata: polli dalle zampe bluastre, dal piumaggio interamente bianco e dalla cresta rossa, che zampettano in libertà per aie e cortili, per diventare poi dei talismani nei menu di locande e ristoranti gourmet. anche nella prestigiosa carte del menu del grande Georges Blanc, uno degli chef più influenti di Francia, tre stelle michelin e un ristorante nella piccola Vonnas, dove andare almeno una volta nella vita per potere dire agli amici “ci sono stato e l’ho pure conosciuto”. Un mondo a parte, un mondo corteggiato. del resto, è il male sottile dei francesi: tutti fieri di parigi e delle loro belle città, ma poi innamorati dei luoghi dove non bisogna sgomitare per guadagnarsi il proprio spazio vitale. i numeri sono pettegoli e rivelano tutto: erano in 11,8 milioni a vivere in campagna nel 1982, oggi sono oltre 14 milioni. e vorrà pur dire qualcosa.
anche qui, a Treffort, paesino fotogenico dove la Bresse va a sbattere contro i rilievi del Giura e le colline della Borgogna: il mercato coperto del Trecento, il vecchio borgo dalla storia agitata perché un tempo, tra savoia e Franca-Contea, c’era sempre qualcuno che aveva pretese espansionistiche. e i fine settimana cadenzati da piccole fiere agricole che profumano di cialde calde, vecchie cartoline e feste locali che cementano
conviene allontanarsi dalla strada dipartimentale e perdersi tra le colline e i borghi della provincia
i legami e rafforzano il senso di appartenenza, un attaccamento alla terra che non ha nulla di folcloristico, ma è impregnato di saggezza e di un velato umorismo. in un allevamento dalle parti di Buellas, il benvenuto nella Bresse, piccola, grande repubblica degli animali da cortile, è appiccicato all’ingresso di una fattoria e riporta un divertente aforisma di Charles Baudelaire: “la campagna è quello strano posto dove le galline vanno in giro crude”.
LE BOTTEGHE DEI SAPORI
oltre la prima impressione, e anche la seconda e la terza. perché Bourg-en-Bresse, 50 mila abitanti a malapena, non ama il trucco sostenuto. viva e sbarazzina, questo sì, come conferma l’irriverente rassegna della “Buffoneria” che spesso campeggia tra gli eventi attesi nella bella stagione e, come rivela la Biennale a cielo aperto di arte popolare Les Ain’pertinent, che riempie le strade e le piazze di giganteschi e scultorei polli decorati. Caricaturali e allusivi: danno un tocco di leggerezza. e così, i simpatici animali da cortile della Bresse si prendono tutto, onori e selfie dei passanti, sullo sfondo di palazzi e chiese, in una piacevole contaminazione fra sacro e profano. È il privilegio delle piccole città di provincia anche nella laicissima Francia. lo sanno bene i saltimbanchi e i clown che nelle sere d’estate amano teatralizzare la storia passata di Bourg-en-Bresse, ricevendo l’omaggio dei preti della cattedrale e insieme l’assicurazione che il regno dei cieli appartiene anche agli artisti di strada. devono esserne convinti pure i numerosi artigiani che hanno trovato il loro rifugio in una città dove la manualità ha ancora valore: la stessa che riempie di cioccolatini e praline la bottega di Patrice Bouvard; che nel nego-
zio di Fabien Picard ha il sentore dei formaggi Comté; che, nell’atelier della famiglia Jeanvoine assume la forma degli emaux bressans, i tradizionali smalti della Bresse che rivestono i gioielli. emozionante. anche per François Perret, veneratissimo chef pâtissier abituato a servire clientele danarose nel lussuoso Hotel ritz di parigi, che si riscopre poeta quando racconta della sua Bourg-en-Bresse, dove è nato e cresciuto: “venirci è il ritorno alla sorgente, ovvero all’infanzia; è la parentesi rilassante, è il piacere di vivere la buona tavola come rito collettivo e condivisione”. Cita i famosi poulets de Bresse, i vini di Bugey, i formaggi Faiselle, ma anche il bel Teatro Municipale e le centralissime rue Bichat e rue du palais, incorniciate da palazzi dalle belle travi lignee e dagli eleganti balconi in ferro battuto.
ovviamente è di parte, ma non è retorico. perché l’estetica è diffusa ed è pure sostenibile: i giardini e i parchi in tutti i quartieri, le startup attivissime impegnate su progetti culturali, l’immensa foresta demaniale che incornicia la periferia e i paesaggi ondulati tutt’attorno, dove il turismo green si materializza in pittoresche roulotte gitane e in improbabili yurte importate dall’asia Centrale. illuminante, il Centro
L’amore per i buoni sapori va di pari passo con un senso estetico spiccato per il decoro urbano e architettonico
d’arte contemporanea H2M, dall’8 maggio al 29 luglio, si lascerà invadere dalla street art, quella celebrata dall’associazione belga Strokar e immortalata dal geniale fotografo Fred atax in mezzo mondo, tra africa, Sudamerica e asia. e intanto vale la pena di ricordare che la garbata e colta Bourg-en-Bresse non subisce il fascino della vicina e ben più grande lione semplicemente perché la supera per qualità di vita. pura verità: quinta località di Francia, in una classifica stilata nel 2015 dall’autorevole quotidiano finanziario Les Echos, ou il fait bon vivre, dove si vive bene. Quasi una morale: le città non pensano. Ma possiedono l’intelligenza di chi le abita.
Oltre a un’importante memoria rurale, Bourg-en-Bresse vanta numerose botteghe artigiane: qui il saper fare è un valore prezioso