Un giorno a Yogyakarta
Meno verticale di altre megalopoli orientali, ugualmente frizzante e trafficata, con oltre tre milioni di abitanti, Yogyakarta - per chi la vive tutti i giorni, semplicemente Yogya - è una base di partenza strategica per raggiungere celebri attrazioni culturali come il sito induista di Prambanan e il monumento buddista di Borobudur, che meritano sicuramente più di una toccata e fuga. È solo passeggiando tra i viali profumati di spezie o a bordo di un becak, la vettura a tre ruote, immancabilie davanti ai grandi alberghi o alle boutique, che si respira la frenesia quotidiana della città: dal richiamo dei venditori di stoffe agli aromi delle bancarelle improvvisate di street food che servono, dall’alba al tramonto, porzioni fumanti e generose di gado-gado, specialità di verdure stufate e condite con abbondante salsa di arachidi. Suoni e odori che sembrano attutirsi a mano a mano che ci si avvicina all’ imponente Kraton, l'antico complesso di palazzi dove, ancora oggi, vivono il sultano di Yogyakarta, Hamengkubuwono X - eletto governatore della regione nel 1998 - e i suoi diecimila sudditi. Fuori dalle ben vigilate mura è un susseguirsi di scene di vita quotidiana: gli anziani seduti sulle panchine, mentre i bambini in divisa giocano a baseball nei grandi giardini incolti, le bimbe col capo coperto che si avvicinano sorridenti: qualche parola in inglese per chiedere all'intervistatore da dove viene, poi tutte in fila dietro il giovane maestro per la lezione giornaliera di educazione fisica. A soli dieci minuti dal Kratonsi entra poi nella mecca dello shopping, Jalan Malioboro. In questa strada ci sono sia botteghe a buon mercato, sia boutique, più esclusive, che vendono fino a sera i famosi batik, tessuti realizzati con l’antica tecnica di tintura a riserva (da amba, scrivere, e titik, goccia), tradizione artigianale tra le più radicate nel Paese.