Dove

lungola stradablu

Tra Francia eBelgioper assistere allo spettacolo dei campi di lino in fiore

- DI PAOLO GALLIANI FOTO DI BEATRICE PILOTTO

Attimo fuggente. Il fiore si schiude alle prime luci dell’alba, consuma il tempo che gli viene assegnato sfoggiando un elegante colore azzurro, con venature violacee, si spegne nelle prime ore del pomeriggio, quando il sole più alto lo estingue. Ma se ne va senza tristezza, lasciando che altri mille fiori vicini prendano il suo posto, il giorno successivo, e altri ancora in quelli a seguire. Vita breve, vita alla grande. E subliminal­e: in un campo di lino si finisce per meditare sulla fugacità. L’effetto è visivo, cromatico, mentale. E viene celebrato da fotografi e pittori, che nei primi 15 giorni di giugno piazzano i loro cavalletti nell’entroterra della Francia con affaccio sulla Manica, quando i terreni vengono pigmentati da un colore così raro in natura da sembrare sospetto e il vento fa ondeggiare le piante allineate come le vigne, prima che i ramoscelli strappati e posati su un fianco assumano tonalità dorate e colore miele.

Due, tre settimane, come fanno gli attori e i cabarettis­ti che negli alberghi sulla costa, tra Calais e Dunkerque, intratteng­ono i turisti per sparire e ricomparir­e da tutt’altra parte. Ma lo spettacolo è attesissim­o poco prima del solstizio d’estate, quando gli appassiona­ti organizzan­o i loro “rally blu” in sella a bici in una campagna che ha qualcosa di olandese, non solo per le sagome dei mulini che appaiono qua e là, lungo strade

In una grotta del Caucaso sono state scoperte fibre di lino che risalgono a 36 mila anni fa

rurali punteggiat­e da cappelle votive e case basse, tra paesi e borghi dai nomi impronunci­abili, ma che rivelano il carattere speciale della Francia che fa il piedino ai Paesi Bassi: Hondschoot­e, Quaëdypre, Oost-Cappel, Killem. Arrivano i mesi della macerazion­e, quando il lino sfrutta l’alchimia di vento, sole e pioggia, prima di finire accatastat­o sotto le volte dell’azienda La Linièrie di Bourbourg per la stigliatur­a, quindi lavorato nelle grandi fabbriche che aderiscono alla Celc, la Confederaz­ione europea del lino e del cotone.

Ed è una lezione di umiltà per gli umani, convinti che la loro esistenza abbia un senso solo per l’illusione di eternità che provoca. Il lino, pianta zen e ascetica che fiorisce e sfiorisce tra la campagna francese e quella belga, consegna il suo messaggio paradossal­e: la grande bellezza? È l’effimero.

LA SPIAGGIA DEL PRESIDENTE

È pure un sorriso istintivo. Per la parlata della gente? Anche. In effetti, quella s che si trasforma in una scivolosa sc è qualcosa di più di una specialità del curioso patois settentrio­nale. Ed è poi impossibil­e dimenticar­e l’esilarante leggerezza del film Bienvenue chez les Ch’tis ( Giù alNord, 2008), con l’umorista e ipocondria­co Dany Boon nella veste di un dirigente delle poste in Provenza, condannato a lavorare nelle fredde e grigie Fiandre per punizione, dopo un goffo tentativo di truffa ai danni della sua azienda. Salvo poi scoprire che lassù, in quella remota provincia francese maltrattat­a dai cliché e dalle caricature, il cielo lattiginos­o regala deliziosi squarci di luce madreperla e la gente ha un carattere festoso, che non ha nulla di folclorist­ico, e un senso dell’ospitalità commovente. Benvenuti al nord. E che nord.

Speciale, come quello di Bergues, con le vecchie case in mattone incappucci­ate da tetti appuntiti e l’esagerato beffroi, la torre campanile impreziosi­ta da un carillon da 50 campane che, ogni giorno, sembra dovere svegliare la sonnolente campagna circostant­e. Aspro e severo, come quello scelto da Jean-Louis Trintignan­t e Isabelle Huppert per il film Happy End o da Christophe­r Nolan per il suo kolossal di guerra Dunkirk (2017). Ma mai snob. Non lo è nemmeno la graziosa località balneare di Le Touquet, dove arrivano spesso anche i coniugi Emmanuel e Brigitte Macron a passare le vacanze, nella bella villa Monejan, ereditata dalla première dame. Pare sia facile notare la coppia presidenzi­ale al Cafè Les Sports, in rue Saint-Jean, o mentre passeggia tra le dune. A domanda, la gente del posto risponde: “Rien à voir!”. Non c’è nulla da vedere. Falso! È solo un modo originale per richiamare l’adagio locale: “Non date mai troppi

pretesti a un curioso”. Nella terra del lino, pianta sobria e gentile, la mondanità è un vezzo a cui nessuno manda mai l’invito.

DA LILLE A ROUBAIX

Strana? Di sicuro! Lo è anche la torre in vetro-metallo di una ventina di metri che campeggia sopra la stazione e che la gente definisce chaussure deski, scarpone da sci, non proprio un compliment­o. Del resto, l’ironia è un diritto acquisito a Lille, città all’apparenza algida e freddina, in realtà eccentrica e anticonfor­mista, capace di togliere il nero di pece da capannoni e vecchi edifici industrial­i abbandonat­i e trasformar­li in oggetto dei desideri per i parigini innamorati della capitale del nord, lontano dallaVille Lumière, ma a soli 55 minuti di treno ad alta velocità. Ottima materia prima, è evidente. Come il lino di Fiandra che deborda dagli scaffali del Summer Campo quello recuperato in una vecchia azienda dismessa che Valérie Maniglier lavora a telaio in un atelier di rue de l’Hôpital-Militaire. Metafora urbana. L’arte di usare la città come una buona stoffa: basta saperla valorizzar­e e diventa prêt-à-porter.

Così l’esplorazio­ne debutta per inerzia: due passi nel Vieux-Lille, quartiere di dimore borghesi oggi richiestis­simo, quando appena vent’anni fa era in uno stato pietoso, malfamato e frequentat­o da sbandati. Una birra in rue Masséna, che tutti chiamano rue de la soif, via della sete, e non c’è nemmeno bisogno di spiegare il perché. E una visita alla vecchia stazione di Saint-Sauveur e alla maglia di strutture industrial­i in disuso, ma superbamen­te restaurate e trasformat­e da Lille3000 in una Eldorado di idee, cultura ed eventi. Punti di vista. E sorprese. Come quelle che campeggian­o sulle facciate dei palazzi in stile fiammingo del centro: figure allegorich­e, maschere umane dalle sopraccigl­ia larghe, angeli paffuti, ceste di grano. Oquelle che abbondano a una manciata di minuti di tram da Lille, senza nemmeno affrontare il ruvido pavè spezzaschi­ena che ha fatto la storia del ciclismo. Porta aRoubaix, la città più triste nell’immaginari­o francese per via della crisi dell’industria tessile, che qui anni fa ha picchiato duro, ma che in tema di trasformis­mo rivela una capacità invidiabil­e.

Non c’è niente di più neorealist­a di uno stabilimen­to tessile dismesso

 ??  ?? Fioritura di lino nei pressi del mulino della Roome, a Terdeghem. La Francia è il maggior produttore mondiale di questa fibra.
Fioritura di lino nei pressi del mulino della Roome, a Terdeghem. La Francia è il maggior produttore mondiale di questa fibra.
 ??  ?? Uno scorcio di Rue de Béthune, una via pedonale nel centro storico di Lille.
Uno scorcio di Rue de Béthune, una via pedonale nel centro storico di Lille.
 ??  ?? 2 1| Un contadino durante l’estirpazio­ne del lino, dalle parti di Bergues. 2 | Bobine di filo colorato al museo Texture di Kortrijk, in Belgio. 3 | Paul, tempio del gusto aperto a Lille nel 1889, in rue Pierre Mouroy.
2 1| Un contadino durante l’estirpazio­ne del lino, dalle parti di Bergues. 2 | Bobine di filo colorato al museo Texture di Kortrijk, in Belgio. 3 | Paul, tempio del gusto aperto a Lille nel 1889, in rue Pierre Mouroy.
 ??  ?? 1
1
 ??  ?? Estirpazio­ne del lino in un terrenotra Watten e Bourbourg,nella parte settentrio­naledella Francia.
Estirpazio­ne del lino in un terrenotra Watten e Bourbourg,nella parte settentrio­naledella Francia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy