Una nuova prospettiva
Da King’s Cross a Shoreditch, la città da scoprire. Con i nostri insider
“Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita”, diceva Samuel Johnson (saggista e autore del Dictionary of the English Language) al suo amico James Boswell, per convincerlo a trasferirsi nella capitale britannica. Era il 1777, ma quella frase non ha perso un briciolo della sua verità. Anzi. A chi profetizzava un futuro post-Brexit più grigio che mai, con una City desertificata e un flop del turismo, la città sta rispondendo con un’ondata di novità. Dentro e, soprattutto, fuori dal centro. Lontano dalle vetrine luccicanti delle vie alla moda e dalla Londra da cartolina, Dove ha esplorato, insieme agli insider che le abitano, cinque zone in fermento, avamposti di tendenza da vedere subito, setacciando sul campo gli indirizzi segreti e verificando le dritte suggerite.
Battersea, la città del futuro
Con le sue quattro ciminiere bianche, l’iconica Power Station di Battersea, scelta dai Pink Floyd per la copertina del disco Animals, nel 1977, è oggi un immenso cantiere al centro di un colossale progetto immobiliare da 15 miliardi di euro, che prevede 20mila abitazioni e una nuova stazione della metropolitana. “Questa sarà la futura Chelsea” racconta Nic Gorini, fondatore di Jool Drinks, da dieci anni a Londra, con casa a due passi dall’ex centrale elettrica. “L’ambasciata americana ha appena inaugurato qui la sua sede e Apple sta costruendo l’avveniristico quartier generale”. Mentre si moltiplicano gli appartamenti firmati da archistar -
per esempio Frank Gehry e sir Norman Foster -, già finiti nel mirino del jet set (tra gli inquilini ci sarà anche Sting), nei dintorni è tutto un fiorire di ristoranti e boutique. Il recente bistrot Fiume è l’avamposto ideale per ammirare la “città che sale” dai tavoli con vista sul Tamigi, proprio di fronte al molo da dove prendere i battelli per navigare fino al London Bridge, ammirando dall’acqua il nuovo skyline (thamesclippers.com). Per passeggiare nel verde c’è Battersea Park, un tempo destinato ai duelli e ora tra i percorsi londinesi più scenografici per fare jogging, anche in compagnia: parkrun.org.uk organizza qui e in altre aree verdi della città corse di gruppo il sabato mattina. Ci sono campi da tennis pubblici e una passerella di 750 metri sospesa tra gli alberi (goape.co.uk), mentre sulle rive del laghetto del parco si specchia il romantico Pear Tree caffè, dove incrociare le celebrities che abitano in zona, da Bob Geldof ad Adele. A Battersea va a scuola il principe George, iscritto da mamma Kate al Thomas’s Institute, che, come tutte le scuole di prestigio inglesi, ha il suo motto: “Sii gentile”. Poco più a sud si estende la zona di Clapham, la nuova nappy valley (da nappy, pannolino) scelta dalle famiglie di professionisti con prole che si stanno trasferendo a frotte attorno a Northcote Road, una piccola Notting Hill ancora inesplorata, con le casette scandite da bovindi e tetti a punta alternate alle insegne color pastello di negozi e bistrot. Per gli amanti dello swing, Le Quecum Bar è una gemma nascosta alla fine di Battersea High Street, con il piccolo giardino sul retro, l’atmosfera intima in stile parigino anni Trenta e un fitto programma di musica gipsy swing dal vivo. Molto bohémien anche il Battersea Art Center, in Lavender Street, uno spazio accogliente e rilassato per spettacoli alternativi (pure teatrali) in un edificio ottocentesco salvato da un incendio. Si organizzano visite guidate che ne illustrano storia e protagonisti.
Richmond, il villaggio-giaRdino
Dal futuro al passato, seguendo il corso del Tamigi verso ovest ci si allontana dal centro per scoprire una Londra bucolica che sembra uscita da un quadro di Turner, rifugio di rockstar e milionari in cerca di anonimato che si mescolano a famiglie di expat in fuga dalla frenesia del centro. È il caso di Roberta Gambini, approdata qui da Milano cinque anni fa. “A Richmond ho trovato il parco più grande di Londra: mille ettari di prati dove si aggirano branchi di cervi che appartengono alla regina e sono intoccabili, come il panorama” racconta mostrando la vista da cartolina, immortalata da generazioni di pittori e tutelata da una legge che vieta qualunque modifica al paesaggio. Il parco si gira a piedi o in bicicletta (si noleggiano a Roehampton Gate per 9 € l’ora, parkcycle.co.uk), facendo tappa per il tè in una delle antiche case da caccia trasformate in accoglienti e informali caffetterie, tra camini accesi e poltrone di velluto.
La migliore è Pembroke Lodge, dove fermarsi a guardare il documentario sul parco firmato da sir David Attenborough (pembroke-lodge. co.uk). Per pranzo ci si accomoda tra gli specchi e le stampe botaniche del nuovo The Ivy, ordinando la specialità della casa, The Ivy Shepherd’s pie, un saporito pasticcio d’agnello in crosta di patate, o un eccellente sandwich al roast beef.
Tra le mete imperdibili di Richmond c’è anche un giardino segreto, Petersham Nurseries, vivaio ottocentesco di vetro e ferro battuto con rose rarissime e centinaia di piante che nascondono un negozio di arredamenti da giardino, un ristorante con una stella Michelin e una spettacolare sala da tè sotto al pergolato, con tavolini vintage uno diverso dall’altro. I proprietari sono Francesco Boglione, italiano, e la moglie Gael, australiana: vent’anni fa hanno rilevato questo gioiello trasformandolo in un angolo di paradiso che ha da poco inaugurato una dépendance in pieno centro, a Covent Garden. Con due fermate di bus, si arriva in uno dei più bei giardini botanici del mondo, Kew Gardens, inaugurato nel 1760 e Patrimonio Unesco dal 2003. Ci si perde passeggiando tra prati e sentieri o salendo sul nuovo camminamento sopraelevato, per vedere dall’alto gli alberi secolari e la pagoda cinese,
appena restaurata. Il 5 maggio ha riaperto anche la serra vittoriana, rimasta chiusa negli ultimi cinque anni per lavori.
la nuova King’s Cross
Con un investimento da 3,4 miliardi di euro, il progetto di rigenerazione urbana di King’s Cross, il più grande d’Europa, si sta avvicinando alla sua trionfale conclusione dopo oltre dieci anni di lavori, culminati nelle abitazioni extralusso, appena terminate, ricavate nei tre gasometri ottocenteschi.
Dove un tempo c’erano solo binari dismessi e baracche in rovina frequentate da prostitute e spacciatori, oggi è sorto un quartiere moderno incorniciato dalle creazioni di 35 architetti diversi. Acciaio e corten si specchiano sul Regent’s Canal, dove il passato sopravvive nel placido ondeggiare delle houseboat, un colorato villaggio hippie con tanto di biblioteca di quartiere, la Word on the water, una libreria galleggiante allestita su un barcone (facebook.com/wordonthewater). Al centro del quartiere c’è Granary Square, con la fontana di mille getti d’acqua e l’antico magazzino di mattoni che, al posto delle merci, accoglie le menti creative degli studenti di ogni parte del mondo: è la nuova sede della Central Saint Martins, l’università delle arti che ha formato Lucian Freud, John Galliano, Stella McCartney e Alexander McQueen e che a settembre diventa il cuore pulsante del mondanissimo London Design Festival (londondesignfestival.com).
Nel punto più eurocentrico della capitale, legato al continente da un cordone ombelicale ad alto tasso simbolico come il treno Eurostar, che collega Londra e Parigi e ha il suo capolinea alla stazione di St Pancras, ci si dà appuntamento al German Gymnasium, il ristorante inaugurato due anni fa nell’ex palestra della German Gymnastic Society, che ospitò le gare al coperto delle Olimpiadi nel 1866. La Wellcome Collection è una perla nascosta, con un calendario di mostre anticonvenzionali e una biblioteca che da sola vale la visita, mentre chi ama la musica sceglie il fitto calendario di concerti di King’s Place (kingsplace.co.uk) oppure ascolta qualcosa di più originale al Sound Preservation, la biblioteca dei suoni della British Library, che riunisce in un immenso archivio audio 20 mila registrazioni memorabili, dai discorsi politici alle incisioni musicali che hanno fatto la storia (bl.uk/subjects/sound).
IslIngton: vIntage e artIgIanI contemporaneI
Seguendo il corso del Regent’s Canal fino a Islington, si approda in un altro mondo. Sono poche centinaia di metri, ma sembra di fare un viaggio nella Vecchia Inghilterra delle villette a schiera, con una concentrazione di artigiani contemporanei che offrono prodotti ad alto tasso di unicità, lontani anni luce dalla globalizzazione delle vie dello shopping. “La stazione della metropolitana di Highbury & Islington ora è aperta tutta la notte il venerdì e il sabato e ha dato un ritmo nuovo al quartiere”, spiega Katie Toogood del Prawn on the Lawn, indirizzo di culto del quartiere (con succursale in Cornovaglia). Ci sono un bancone-pescheria dove scegliere il pesce fresco e una cucina a vista per osservare i cuochi intenti a spadellare le specialità della casa, come il filetto di nasello con feta, aneto, menta e basilico o i gamberi scottati su crostino di avocado e coriandolo, che danno il nome al locale. A Camden Passage si cammina curiosando tra antiquari come Modern Time, specializzato in bicchieri di vetro di ogni epoca e prezzo, dai calici Art Déco ai servizi da cognac anni Cinquanta, per poi fermarsi alla nuova teahouse giapponese Katsute, dove assaggiare miscele rare come il delicato ume shisho bancha o il sakuracha, con fiori di ciliegio in salamoia, serviti ai minuscoli tavolini di legno scuro. C’è una concentrazione di insegne interessanti anche
all’Exmouth Market, tra i vicoli di Clerkenwell, una zona che concentra decine di vetrine originali come quella di Bagman & Robin, che vende borse realizzate a mano con stoffe di kimono degli anni Trenta, mentre da Marby& Elm si fa incetta di carta da lettere e cancelleria personalizzabile al momento. Per scoprire in anteprima le tendenze del design c’è il concept store Twenty Twenty One (274 Upper St), tre piani con le novità di gusto nordico e i classici vintage. L’arredamento d’epoca è protagonista anche alla vicina Estorick Collection. Nel museo dedicato all’arte moderna italiana, riaperto un anno fa, è in corso fino al 24 giugno Rationalism on Set: Glamour and Modernity in 1930s Italian Cinema.
verso est: la fucIna creatIva dI shoredItch
Emblema dell’East End, frizzante e cool già da una decina d’anni, Shoreditch ha ormai compiuto il suo processo di gentrification, il termine che indica con un certo snobismo l’imborghesimento delle vecchie aree degradate. Il quartiere dove si aggirava Jack lo Squartatore, con un nome che è tutto un programma (significa “canale di scolo”), ospita gallerie, boutique indipendenti, fattorie urbane e indirizzi post-hipster come l’Ace Hotel, con le biciclette per ospiti appese nella hall e le chitarre in
camera da letto. Il nuovo epicentro della zona è Redchurch Street, dove l’Electric Cinema divide equamente i suoi ambienti industriali ospitando su tre piani una caffetteria biologica con barberia, lo spazio Cheeky, e la sala cinema con maxipoltrone, plaid e tavolini per sorseggiare una birra e mangiare uno snack durante la proiezione, comodi come a casa. Accanto ci sono le vetrine incorniciate da piastrelle di ceramica verde di Labour and Wait, una sorta di boutique di casalinghi contemporanea dove trovare saponi da barba e lussuose coperte di lana, ma anche piumini catturapolvere in piuma di struzzo.
Durante il weekend ci si sposta a nord per il Flower Market di Columbia Road, uno degli appuntamenti più amati dagli eastender: il giro domenicale fra le bancarelle di fiori per molti è irrinunciabile. In alternativa si punta a sud, verso Brick Lane, un miglio di ristoranti di cucina bengalese e indiana, con odori, colori e rumori da capogiro. “Ci vivo da sette anni: impossibile annoiarsi”, racconta Giedrius Ivanauskas, fondatore e direttore della pubblicazione online Made in Shoreditch (madeinshoreditch.co.uk). “Si trova di tutto, dalla street art ai mercatini vintage, dalle startup digitali ai banchieri della City a caccia di ritrovi alla moda. C’è una connessione sociale che manca in altre parti di Londra”. Fuori dall’Europa, ma al centro del mondo, la città di oggi è un paradosso che confonde gli esperti, ma convince tutti gli altri. Per ora, insomma, “Londra resta aperta”, come ha chiarito il sindaco Sadiq Khan, musulmano di famiglia pachistana, emblema vivente di una città che non ha nessuna intenzione di chiudere le sue porte al mondo.