partire per essere
Salvare la natura, aiutare le comunità locali, immergersi nelle altre culture. Per tornare a casa cambiati. In meglio
Èl’architetto Oscar Niemeyer che parte a fine anni Cinquanta su una Saab verso l’interno del Brasile per fondare la nuova capitale del Paese. È il pittore Paul Gaguin che, nel 1891, si imbarca per Tahiti per riportare l’arte “allo stato primitivo”. Controvento, di Federico Pace (Einaudi, 2017, 184 pagg., 14 €), raccoglie “Storie e viaggi che cambiano la vita”. Il suo obiettivo, in un’epoca in cui si vola con un click, è ricordarci quanto il gesto ormai ordinario di partire possa avere ancora un senso profondo. “Viaggiare è rompere lo schermo che ci siamo costruiti per sopportare ansie e fastidi quotidiani”, dice lo scrittore. “Abbiamo paura dell’altro, dell’imprevisto, del tempo non occupato. Scansiamo le grandi domande, le notizie di disastri che piovono da mille media perché ‘tanto io che ci posso fare?’… Alla fine, però, è come perdere sé stessi. Cambiare scenario ci restituisce così il contatto con il nostro io più vero. Se poi si parte allo scopo preciso di capire, al limite intervenire sulla realtà, un viaggio può cambiare la mia visione del mondo e del mio posto in esso”. Il nuovo turismo nasce da qui. Quello sostenibile che salva l’ambiente. Quello solidale, i cui ricavi aiutano le economie locali. Ci sono i viaggi per studiare dal vivo le emergenze del pianeta e il “solidale attivo” al fianco di volontari e coop locali. ”C’è voglia di essere meno passivi e superficiali nei nostri comportamenti. Consumatori critici”, aggiunge Alessandro Messina, direttore di Banca Etica, che con il marchio Viaggi e Miraggi propone tour responsabili dagli anni Novanta. “Non ci aspettiamo più che la politica, o l’economia, il sistema insomma, possano portare vero cambiamento: solo nel quotidiano, nei nostri piccoli e grandi progetti privati possiamo lasciare un segno. Una nicchia di pubblico ha iniziato a chiedere viaggi più sostenibili trent’anni fa; oggi sono un’esigenza diffusa. Altri hanno finanziato progetti internazionali, vissuto un’adozione a distanza, sostenuto un’ong; adesso vogliono andare a vedere come sono usati quei soldi, e spendersi di persona.” Secondo Tourism Research and Marketing è di 1,6 milioni la media annua dei viaggiatori umanitari. Molti, tornati a casa, cambiano vita. Nel 2016 un’inchiesta del settima--
nale Internazionale tra i volontari di Amatrice raccontava una generazione che, dopounviaggio in India o in Africa, diventava cooperante od operatore sociosanitario a tempo pieno. Altri, semplicemente, non avevano più smesso di viaggiare e fare volontariato. Il nuovo turismo fa bene ai viaggiatori. Fa bene anche alle comunità visitate? Già nel 2009 una raccolta di saggi sul tema, Turismo critico (a cura di Rachele Borghi e Filippo Celata, Unicopli, pagg. 211, 11,9 €), evidenziava come “il turista alternativo mosso da una esigenza di autenticità e incontro” finiva a volte per modificare tale autenticità con la sua stessa presenza, con ogni spesa, foto, parola. E resta il dubbio che visitare una nazione, per esempio, oppressa da una dittatura, non legittimi proprio quello status quo. Il giusto compromesso? Scegliere chi garantisca l’uso virtuoso dei guadagni. Informarsi, viaggiare a occhi aperti. Nonpartire innomedel boicottaggio etico può voler dire in realtà isolare, rimuovere luoghi dove magari c’è anche chi lavora per il progresso. “Non sono Paesi perfetti”, ha detto Gregg Butenski, cofondatore di Ethical Traveler, che ogni anno stila la classifica delle migliori destinazioni etiche (ethicaltraveler.org), “ma fanno sforzi importanti, vanno sostenuti”. L’importante è partire. Come turisti, movimentiamo ogni anno, secondo laWto, 7mila miliardi di euro. Cosa non potremmo fare se, da domani, insieme, davvero, iniziassimo a ripensare le nostre scelte?
C’è voglia di essere meno passivi e superficiali nei nostri comportamenti, consumatori critici e consapevoli che cercano un senso nelle scelte