milos | al mare Si sogna sempre
una gemma nel blu.
Casette bianche e taverne
senza tempo. Qui la Grecia è ancora da cartolina
Nessun appuntamento, nessun squillo di cellulare, solo un silenzioso tam tam, come una volta. E ci si ritrova, tutti assieme, vecchi pescatori, turisti, fanciulle coloratissime, su in collina, al villaggio di Plaka, icona della più autentica architettura cicladica, salotto estivo che fa il pieno nelle taverne tradizionali come Archountoula, sopravvissuta alle mode, ai bagliori del design, qui neppure sfiorato. L’ora giusta è al tramonto, quando la luce abbagliante dell’Egeo mitiga ogni cosa, tranquillizzando animi e contorni. Perché non c’è altro mare, come quello di Milos, dove la luce sia così speciale, una lama tagliente sopra ogni cosa, pronta a scandire ritmi, giornate, riti da spiaggia. “Bisogna prendere posto sulla terrazza della Panaghia Korfiatissa” ripetono i vecchi seduti ai tavoli della pasticceria Paleos (squisite le sfoglie) per apprezzare in pieno la scenografia di Milos, a 86 miglia dal Pireo, meno di un’ora di volo da Atene, con alcune delle più spettacolari spiagge e insenature, coronate da faraglioni bianchi, di tutte le Cicladi. Perfette alla fine dell’estate, per la luce magica e i colori più assoluti. Una meta da prendere in considerazione per gli italiani che scelgono le vacanze a settembre: secondo una recente indagine di Federalberghi, il 19,5 per cento, rispetto al 12,4 per cento dell’anno scorso, preferisce questo mese.
Proprio lassù, all’ombra della Panaghia, il profilo del golfo, in realtà la bocca di un vulcano sommerso, lascia emergere giochi di roccia che si tingono di porpora, viola, pervinca, baie e isolotti che sembrano un miraggio marino. L’arcipelago, formato, oltre che da Milos, da Kimolos e Poliegos, possiede la potenza di un quadro di Rothko. Mille le sfumature, mai uguali i colori. Merito della luce, che esalta il bianco delle case tirate a calce, che si insinua nei vicoli assottigliando spazi e confini, che allarga i campi di grano o i terrazzamenti del nord, là dove la campagna coltivata
ciate di fava e per il polipo alla brace. Si sfiorano campi di pomodori, di grano, frammenti di marmo, ulivi secolari, fino ad arrivare all’entrata delle catacombe, 184 metri di gallerie scavate nel tufo, luoghi di culto della prima cristianità (I-V sec.), e al teatro del III secolo rinato grazie ai recenti restauri: la sua cavea ospitava fino a 800 spettatori. Quando arrivarono, nel 1929, gli archeologi di una spedizione francese non videro che otto file di sedute dell’anfiteatro. Ci si ferma, in un silenzio assordante, per contemplare la costa, le acque placide della baia di Milos che Roger Peyrefitte, diplomatico e scrittore francese del ‘900, descrisse come una grande mela intaccata da antichi cataclismi.
UN TUFFO NELLE BAIE DEI PIRATI
È un dedalo segreto, la costa nord, meta ideale degli esploratori con il gommone, che si possono spingere nelle caverne marine dove un tempo, quando l’isola era una sorta di Macaraibo dell’Egeo, si nascondevano i vascelli dei pirati. “A Milo si riuniscono molti corsari, dal momento che ha un buon porto. Qua portano il bottino per procedere alla vendita.
La chiesa cattolica ha qua un monastero dei Cappuccini che è sotto la protezione del console francese. La maggior parte dei corsari ha qui sull’isola la loro concubina... e Milo paga ogni anno al sultano cinque mila talleri”: così racconta Nikos Kefaliniadis, segretario del consolato olandese di Istanbul, di passaggio sull’isola, nel 1678. Non sono visibili dalla strada alcuni rifugi di pirati e naviganti, cioè le anse e le cale profonde di Papafragas. Bisogna spingersi sulla scogliera, camminando tra i cespugli di timo, per scorgere i meravigliosi fiordi e le grotte, oggi paradiso dei sub. Si nuota da un’insenatura all’altra, passando sotto archi di roccia. Una meraviglia. Come le rocce lunari di Sarakinikò, un rosario di promontori e calanchi che nascondono piscine naturali.
A Pachena la spiaggia è spesso deserta e le tamerici fanno da ombra nei giorni di solleone e bonaccia. Ci arriva anche il bus che fa la spola tra Adamas e la baia di Pollonia, vecchio borgo di pescatori, oggi popolato di alberghi lussuosi, come il Melian Boutique Hotel&Spa,e studios per famiglie che apprezzano la lunga spiaggia di sabbia e i ristoranti sul lungomare. Enalion è una certezza: la cucina è quella di casa, il pesce sempre freschissimo, i dolci squisiti. “Pollonia è anche campagna, campi di pomodoro e meloni, vigne curatissime”, sottolinea fiero il giovane Petros Konstantakis, studi a Innsbruck, ma il cuore qui, nelle vigne del nonno e nella cantina che apre a degustazioni anche serali (kostantakis.gr). I vitigni sono originari: Assyrtiko, Roditis, Monenmvasia. Da gustare il bianco Spilia e la squisita retsina: se si fa tardi ci sono le curatissime camere dai colori chiari e gli appartamenti della tenuta di
famiglia; la numero 9 ha una bella terrazza panoramica sul paese e le chiese bianche che incappucciano i due promontori.
Sempre nei paraggi, sulla costa settentrionale, si celano altri tesori, i resti di Filakopi, tre città sovrappose portate alla luce dagli archeologi britannici. Qui, come altrove, rimane l’eco del passato, ma il luogo è unico, sussurra antichi insediamenti, mentre il vento del nord, il meltemi, rinfresca ogni cosa. Il vanto di Milos sono le spiagge, oltre una settantina. C’è persino un piccolo museo minerario, a Plaka, che illustra la varietà delle pietre e dei sassolini di ogni ansa: brillanti come quarzi quelli Tsigrado, color dell’ambra quelli di Provatas .Èun rito quotidiano pellegrinare da una spiaggia all’altra e, nel pomeriggio, perlustrare le pieghe dell’entroterra, dove l’antico cataclisma assicura giardini e orti generosi. Con l’eccezione di quelle subito fuori Adamas, frequentate soprattutto dai locali, e di Aliki, dove ci si immerge in acque scaldate dalle sorgenti termali, tutti cercano la strada per il sud. E, almeno una volta, prendono il traghetto che in mezz’ora approda a Kimolos, 36 chilometri quadrati di Arcadia, più o meno 6oo abitanti, campi di grano eroici sulle rocce, asini, case bianche. E spiagge da urlo, segrete e ancora per pochi, perché irraggiungibili fino a pochi anni fa. Prassa è la più scenica, con sabbia candida e acqua che vira dal cristallo al turchese. Pigados è il riparo nei giorni di vento, anche se a settembre il meltemi dovrebbe placarsi. E poi c’è il trittico sul lato del tramonto, le spiagge una di seguito all’altra di Dakos, Mavrospilia, Ellinika, dove
Milos è stata terreno di caccia per archeologi inglesi
e tedeschi. Come
Ludwig Ross ,tra i più importanti studiosi delle Cicladi
si fa snorkeling su resti micenei ed ellenistici. Arcadia sì, Kimolos, ma è già spuntato un boutique hotel in un mulino del 1852, The Windmill, bianco sotto un esagerato cielo blu (ariahotels.gr/en/content/windmill/ welcome).
Da Psathi, l’unico porticciolo, salpa un battello per Poliegos, isola aspra, disabitata,che parte della rete europea di Natura 2000 per la sua fauna, dalla foca mediterranea al falco eleonora, e per alcune piante endemiche come l’orchidea a fiore singolo e il ginepro fenicio.
Le beLLe sorprese deL sud
La costa meridionale (mezz'ora d’automobile da Adamas) è un rosario di fondali di sabbia, acque turchesi e schienali di roccia dipinta di rosa, giallo. Il lungo nastro di sabbia di Provatas si raggiunge dalla strada che parte da Achivadolimni (l’ultimo tratto è di terra battuta) e attraversa una campagna sonnolenta, spruzzata da alcune vigne: sulla spiaggia ci sono qualche tamerice, a fare da ombra, e gli ombrelloni del Golden Milos Beach Hotel, sul mare. Si sfiora anche l’antico capoluogo, Zefiria, un pugno di case e un paio di cafenìon ospitali. Non c’è più traccia del fermento di un tempo (ci vivevano cinquemila persone): oggi si viene per visitare la cattedrale, i marmi incisi sul sagrato e godersi il fresco dei nuovi spazi della taverna To Petrino, in mezzo alla campagna. Un indirizzo da segnare: alici fritte, insalata di melanzane, polpette, laxanodolmades (involtini di cavolo cappuccio ripieni di carne
e riso, con salsa al limone), agnello al forno. La strada per la bella baia di Paliochori attraversa una pianura dolcissima di ulivi, punteggiata quà e là da vecchie case tirate a calce, un saliscendi che rivela, alla fine, un paradiso per lo snorkeling e i bagni di sole: centinaia di metri di sabbia e sassolini color nocciola, anse solitarieper prendere il sole, uno schienale di roccia rossastra che chiude la baia ad anfiteatro.
Acque cristalline e una lunghissima spiaggia da cartolina caraibica annunciano la grande bellezza di Firiplaka, un paesaggio unico di rivoli di roccia, pinnacoli, sabbia impalpabile e ciotoli dalle mille sfumature, dal rosa pallido al porpora. Incorniciano la baia le pareti di un
vulcano, tormentate e impervie. Se si decide di arrivarci in motorino o in auto occorre seguire la strada che all’aeroporto indica la direzione per il villaggio di Kiros. Dopo circa tre chilometri c’è un incrocio e bisogna imboccare la sterrata, piuttosto agile, tra pieghe di roccia e cespugli giganteschi di ginepro. Tsigrado, accanto a Firiplaka, è l’angolo marino più fotografato. Regala altre mezzalune di sabbia bianca, immacolata tra le rocce, e non è retorico il paragone con i tropici. Lo spettacolo del mare è assicurato: acque color turchese, anfratti, promontori, un mondo da esplorare sopra e sotto la superficie. Fino al tramonto. A Milos è davvero spettacolare. E infinito.