MALESIA | UNA VOLTA NELLA VITA
Crescita economica sostenuta, convivenza pacifica e tolleranza religiosa, un giusto mix fra tradizioni coloniali e avanguardia. ecco le sorprese di un Paese che corre incontro al futuro. oltre sandokan…
Sogni di gloria. Crescita economica, convivenza pacifica, tolleranza. Così il Paese corre verso il futuro
La chiamano Street of Harmony, la strada dell’armonia. Bastano pochi passi per capire come mai questa via (ufficialmente nominata Jalan Masjid Kapitan Keling) sia stata ribattezzata così. Un santuario indiano, che profuma di fiori di gelsomino e noci di cocco, è addossato al tempio cinese, dove fedeli buddhisti accendono bastoni giganteschi di incenso colorato, mentre al rintocco delle campane della chiesa anglicana di St Georges fa eco il canto del muezzin dal minareto della moschea di Kapitan Keling. Benvenuti a George Town, lo storico quartiere dell’isola di Penang, dove le differenze sono una ricchezza e la popolazione è un felice miscuglio di etnie. Qui batte il cuore autentico della Malesia; questo è il punto in cui le diverse anime del Paese si intrecciano per raccontare una storia di tolleranza religiosa, che risale a due secoli fa, quando il fondatore della colonia britannica, il capitano Francis Light, stabilì che “ogni razza ha il diritto di preservare le sue peculiarità civili e religiose”. Nel 2008 l’Unesco ha incluso George Town tra i patrimoni dell’umanità, come “testimonianza vivente della multiculturalità, della tradizione asiatica e delle influenze coloniali europee”. Così quello che era un porto commerciale sullo stretto di Malacca, lungo la principale rotta marittima tra l’Oceano Indiano e il Pacifico, si è trasformato in un palpitante canale di scambio religioso e culturale tra Oriente e Occidente.
Lungo il tratto della città affacciato verso il mare, dove gli inglesi fondarono il loro primo insediamento, si riconoscono le dimore coloniali, oggi ristrutturate con cura e trasformate in sedi governative, nei dintorni di Fort Cornwallis, il municipio con annesso campo da cricket, o in alberghi eleganti in cui si respira l’atmosfera della vecchia Inghilterra, sul modello dello storico Eastern and Oriental Hotel (eohotels.com), dove hanno soggiornato gli scrittori Rudyard Kipling ed Herman Hesse e l’attore Charlie Chaplin. Ci si entra anche solo per un drink, ordinando il miglior gin tonic della città sulla terrazza del bar, al sesto piano, rinfrescato dalla brezza del mare delle Andamane.
murales e riso biryani
Per scoprire l’altro volto di George Town, quello orientale, bisogna invece addentrarsi tra i vicoli, magari a bordo dei trishaw, varianti luminescenti, sonore e kitsch dei risciò. Si possono seguire gli itinerari classici o cercare un percorso alternativo, per esempio quello dei murales. I più celebri sono firmati da Ernest Zacharevic (nato in Lituania nel 1986), il “Bansky della Malesia”: tridimensionali, disseminati in ogni angolo, fanno da sfondo ai selfie dei turisti nelle vie storiche, come Ai Cheng Hang, detta Love Lane perché qui gli uomini venivano in cerca di un’accompagnatrice, o Lebuh Leith, dove il designer di calzature Jimmy Choo iniziò la sua carriera.
Il profumo di riso biryani e pollo tandoori annuncia l’ingresso nella zona di Little India, con i banchi di spezie e i mercatini di gioielli allineati sui tavoli dei venditori, che si sfidano in una gara di decibel sulle note dei successi made in Bollywood. Basta svoltare un paio di incroci per approdare nel quartiere cinese, un dedalo di costruzioni variopinte a due piani, impreziosito da gioielli architettonici come il Khoo Kongsi, la sede del potente clan dei Khoo, costruito nel 1901 e decorato con draghi a spirale, dipinti di immortali, saggi confuciani, semidei taoisti e scritture buddhiste,