FRANCIA | IL CIBO È CULTURA
Fuoco amico. Un viaggio goloso in Occitania, l’antica Guascogna, fra bracieri, paioli di rame e prodotti del territorio, dal foie gras all’Armagnac
Lo spettacolo va in scena sotto le volte in pietra della cappella del Duecento che ospita La Table de Cordeliers, ristorante stellato di Condom, lungo il cammino di Santiago di Compostela, nel cuore dell’Occitania, l’antica Guascogna. In tavola i piatti della tradizione, simili a quadri d’autore, impreziositi da tocchi estrosi. È il regno dello chef Eric Sampietro, uno dei protagonisti della new ancient cuisine, di cui la Guascogna è apripista, che utilizza in chiave contemporanea ingredienti storici del terroir di D’Artagnan, dal foie gras all’Armagnac, dal porc noir de Bigorre all’agnello da latte dell’Aveyron, agli straordinari formaggi di pecora. È una delle tappe imperdibili di questo viaggio, tra paesaggi pennellati di verde e ocra che ricordano la Toscana, pittoreschi castelnau (villaggi fortificati), fattorie e paesi medioevali patrimonio Unesco (alcuni, come Fourcès e Larressingle, sono nell’elenco dei borghi più belli di Francia). E, naturalmente, bastide, domaine e chateaux, dove la distillazione continua è la più antica del mondo. “La Guascogna è l’angolo più suggestivo di Francia”, scrive il New York Times, “una settimana qui ad assaggiare piatti straordinari e ci si innamora perdutamente di questa terra”.
I ritmi sono quelli di una villeggiatura d’altri tempi, nei caffè dove si discute di politica bevendo un pousse-rapière, l’aperitivo locale, a base di vino brut, Armagnac e una scorza d’arancia, e gustando il pastis gascon, dessert di sfoglia con mele. Nelle piazzette ci si sfida in partite interminabili alla pétanque,
L’ultima tendenza della cucina francese? Guarda al passato e ha il suo epicentro nell’Occitania, l’antica Guascogna. Seguite il nostro viaggio goloso fra bracieri, paioli di rame e prodotti del territorio, dal foie gras all’Armagnac
le bocce locali. Alla frenesia della Costa Azzurra, la Guascogna ha risposto con l’intimità, il silenzio, la natura intatta. L’evento più importante non sono le feste, ma i marché au gras, i mercati, come quello di Samatan, dove i produttori di foie gras vendono direttamente ai gourmet arrivati da tutta la Francia.
fra borghi e mercati
È un tripudio di colori e sapori anche il mercato di Auch, con la cattedrale e la collegiata di La Romieu, patrimonio Unesco, da cui prende il via l’itinerario tra distese di girasoli, vigneti, colline. Accanto alla scalinata monumentale, le pousterle, le stradine medioevali, scendono ripide verso il fiume. Non si può lasciare Auch senza aver assaggiato le prelibatezze dello chef Vincent Casassus de La Grande Salle, ristorante dell’Hotel de France, che vanta una lunga tradizione gastronomica. “I piatti sono a base di ricette del luogo reinterpretate. Niente spume e coup de théâtre. È il cambiamento nella continuità”.
Più a nord, una bastide a pianta circolare con cammino di ronda, un porticato, case a graticcio, 300 abitanti: il borgo di Fourcès è tutto qui. Lungo il fiume, pescatori su barche solitarie, garzette che banchettano sulle rive, ragazze in bici, pittori incantati dal caleidoscopio di colori. È un gioiello anche Larressingle, detto la piccola Carcassonne, incastonato tra le mura possenti e la chiesa fortificata. Poche case, alcune botteghe artigianali, un paio di ristoranti. Qualche chilometro e si incontra la fat- toria di Carine e Mathieu Baylocq, trentenni. Quando il celebre chef Alain Ducasse, durante una visita, ha consigliato di non cambiare nulla, hanno capito di essere sulla buona strada. Il loro formaggio di latte di pecora crudo, che ha conquistato medaglie d’oro in vari concorsi, compare nei menu dei ristoranti stellati. Il merito è delle greggi portate in estate in transumanza sui Pirenei a brucare erbe profumate di montagna. Da qui la strada si insinua tra campi fioriti fino a Lectoure, una cinta di bastioni fortificati attorno alle nobili dimore in pietra.
Si scoprono i segreti dell’Armagnac, il distillato più antico d’Europa, nel Domaine d’Arton di Patrick De Montal, 50 ettari di vigneti, appena premiato per la migliore acquavite di Francia. È un’emozione camminare nelle cantine a volta, tra una sfilata di botti di quercia che contengono il liquore ambrato e gli alambicchi a ripiani. “È stata una vera sfida”, racconta il proprietario roteando il bicchiere à ballon da cui si sprigionano intensi aromi. “Nel 1979, quando l’ho comprata, la proprietà era completamente in rovina, i vigneti decimati dalla fillossera. Oggi produciamo 12 mila bottiglie di Armagnac, esportate anche negli Stati Uniti, accanto a Merlot, Syrah e Cabernet Sauvignon”.
Ci si rifugia al Mouline de Belin, maison d’hôtes in un mulino del XIII secolo. All’interno, pianoforte a coda, grandi camini; attorno, pisci-
Una settimana qui ad assaggiare piatti e prodotti straordinari e ci si innamora per sempre di questa terra
na, fontana e una proprietà di 15 ettari dove si fanno passeggiate piacevoli. Poi si può cedere alle tentazioni gourmand dell’Auberge des Bouviers, in una bella casa seicentesca di pietra nel cuore di Lectoure. Spiega lo chef Bastien Boulard: “Con questa ricchezza di prodotti non è difficile fare una buona cucina. Ma il rischio di essere banali è sempre dietro l’angolo. Così, per scansarlo, sperimento nuovi abbinamenti, come il petto d’anatra accompagnato dalla Vieille Mimolette, pregiato formaggio dal profumo di nocciola, o il tartufo servito con il Brie de Meaux”.
Moissac, tappa del Cammino di Santiago, appare tra i frutteti e i vigneti del doc Chasselas. Si affacciano sul Canal de Garonne, che a Tolosa diventa Canal du Midi, le vecchie case abbarbicate sulla roccia. Per capire il fiume bisogna annusarne il profumo, dicono da queste parti. A primavera arrivano ventate di acacia e di rose, in estate di tiglio, vigna matura, grano bruciato dal sole. A qualche chilometro vale un viaggio l’abbazia di Saint-Pierre, capolavoro romanico protetto dall’Unesco, con il chiostro dai 76 capitelli e il portale istoriato a cui si è ispirato Umberto Eco per Il nome della rosa.
Dal sacro al profano. Sembra uscito dal repertorio di uno chansonnier d’antan il ristorante di famiglia dell’hotel L’Univers ,a Villefranche-deRouergue: affacciato sul fiume, atmosfera fin de siècle, vecchie insegne alle pareti. Dalle cucine, regno dello chef Quentin Bourdy, escono i grandi classici del nonno, come il fricandeau aveyronnais, una specie di patè a base di fegato di maiale e di selvaggina, moscato e cipolla; la sella d’agnello dell’Aveyron; il filetto di maialino nero con funghi. Ma la vera sosta pantagruelica è a una decina di chilometri, nel villaggio di Monteils, sperduto nella campagna.
Si viaggia fra
distese di
girasoli, campi fioriti, vigneti. E pittoreschi
castelnau,
antichi villaggi fortificati
foiE gras E armagnac
È annunciata da centinaia di anatre che razzolano all’aperto la fattoria di Jacques Carles. Dai grandi paioli di rame sulle fiamme alte del braciere escono effluvi invitanti. E se ai tavoli dell’antica sala il protagonista è, ovviamente, il canard declinato in decine di ricette, il foie gras è il vanto di questo famoso produttore. “Qui lavoriamo soltanto anatre ed oche allevate nel sudovest e nutrite con mais locale. Il risultato sono magret, foie gras, bloc, paté, rillettes dal sapore delicato e aromatico che non ha eguali”, racconta Carles. Un piatto imperdibile? L’oulado, zuppa di verdure e confit de canard: una vera immersione totale nella cucina di Guascogna. Da smaltire, poi, a piedi o in bicicletta, tra i sentieri affacciati sui vigneti. Ma sono tante altre le suggestioni culinarie di questa regione. Dall’aligot, purea di patate, aglio, panna e toma di Aubrac, al coniglio Galapin, vanto di una ventina di allevatori, alimentato rigorosamente con prodotti biologici in vendita nei vari mercati. Come quello del villaggio medioevale di Saint-Antonin-Noble-Val, costruito intorno a un’abbazia benedettina, che ha fatto da sfon-
A Moissac, tappa del Cammino di Santiago, le vecchie
case abbarbicate sulla roccia si affacciano sul
Canal de Garonne
do ad Amore, cucina e curry (2014), una commedia con Helen Mirren. La strada prosegue tra boschi, campi coltivati, villaggi medievali. In un’ansa del fiume Aveyron, su una roccia a picco, ecco Najac, nella lista dei borghi più belli di Francia. Si passeggia tra le case a graticcio del XIII secolo i place de Faubourg e nelle viuzze attorno, dove si affacciano botteghe artigiane come quella di Sylvie Sallet-Gerbaud: “per le mie ceramiche utilizzo l’antichissima tecnica jaspe, a base di terra liquida colorata. Il risultato è uno scenografico effetto marmorizzato”. A pochi passi, Regis Najac èil signore dei coltelli: tutti fatti a mano, esemplari unici con manici in quercia, noce centenario o corno, ma anche ebano e denti di facocero; e lame forgiate nel vicino villaggio di Laguiole, famoso in tutto il mondo proprio per questo. Svetta sulle case medioevali la Fortezza Reale, un miraggio di guglie, bastioni merlati, torri, archi, bandiere che sventolano. Sotto, le gole dell’Aveyron, da scoprire in kayak, in bicicletta, a piedi lungo i sentieri che costeggiano il canyon, tra belvedere e cespugli fioriti. Il giusto contorno sportivo per chiudere in bellezza questo viaggio così ricco di sapori.