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PADOVA | L’ARTE AIUTA A PENSARE

L’eredità di Giotto, otto meraviglie tra palazzi e chiese. Aspettando il riconoscim­ento Unesco, gli itinerari, colti e gaudenti, nella Urbs Picta

- di Mariella Grossi

La carica del Trecento. Itinerario colto e gaudente nell’Urbs Picta, candidata Unesco

Aumentare il patrimonio. È l’ambizione di Padova, non sul fronte del bilancio comunale, ma di quelle meraviglie di arte, storia, natura che sono un bene dell’umanità: i Patrimoni Unesco. La città di Palladio, dell’università, fondata nel 1222, dove ha insegnato (e fatto le scoperte più importanti) Galileo, ha già un riconoscim­ento Unesco dal 1997, per l’Orto Botanico, il più antico del mondo (1545). Ma ora è di nuovo candidata, per il 2019, nella World Heritage List come Urbs Picta, città dipinta: otto siti, un tema, un’epoca e un grande nome, la pittura del Trecento, Giotto e la sua eredità. “Il lascito culturale dei Carraresi, una signoria di mecenati dell’arte dalle grandi ambizioni”, sottolinea l’assessore Andrea Colasio (cultura, turismo) che ha fortemente voluto la candidatur­a Unesco.

Correva l’anno Domini 1306 quando Giotto terminava il suo capolavoro, il maestoso ciclo di affreschi nella Cappella degli Scrovegni, che è uno degli otto siti e da solo merita il riconoscim­ento. Prima tappa di un itinerario nella Urbs Picta scandito, oltre che da affreschi e monumenti, dalla vivacità di un capoluogo universita­rio, con 60 mila studenti e 173 corsi di laurea. Uno sciame di giovani che studiano, ma si divertono anche, creando una mappa di locali e osterie imperdibil­i e, nella bella sta-

gione, di baracchini di street food aperti fino all’ora dell’aperitivo, e oltre, lungo il canale Piovego.

Il passo è breve tra gli Scrovegni e la chiesa degli Eremitani (12761306), la cui storia è narrata dagli affreschi del Guariento, pittore medievale che dava ai volti i tratti diafani e ieratici (ma sorridenti) degli angeli bizantini. Artista alla corte dei Carraresi, Guariento decorò la cappella privata del nobile casato, la Reggia Carrarese (1343) realizzand­o quelle tavole di gerarchie angeliche che si ammirano al Museo degli Eremitani. C’è Mantegna agli Eremitani (chiesa), dove la pittura del Trecento è onorata nella Cappella Cortellier­i da quel Giusto de’ Menabuoi, foresto fiorentino che scandisce altre tappe dell’itinerario trecentesc­o con gli affreschi del Battistero del Duomo. La piazza con i suoi caffè all’aperto e tavolini invasi da bicchieri di spritz è ritrovo di amanti dell’arte, di flâneur del paesaggio urbano, di studenti. Forse flanellava qui anche Galileo, che ricorda i suoi 18 anni padovani come “i migliori di tutta la mia età”.

SANTI, ASTROLOGI E MERCANTI

Non è distante il Bàcaro Padovano, bàcaro vero, dove bisogna prenotare per non trovarsi aggrappati ai banconi degustando sarde in saor e bigoli in salsa. Piacevole sosta prima di dirigersi verso la tappa delle tappe, la quinta della Urbs Picta ,la basilica del Santo: qui, nei secoli, si sono prodigati, in onore di Sant’Antonio, Giotto (ma rimane poco) e la sua bottega, Donatello, Tiepolo. Danno un’emozione più raccolta gli affreschi di Altichiero da Zevio a San Rocco, sul sagrato, uno dei due oratori

nella lista proposta all’Unesco; l’altro è San Michele, con capolavori di Jacopo da Verona, sulla Riviera Paleocapa, nella Padova dell’acqua. Già, perché si può visitare la città anche navigando, dal Piovego per canali interni, seguendo le mura rinascimen­tali della Serenissim­a. Imbarcarsi alla conca delle Contarine e seguire le tracce della storia fino al Portello, antico porto della città con una scalinata perduta e ritrovata grazie a un quadro del Canaletto. E in barca si va anche fuori porta, fino al Brenta con le sue ville di delizia, seconde case della nobiltà. Oppure fino ai Colli Euganei fra vigneti, castelli e giardini romantici (v. Dove, settembre 2018).

Nell’ultima stazione del pellegrina­ggio d’arte si passa dal sacro alla laicità, alle tentazioni dell’angolo più godereccio, il Salòn con il mercato intorno al duecentesc­o Palazzo della Ragione, l’antico tribunale. Gli affreschi trecentesc­hi di Giotto sono sfumati in un incendio del 1420. Rifatti da Nicolò Miretto e Stefano da Ferrara, restano un impression­ante colpo d’occhio: 333 riquadri a tema astrologic­o, ispirati da Pietro d’Abano, medico, astronomo e filosofo aristoteli­co, gran studioso di Averroè. In questo palazzo lungo 82 metri si conserva il pendolo di Foucault, famoso in letteratur­a grazie a Umberto Eco, e nel mondo della fisica perché ha reso visibili (1851) gli effetti verticali della rotazione terrestre.

Arte, storia, ma il Salòn è anche il cuore dei godimenti patavini della gola, perché si affaccia sulle bancarelle di piazza delle Erbe, una cinquantin­a, che sciorinano il meglio degli orti veneti. Così, a seconda della stagione, si comprano bruscandol­i, giuggiole dei Colli, asparagi di Badoere, infinite varietà di radicchi e rosole, baby piante di papavero

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