ROMAGNA | IL CIBO È CULTURA
Ghiotta, ricca di sapori, legata al territorio. Per la testata americana Forbes la cucina romagnola è la migliore del mondo. Da provare (anche più di una volta nella vita) nell’interpretazione di una brigata di chef davvero speciale
Sogni golosi. I giovani chef della cucina romagnola, che per Forbes è la migliore al mondo
Alla Settimana della Cucina Italiana 2017 in Cina, l’Emilia-Romagna ha battuto tutti, sfatando l’idea che Toscana e Piemonte siano i reami della gastronomia. E Forbes, cento anni di giornalismo economico in Usa, ha consacrato il cibo emilianoromagnolo come il migliore del mondo. Peccaminosamente non dietetico, ricco di sapori, nasce dall’artigianalità e dall’orgoglio per i prodotti della campagna. Dalla conoscenza di un territorio dove “la bontà porta alla bellezza”, dice Fausto Fratti, ideatore della nuovissima Brigata del Diavolo, team di 18 chef, stellati e giovani promesse, che hanno stilato un Manifesto dei cuochi sognatori. Sono i protagonisti di Romagna Osteria, cene itineranti in luoghi inconsueti e ricchi di storia (Rimini, i borghi del Montefeltro, fino al Delta del Po), trasformati in temporary restaurant. Il primo carnet di appuntamenti si è concluso a novembre, ma l’iniziativa riprenderà nel 2019 con cadenza mensile. Che c’entra il diavolo? Tutto inizia a Poggio Torriana, 20 chilometri da Rimini, uno dei più spettacolari belvedere sulla costa e la Valmarecchia. Qui c’è l’Osteria del Povero Diavolo, di cui Fratti è proprietario. Lui parla schietto: “Non basta dar da mangiare alla gente, sia pure nel migliore dei modi. Bisogna portarla in luoghi magici, che, spesso, non conoscono neppure i romagnoli. Il Montefeltro, per dire, ha scritto la storia del Rinascimento”. È la mission della Brigata del Diavolo, alias cuochi sognatori: far scoprire piatti e luoghi. E così hanno cucinato in location uniche, come la pieve di San Martino a Casteldelci, nel settecentesco teatro Mariani di Sant’Agata Feltria, tutto in legno; nella rocca di Sant’Arcangelo, paese dove si trova uno dei santuari della cucina romagnola, La Sangiovesa, osteria e bottega con le sfogline all’ingresso.“Che esperienza l’aperitivo sottoterra, nelle ex miniere del museo Sulphur di Perticara”, si scalda Giuseppe Gasperoni, cuoco sognatore, che ha in gestione l’Osteria del Povero Diavolo. Il ristorante (e locanda), proprio come tutti gli altri della rete, merita il viaggio al di là delle cene-evento.
PANE PERDUTO ED ERBE DI CAMPO
Con una brigata di ragazzi sotto i 30 anni, Gasperoni propone un percorso di dieci piatti, “ma se ne possono ordinare anche due, dal menu”. Iniziando con il tortello farcito di parmigiano liquido e carbonara di porcini, per proseguire con la costoletta di maiale ripiena di verza, servita con limone essiccato. Si conclude con il pain perdu, ammorbidito nel latte, caramellato, con gelato fiordilatte e spuma di uva fragola. Altra tappa, Pennabilli, paese caro a Tonino Guerra, poeta, sceneggiatore e sodale di Federico Fellini. Qui le stanze del terzo piano all’hotel Duca di Montefeltro hanno mobili e opere di Guerra. E c’è un ristorante, Il Piastrino, stellato dai prezzi accessibili, con lo chef sognatore, Riccardo Agostini che, dopo esperienze prestigiose, è tornato qui “a rinnovare la cucina del territorio”, ammette. Tutto local, ma con cotture e abbinamenti contemporanei. Gli gnocchi? con fondente di lepre e vermuth. Il coniglio, tipico piatto contadino? arrostito avvolto in fette di pane, con erbe di campo marinate.
La Romagna si allarga, non come confine geopolitico, ma come meta di viaggio. Così, in Destinazione Romagna, marchio di promozione
turistica, entra anche il Delta del Po, 52 mila ettari (versante romagnolo) di patrimonio Unesco. Luogo di natura, casoni di pesca, stormi di uccelli migranti come le oche selvatiche, o padroni di cielo e canneti come il falco di palude, gli aironi rossi. Meta di ciclisti, fotografi, birdwatcher, camminatori. E di appassionati di arte per la millenaria abbazia di Pomposa a Codigoro, con il suo tripudio di affreschi di scuola giottesca. Terra di acque, il Delta, glorificate anche nella storia, come dimostra, a Comacchio, il Museo Delta Antico, che custodisce il carico di una nave romana naufragata con le stive piene di giare d’olio e vino. Una delle tante perle in questo lembo di fiume generoso di pesce, seppie di nassa, giotoli (piccoli polpi). E di anguille. È stato un museo di Comacchio a rimetterne in moto il ciclo di lavorazione, la Manifattura dei Marinati: impressionanti i 12 camini dove si cuociono le anguille prima dell’immersione nella salamoia per la marinatura (presìdio Slow food). E proprio nella sala fuochi si è tenuta una cena della Brigata del Diavolo. Lo ricorda Maria Grazia Soncini, chef della Capanna di Eraclio a Codigoro, una stella Michelin, che crede nel ritorno alla cucina di famiglia (tra i fornelli si aggira la madre Wanda, novantenne) e nei prodotti del territorio: “I miei piatti hanno i sapori di una passeggiata nel Delta”. Ed ecco l’anguilla (“di Goro, non ci sono acque migliori”), scottata sulla brace, ogni pezzo steccato con aglio e rosmarino, cotta al forno. E servita con polenta bianca all’onda, che è la signora di ogni piatto, anche di laguna. Polenta e gamberetti del Delta, bosega (cefalo), moleche, piccoli granchi dal guscio molle. D’inverno va in scena la cacciagione; d’autunno, il sorbetto di uva
Portare il buono nel bello è la missione dei “cuochi sognatori”, che cucinano fra rocche, teatri, monasteri
fragola (“dal nostro pergolato”). Ricette che la chef crea quando va ad ammirare “il tramonto rosso fuoco dal ponte sul canale, davanti al ristorante. È il mio pensatoio”. Come lo è la Riserva naturale del Lido di Volano: “scavalco una duna, davanti a me si dispiega il Delta e incontro i pescatori di vongole”. Un altro segreto del territorio è il riso, coltivato da secoli nel paesaggio verde, graffito da canali e sentieri, di Jolanda di Savoia. Cereale eccellente da comprare all’Agricola Penazzi, vent’anni di attività. Emblema dell’Italia laboriosa, come lo è il b&b La Corte dei Ducati, casa natale di Antonio Cavalieri Ducati, fondatore dell’omonima azienda motociclistica. Base perfetta per scoprire l’altro patrimonio Unesco, Le Delizie Estensi, ville, casini di caccia che i duchi d’Este usavano per i loro passatempi estivi fra Tre e Cinquecento.
LARGO AI GIOVANI CREATIVI
Dopo il Delta, l’altra tappa del buono&bello sono le millenarie Foreste Casentinesi e San Pietro, frazione di Bagno di Romagna, paese di terme salutifere sin dal tempo dei Romani. Qui Gianluca Gorini, giovane chef applaudito persino da Massimo Bottura, ha scelto di aprire il ristorante che porta il suo nome. Gorini, 35 anni, figlio d’arte, ha sempre voluto (non sognato) fare il cuoco. La sua cucina guarda verso gusti moderni. “Partiamo dalle materie prime della zona, ricca di animali da cortile ed erbe di campo, e aggiungiamo la nostra forza creativa”, sottolinea Gorini, che si rifornisce da produttori a chilometro zero, “custodi di valori importanti che difendono la genuinità, l’allevamento sostenibile”. Arrivano dal territorio il formaggio di fossa, l’olio extravergine del Podere La Torre , di Roncofreddo. La missione di Gorini è quella di rendere accessibile l’alta cucina. Con i menu degusta-
zione (tra 40 e 68 €) si apprezzano i profumi di anice verde, capperi e salsa di limone nel maialino di Mora romagnola alla brace; la faraona arrosto con albicocche al vermuth, salsa di nocciola e resina di rosmarino. E il semifreddo al raviggiolo, formaggio vaccino presìdio Slow Food, con amarene sciroppate e croccante alle noci. La lista dei vini spazia dal Lambrusco ai Franciacorta, ma l’acqua è “di alta valle, servirla è un modo per promuovere questa terra”, sottolinea con orgoglio Gorini, innamorato dei “paesaggi genuini, del lago di Ridracoli”, che si allunga nelle Foreste Casentinesi, 600 chilometri di tracciati da imboccare a piedi o in mountain bike. Il percorso delle faggete sconfina in Toscana, all’eremo di Camaldoli. A Bagno di Romagna e dintorni si fanno provviste di grani antichi alla Fattoria dell’Autosufficienza, e di vini biodinamici alla Tenuta Santa Lucia di Mercato Saraceno.
Cultura e cuoco sognatore a Faenza, dove la ceramica è arte, e dove bisogna andare a maggio per la Cena itinerante tra cortili e botteghe di ceramisti. La più famosa è Gatti, fornitore di artisti come Mimmo Paladino. L’altra meraviglia della città è il settecentesco Palazzo Milzetti, un capolavoro per Antonio Paolucci, ex direttore dei Musei Vaticani, che ha speso parole forti: “Non troverete né a Vienna né a San Pietroburgo, neppure a Parigi un edificio paragonabile per raffinatezza del decoro interno…”. Ed è arte, amore per la genuinità la cucina di Cà Murani: zuppe di farro con funghi, raviolo di patate con scaquerone e tuorlo d’uovo, culatello. Un menu che sa di memorie in un locale storico, con stufa al centro e soffitti di legno. La maratona del gusto sale in collina, per comprare il vino della Fattoria Zerbina. O dormire e far provviste all’azienda agricola Baccagliano: olio, salumi, birra artigianale. In un complesso del XII secolo, fra vigne, frutteti e due cipressi millenari. Che storia, la Romagna.
Anche gli chef più innovativi utilizzano ingredienti dei piccoli produttori