ABRUZZO | ON THE ROAD
Sono 700 e guardano il mare dagli Appennini. I castelli e i borghi fortificati diventano hotel, ospitano eventi culturali. Un viaggio imperdibile tra storia, vino e bellezza
Vivere in un film. Fra i borghi incastellati trasformati in hotel e set cinematografici
“Cerco il silenzio come fuga dal rumore di fondo del mondo”, ha confessato il fotografo inglese Michael Kenna, mago del paesaggio in bianco e nero. Per questo, forse, tra il 2015 e il 2016 ha percorso 5.700 chilometri in Abruzzo per ritrarne rocche e castelli (sul sito michaelkenna.net). Per ritrovare quelle forme e quelle sfumature, però, non serve fare tanta strada. Basta un weekend nelle Terre della Baronia, nel Gran Sasso meridionale, un lembo di quell’Italia, minore solo in apparenza perché ricca, invece, di arte, storia, paesaggi emozionali, sapori. Non a caso la Cnn ha consacrato l’Abruzzo come New Hot Destination in Italia. Si può partire da Santo Stefano di Sessanio, ormai celebre borgo trasformato in uno dei primi alberghi diffusi d’Italia, e proseguire verso scorci meno conosciuti sulla sinuosa strada provinciale per Calascio. Il suo simbolo è la Rocca, uno dei 700 castelli abruzzesi, inserito dal mensile National Geographic tra i 15 più belli al mondo per il suo fascino austero. Un’icona della storia del cinema grazie alla fiaba magica di Lady Hawke (1985), al romantico Il viaggio della sposa di Sergio Rubini (1997), o, ancora, all’incalzante The American (2009), con George Clooney nel ruolo di killer in (apparente) ritiro a Castel del Monte, a una decina di chilometri da Calascio. La fortezza, irta di torrioni, voluta da Ruggero d’Altavilla dopo la conquista normanna, si raggiunge in pochi minuti con un robusto paio di scarpe da ginnastica, godendo una vista che spazia lontano: a lungo questo fu un punto d’osservazione, e comunicazione, con altri castelli, di torre in torre, sino all’Adriatico. È sempre aperta e visitabile anche con le guide dell’associazione Nuova Acropoli; da aprile a novembre qui riecheggiano le note classiche e jazz del festival Altimetri di Musica, curato dall’Officina musicale dell’Aquila in collaborazione con il Rifugio della Rocca. Quest’ultimo, guidato dalla famiglia Baldi, è un bel progetto di accoglienza turistica: camere, appartamenti nel borgo e un ristorante di specialità tipiche come le lenticchie di Santo Stefano, presìdio Slow Food. Piccole, con buccia sottile, diventano una zuppa per scaldarsi quando la neve ricopre queste rocce antiche.
IL TESORO DEI PASCOLI
Bastano dieci minuti per raggiungere Castel del Monte, fra i Borghi più belli d’Italia. Visto da lontano, soprattutto con le luci della sera, il paese sembra a forma di stella. È l’effetto suggerito dall’impianto urbanistico, su cinque alture. Il suo stemma, scolpito su un altare della chiesa Matrice, rappresenta proprio la torre cinta dalle mura sui cinque colli. Qui vivono 428 persone e molti, come i loro antenati, continuano il duro mestiere di pastori. Un vero simbolo della civiltà dei pascoli e della transumanza è il pecorino canestrato di Castel del Monte, altro presìdio Slow Food che stagiona fino a un anno. Ogni famiglia, in paese, lo produce secondo la sua ricetta, tramandata da generazioni, ma il vero segreto sono le essenze foraggere, le piante e arbusti di cui si nutrono gli ovini locali. In zona ne sono state censite ben 300 mentre, per fare un confronto, sulle Alpi vanno da venti a trenta. Il canestrato si assag-
gia all’azienda zootecnica Gran Sasso, dove il proprietario, Giulio Petronio, racconta volentieri vecchie storie di pascolo e di greggi. Di quando, con il freddo, queste vengono guidate verso le colline pescaresi, dove c’è erba da brucare, per poi tornare ai primi caldi a Castel del Monte. A maggio, poi, uomini e pecore salgono verso i 1.800 metri dell’altopiano di Campo Imperatore dove, da almeno duemila anni, migliaia di animali si spostano lungo 19 chilometri di prati. Prima di ripartire si può passeggiare nel borgo percorrendo gli sporti, archi scavati nella roccia calcarea come protezione dal freddo; si ammirano gli affreschi e i mosaici realizzati a partire dal 2000 dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, le chiese del centro storico, i nove piccoli spazi espositivi dedicati alla vita contadina, dal museo della pastorizia, in un antico fondaco, a quello della lana. Castel del Monte e la piana di Campo Imperatore sono anche le località più attrezzate in Centro Italia per lo sci alpino, il freeride e, soprattutto, il fondo, con il tracciato misto dell’anello di Cretarola, quello di Pietrattina, dieci chilometri con lunghi tratti nella faggeta, e la pista di Fonte Vetica, che spazia nella grande piana. A Campo Imperatore, che l’alpinista, etnologo e scrittore Fosco Maraini paragonava alla piana di Phari Dzong, a 4.200 metri tra India e Tibet, è stato aperto l’ostello Lo Zio. Si trova a 2.115 metri ed è il più alto d’Europa. “Si può dormire in camere con vista sul Corno Grande”, spiegano i giovani titolari aquilani, Daniele e Andrea Mancini. “Ma c’è anche chi sale fin quassù solo per un caffè, per i taglieri di salumi e formaggi, accompagnati dal vino della nostra locanda”.
VINI ARTIGIANALI E ANTICHI GUERRIERI
Su un poggio, un’ora d’auto più a sudest, Ofena conserva la struttura di borgo medievale fortificato, con le case-mura raccolte attorno al palazzo baronale. Il borgo si è guadagnato la definizione di forno d’Abruzzo per il microclima mediterraneo. Un tepore che ha favorito la viticoltura e la ricca produzione di Montepulciano e Cerasuolo d’Abruzzo doc. È terra del
I prati abruzzesi, meta da secoli della transumanza, sono oggi scenario di festival e passeggiate
I formaggi e le carni di pecora, lo zafferano e le lenticchie: ecco i tesori nascosti tra gli Appennini e l’Adriatico
vino anche Capestrano, fondato nel 1210 nell’alta valle del Tirino, area dell’antico popolo dei Vestini. A maggio il paese è lo scenario di Naturale, salone del vino artigianale, un’occasione per incontrare i vignaioli del luogo. Ma anche esperti come Paolo Quaglia, tra i fondatori dell’associazione aquilana Dinamiche bio, che ha annunciato l’apertura di un’enoteca con piccolo ristorante e orto a Santo Stefano di Sessanio per la prossima primavera. Passeggiando nel centro si scoprono il convento di San Giovanni (1447), il castello Piccolomini e l’abbazia romanica di San Pietro ad Oratorium, nel bosco sulla riva sinistra del Tirino. Questo fiume, dove in estate si può pagaiare, è considerato uno dei più belli d’Italia e il “più limpido d’Europa”, perché le sue acque sono alimentate da tre fonti risorgive che scorrono 25 metri sottoterra.Tra Ofena e Capestrano, ad agosto, si tengono le proiezioni di Strano, festival internazionale del cinema dedicato alla cultura della terra (e alla natura), con eventi collaterali che prevedono incontri con agricoltori e produttori. Appena sotto il borgo, Aufinum è la necropoli arcaica dove, nel 1934, è stata scoperta una scultura del VI secolo a.C. dall’eleganza a dignitosa: il Guerriero di Capestrano, alto 2,10 metri, forse un soldato, forse un re dal largo cappello, che alcuni studiosi attribuiscono ai Vestini, comunque a una popolazione italica. Diventato un simbolo dell’Abruzzo, è conservato al Museo nazionale archeologico di Chieti in una sala allestita da Mimmo Paladino, ma una copia a grandezza naturale veglia in paese, nell’atrio del Castello Piccolomini. Tornando verso Santo Stefano si incontra la minuscola frazione di Bominaco. “Città d’arte”, recita il cartello all’ingresso. Sorgono qui da metà XII secolo la chiesa di Santa Maria Assunta el’ oratorio di San Pellegrino, monumento nazionale dal 1902, con affreschi medievali su tutte e tre le campate: una folla di figure e simboli racconta i Vangeli, la vita di San Pellegrino, i mesi dell’anno e i riti della campagna.
Si scende in una vallata pennellata da coltivazioni. È la piana di Navelli, culla del delicato e prezioso zafferano dell’Aquila, dal 2005 a denominazione d’origine protetta. I campi sono una tavolozza cangiante, dal verde brillante dei germogli al viola intenso dei fiori, tra ottobre e novembre. La raccolta, completamente manuale, avviene all’alba, prima che il sole dischiuda le corolle disperdendo il prezioso contenuto degli stimmi. Alcune aziende, come la Centuria di San Pio delle Camere, permettono ai visitatori di partecipare a questa fase delicata. Fiore dopo fiore si separano gli stimmi dallo stelo, poi si si depone il raccolto nei setacci, prima di tostarlo su braci di legno. Lo zafferano è solo una della tante piante coltivate e custodite al Centro ricerche floristiche dell’Appennino di Barisciano, all’interno del Convento di San Colombo, ex monastero francescano del XVI secolo. Un complesso diventato Dimora storica dove si può dormire in una delle antiche (ma confortevoli) camere dei frati, e mangiare ai tavoli della locanda, che offre cucina regionale. Una sosta consigliata per perdersi tra museo dei fiori, biblioteca, erbario, con 65 mila specie censite, e orto botanico. Un’altro modo di ripercorrere, con le forme e i colori dei pascoli e del sottobosco, il carattere e l’essenza di questi luoghi.