MARCHE | ON THE ROAD
Viaggio nelle antiche terre dei Montefeltro, alla ricerca dei paesaggi immortalati nei capolavori dei grandi maestri del Rinascimento, da Raffaello a Leonardo da Vinci
Come in un dipinto. Itinerario nei paesaggi immortalati dai grandi artisti del Rinascimento
Palazzetti rinascimentali, chiostri silenziosi, borghi arroccati e belvedere struggenti: le Marche sono una cornucopia di tesori e scenari immortali. Una regione museo dove farsi rapire dalla meraviglia di ogni ricamo architettonico, di ogni facciata o chiesa, in una sorprendente armonia di tinte, prospettive senza fine, sotto l’incanto di un cielo per sua natura cobalto. Nel Montefeltro marchigiano, in particolare, che per due secoli fu il Ducato di Urbino, l’avana e l’ocra dei campi si accordano con le sfumature crema e cipria dei tetti, delle mura erette a difesa dei borghi. Un paesaggio ordito dalla cultura delle corti rinascimentali, da un fermento antico che ha generato meraviglia e capolavori senza tempo. Quello stesso paesaggio che aveva in mente Piero della Francesca nei suoi pellegrinaggi tra Urbino e Rimini, oppure il giovane Raffaello, persino Luca Signorelli, i primi a lasciarsi conquistare da questa bellezza, mettendo su tela pianori, creste, colline, fiumi. Una geografia emozionale (da leggere, sul tema, Giuliana Bruno, Atlante delle emozioni, Johan & Levi editore, 2015) che permette di costruire una mappa fatta di memorie pittoriche, di sentieri da percorrere come una nuova meraviglia.
Sulle tracce di questo paesaggio dipinto si erano messe in moto, anni fa, Olivia Nesci, docente universitaria, e Rosetta Borchia, fotografa, “cacciatrici di paesaggi” (Il paesaggio invisibile. La scoperta dei veri paesaggi di Piero della Francesca, Il Lavoro Editoriale editore, 2013). Dal 2007 ne hanno individuati una dozzina, nelle tele di Piero della Francesca, nei dipinti di Raffaello, nei capolavori
di Leonardo. Tutti panorami marchigiani, magnifici allora, imperdibili oggi. Come la Rocca di Gradara, raffigurata nella Pala d’altare di Giovanni Bellini, visibile nei Musei Civici di Pesaro. Lasciando alle spalle la Rocca, forse teatro del fatale bacio tra Paolo Malatesta e Francesca da Polenta evocato da Dante nel V Canto nell’Inferno, si incrocia subito Montefabbri di Vallefoglia, lungo l’antica strada che collega Pesaro a Urbino. Passeggiando lungo il perimetro esterno delle mura ci si sente parte di un quadro: l’orizzonte si apre su calanchi e dolci pendenze verso nord, ma, cambiando prospettiva, lo sguardo raggiunge i Monti delle Cesane, olivastri e maestosi. Neanche un battere di ciglia e su un’altura il paesaggio fa da quinta alla scultura in ferro Il pensiero è più veloce dell’azione, del marchigiano Gianni Calcagnini. È una delle opere di Land Art ospitate nei 360 ettari della tenuta Santi Giacomo e Filippo, dell’Urbino Resort: “Si tratta di una puledra araba che salta il globo e rappresenta la libertà senza confini. L’arte è un modo per conservare la natura”, precisa Marianna Bruscoli, proprietaria della struttura. Si dorme circondati da vigneti, querce bianche e ulivi negli edifici del borgo agricolo del Settecento (ancor prima, una parte del terreno era appartenuto alla nonna di Raffaello). Ed è nelle strade di Urbino che sembra di attraversare un quadro rinascimentale. Palazzo Ducale, dimora di Federico da Montefeltro, è uno scrigno di capolavori come il Ritratto di Gentildonna (noto come la Muta) di Raffaello, mentre l’arte contemporanea ha casa nel Palazzo comunale, che ospita Urbino metafisica di Mario Logli e un’opera di Renzo Scopa, entrambi urbinati.
Anche le soste golose sono un richiamo alla storia. Formaggi e salumi del territorio si gustano sotto le volte della cantina di Tartufi antiche bontà,a pochi passi dalla casa attribuita a Raffaello, mentre l’oratorio di San Giovan- ni è un gioiello affrescato dai fratelli Salimbeni nei primi anni del Quattrocento: dalla sacrestia ci si regala un’inconsueta prospettiva di Palazzo Ducale con i due torrioni alti come minareti. In meno di mezz’ora si raggiunge Sant’Anna di Fossombrone, dove il paesaggio arcigno della Gola del Furlo, grazie all’associazione culturale la Casa degli Artisti, è diventato una galleria a cielo aperto di opere realizzate con materiali naturali. La zona è una delizia anche per chi ama il trekking lungo i sentieri ben segnalati della riserva naturale o per chi vuole esplorare la forra scavata dal fiume Candigliano, in compagnia delle guide di Natura trekking Marche.
TARTUFI E ANTICHI TELAI
In auto si risale il fiume fino a Piobbico, una ventina di chilometri che sbracciano tra poggi via via più alti, fino a che lo sguardo si arrende davanti alla dorsale appenninica. Si ritiene che la veduta sia il fondale scelto da Leonardo da Vinci, compresso e ripensato, per la sua celeberrima Gioconda. Nel borgo, l’orologio del torrione del medievale Castello Brancaleoni è uno dei pochissimi al mondo a scandire il tempo in senso antiorario, mentre nelle sale del
Secondo gli studiosi, la vallata del Metauro è il fondale del Dittico dei Duchi di Urbino di Piero della Francesca
maniero si conservano antichi telai e tappeti. Michela Formica è l’ultima custode di questa tradizione: “Nella mia bottega utilizzo telai di fine Ottocento, spesso recuperati in scantinati e da qualche tempo ho inserito nella produzione anche giacche e stole”, racconta.
Più a nord, seguendo il corso del torrente Biscubio, Apecchio è una delle capitali della birra e del tartufo marchigiano. Dal bianchello allo scorzone, in base alla stagionalità, i tartufi si assaggiano tutto l’anno al Ristorante Civico 14+5, che propone piatti semplici ma ben fatti. All’uscita si è di nuovo catapultati in una tela, passeggiando sul ponte a schiena d’asino in centro al paese, che sarebbe raffigurato nella Madonna del Cardellino di Raffaello. Attraversando un saliscendi riposante di colline, boschetti e campi coltivati, la strada porta a Sant’Angelo in Vado: dopo la visita agli scavi della Domus del Mito, la tappa è all’agriturismo Ca’ Icardo. Si dice che Raffaello abbia preso spunto dalla veduta che si gode dalla struttura per il profilo del Monte Nerone e delle altre alture per lo sfondo del Ritratto di Guidobaldo da Montefeltro. Si scruta l’orizzonte e affiora l’emozione che regala il celebre dipinto, soprattutto se ci si trova qui al tramonto, con la luce radente, assaporando un bicchiere di vino santo affumicato, un vino raro, arcaico. La notte si può trascorrere vicino a Mercatello sul Metauro, nel borgo di Castello della Pieve, luogo d’altri tempi dominato dal silenzio e immerso nella macchia boschiva dell’Alpe della Luna. Accanto alla torre dove Dante Alighieri ricevette l’editto del proprio esilio si organizzano laboratori per bambini e si raccontano favole con protagonisti streghe, gnomi e folletti. Il tragitto prosegue per Urbania, magari deviando per Lamoli di Borgo Pace, dove il Museo dei colori conserva lane e tessuti tinti con pitture vegetali, come il guado da cui si ricavava quel tono blu indaco, simbolo del Rinascimento. Urbania è un mondo di terracotta pallida che con la luce si fa rossastra, magica di primo mattino.
TERRACOTTE E COUNTRY HOUSE
La sua storia è legata all’artigianato delle durantine, le ceramiche diffuse in tutta Europa sino al Settecento. Albarelli, bacili istoriati e grandi vasi, ma anche oggetti di foggia moderna si trovano nella bottega di Giuliano Smacchia e Gilberto Galavotti. A caccia di panorami, si può ammirare quello che appare in I Trionfi di Federico da Montefeltro e Battista Sforza di Piero della Francesca (1472, conservato agli Uffizi). Bisogna arrivare nei pressi dell’agriturismo biologico Pieve del Colle, guidati anche da cartello e pannello esplicativo, dove si può pranzare con salumi e pasta fatta in casa.
Ci si affaccia ancora sulla piana del fiume Metauro, dal poggio di Porta Celle tra Urbania e Sant’Angelo in Vado, per introdursi invece in un’altra tela di Piero della Francesca, il celebre Ritratto di Federico da Montefeltro custodito agli Uffizi di Firenze. In primo piano ecco il Barco Ducale, un tempo residenza di caccia, mentre si intravedono all’orizzonte, dalla vetta spuntata, gli inconfondibili profili del Sasso Simone e Simoncello. Per una merenda si torna in centro, al forno di Francesca Guerra, per un assaggio di crostolo, una sfoglia
Leonardo avrebbe ritratto la veduta dalle alture
di Piobbico come sfondo della Gioconda
rotondeggiante di farina acqua e strutto, in accompagnamento alla casciotta di Urbino, il formaggio amato da Michelangelo.
Per dormire in un paesaggio dipinto si va al Country House Colleverde, sulla Strada Trabaria, antica via di collegamento fra questi boschi e il Tevere, lungo cui viaggiavano le forniture di legname per Roma. Dalla piscina lo sguardo si appoggia su querce, olmi e ulivi scintillanti come se fossero tirati a cera. Di mattina il tragitto verso Sassocorvaro è di curve e saliscendi. Le pendici su cui si distende il paese si ritrovano come quinta della famosa Sacra Famiglia con palma di Raffaello. “La campagna e le colline del Pesarese sono presenti almeno in due dei 14 fondali d’arte di Raffaello che stiamo catalogando”, racconta Olivia Nesci. “Nell’estate 2019 sarà dato alle stampe il libro che raccoglie gli studi e le conclusioni dei lavori”.
Le insolite forme della rocca ubaldinesca d’epoca rinascimentale annunciano gli aspri paesaggi di questa parte del Montefeltro. All’interno, la Madonna con Bambino e i Santi Rocco e Sebastiano riporta a un paesaggio più brusco e acuto. Come quello che tratteggia il caratteristico profilo appuntito del Monte San Marco. Per ammirarlo si arriva agli oltre 900 metri di Pugliano, frazione di Montecopiolo quasi disabitata, accarezzati dall’aria dolce e frizzante della Resurrezione di Piero della Francesca. Improvvisamente si diventa tutt’uno con questo paesaggio che sembra esprimere, oggi come allora, quell’ideale di bellezza che è stato voce e ricerca della cultura umanista.