PONTINE | AL MARE SI SOGNA SEMPRE
Solo mare, terra e bellezza. Palmarola è natura allo stato puro: baie incantevoli, rocce multicolori, fondali spettacolari. Un rifugio ideale per moderni Robinson Crusoe
Felici e isolati. Mare, baie e fondali spettacolari. Palmarola è la meta dei moderni Robinson Crusoe
Per Jacques-Yves Cousteau, il famoso esploratore, navigatore e oceanografo francese (1910-1997), Palmarola era l’isola più bella del Mediterraneo. Anche il grande documentarista e fotografo italiano Folco Quilici (1930-2018) la definì la terra emersa più bella del mondo, declassando la Polinesia al secondo posto rispetto alle meraviglie della “Pontinesia”, cioè le isole Pontine: Ponza, Ventotene, Zannone, Santo Stefano, lo scoglio di Gavi e, appunto, Palmarola. Che è stupenda, intatta e solitaria, perché non vi abita nessuno. Un’esplosione della natura allo stato puro, questo vulcano, nato sott’acqua al largo del golfo di Gaeta: solo terra, mare e bellezza. I valori del nuovo turismo di cercatori di wilderness, nella grande natura italiana.
TORNARE ALLE ORIGINI
Fu sempre Quilici a far sognare il mare delle Pontine agli italiani, illustrandone le cavità marine, i faraglioni, le polle d’acqua calda. Nella prefazione al libro di Fabrizio Volterra, Palmarola e le sue grotte sommerse (Campi di Carta, 2016), scriveva: “Un autentico paradiso terrestre tra fondali di acqua cristallina, rocce multicolori, piccole baie e spiagge incantevoli, oltre a una posizione strategica, vicina a due grandi città, Napoli e Roma”. Strategica, ma remota, quest’isola, difficile da raggiungere in alcuni periodi dell’anno, per le correnti e le scogliere naturali che appaiono e scompaiono. Vi si approda in barca o gommone da Ponza, isola sorella, la maggiore delle Pontine. Ma se il mare fa capricci, allora si rischia di rimanere a terra “Un proverbio paesano recita che a Palmarola non si prega né si bestemmia, perché c’è una condizione magica di tranquillità”, dice sorridendo Domenico Musco, ponzese doc, ex insegnante, esperto marinaio.
Silenzio, vuoto, meraviglia: Palmarola, il cui nome deriva dalle palme nane che crescono a strapiombo sul mare, è un’isola deserta, cullata da un mare trasparente e unico. Ci sono una sola casa privata e il bar-ristorante nella cala del Porto, O’ Francese. Lo gestisce da trent’anni la famiglia Martusciello, con Patrizia e i figli che hanno attrezzato tre stanze molto spartane dove dormire in stile Cast Away: niente linea telefonica, acqua razionata, gruppo elettrogeno, servizio di mezza pensione o intera e la certezza di trascorrere giorni da Robinson Crusoe, soli tra rocce vulcaniche e fondali profondi da esplorare e scoprire. Un’isola tutta per sé, dove si torna alle origini.
Non c’è scorcio o anfratto che non sorprenda: cala Brigantino, con il tufo bianchissimo che si getta nel mare; le Cattedrali, con scogli protesi verso il cielo come guglie gotiche; i faraglioni di Mezzogiorno, con l’omonima grotta dove nidifica il falco pellegrino, dove i cormorani volteggiano nel cielo. “Se queste isole sono rimaste così, lo dobbiamo ai nostri avi che le hanno mantenute, sono la nostra storia passata”, sottolinea Andrea Mazzella, uno di quei volti anziani che hanno praticato l’arte della pesca in tutto il Mediterraneo. “Ogni anno, l’ultima domenica di maggio, mare permettendo, tutti i ponzesi vanno a Palmarola, dove si celebra sullo scoglio di San Silverio una messa in onore del santo protettore”. L’altare sfiora l’acqua; i più devoti percorrono una mulattiera che sale a un altro altare, in cima alla roccia, per depo-
sitare ex voto e quaderni di preghiere. “Sono i riti isolani”, conclude Mazzella.
L’isola è un paradiso per gli amanti delle immersioni. “Nei fondali è possibile osservare da vicino praterie di gorgonie rosse, dentici, pesci di passo, ricciole e corvine”, racconta Andrea Donati, uno degli istruttori del Ponza Diving Center, che organizza immersioni con le bombole, “c’è una varietà incredibile di pesci e si vede il relitto di una nave militare affondata durante la Seconda guerra mondiale”. Palmarola si raggiunge solo con una barca privata (o con una delle escursioni che partono da Ponza) e, se d’improvviso cambia il vento, non si torna sulla terraferma. Si soggiorna sull’isola madre, a nove miglia marine, in pratica mezz’ora di gommone, dove il rientro, dopo qualche ora o qualche giorno, ha il sapore dolceamaro del ritorno alla realtà. Molti si limitano alle escursioni giornaliere, per godersi quiete, natura, fondali, nuotate solitarie. Con una canoa o muniti di pinne e maschera bisogna correre verso la Forcina, per un bagno indimenticabile in un mare “trasparente come acqua minerale, così tutto quello che si ammira fuori lo si ritrova anche dentro il mare”, si entusiasma Domenico Musco che, con la figlia Luisa, gestisce Divaluna, noleggio gommoni sulla spiaggia ponzese di S. Antonio. Con lui si può andare per una giornata alla scoperta degli angoli più nascosti. “Per noi ponzesi”, sottolinea con un sorriso, “Palmarola è la vera isola, quella da raggiungere per sentirsi davvero in vacanza”. Insieme ai posti, si scoprono storie, come quella dei “pirati che si nascondevano dietro lo scoglio Suvace, a Cala Brigantino, per sferrare i loro attacchi. Sulla secca Zirri, invece, un’esplosione di colori tra gorgonie e ricci, si sono incagliate barche guidate da chi non conosce bene i fondali”. L’isola deve fare i conti con la sua composizione geologica: cresce, invecchia, si modifica. Basta salire sui monti Guarniere o Tramontana, oppure immergersi sotto le Cattedrali, per capire il valore di queste rocce, dove in profondità fanno capolino anche le aragoste.
I RIFUGI SEGRETI DEI PONZESI
Tra sabbia e sassi si cerca la famosa ossidiana, pietra nera vulcanica che “si raccoglieva già nel Neolitico, una sorta di oro nero per costruire armi e ornamenti”, spiega Maurizio Musella, proprietario, con la moglie Stefania, di Villa Il Gabbiano, b&b di charme a Ponza, dalla cui terrazza si assiste a uno spettacolare tramonto su Palmarola. “Alla cala del Porto o in qualche baia defilata, i più fortunati trovano gli “occhi di santa Lucia”, pietra portafortuna che, in realtà, è l’opercolo ricoperto da uno strato corneo del mollusco Astraea rugosa”, conclude. Ha una forma tondeggiante e presenta sfumature dall’arancio al rosa: lo usa l’artista-designer di gioielli Alessandra
Nei fondali, praterie di gorgonie rosse, dentici, ricciole, eil relitto di una nave della Seconda guerra mondiale
Ravenna per realizzare, con oro o argento, ciondoli e orecchini in vendita nella sua bottega-atelier Cala Corallo.
Palmarola è disabitata, ma i ponzesi hanno i loro rifugi segreti. Lo confessa Pietro Romano, che pratica pescaturismo con la sua imbarcazione Lo sparviero: “Ci sono le case-grotta inerpicate e scavate letteralmente nella pietra, un tempo abitate dai contadini che venivano qui a coltivare la terra. Qualcuno di noi, che non ha paura della vita spartana, si rifugia per qualche giorno tra nicchie di roccia usate come armadi e l’illuminazione delle candele. Si mangia ciò che si pesca, si raccolgono gli asparagi selvatici. Bisogna proteggere proprio questo. Palamarola è natura allo stato puro”. La sera, rientrati a Ponza, i viaggiatori riscoprono il piacere di un cocktail al nuovo Blue Moon, prenotano una cena stellata all’Acqua Pazza, celebre per i crudi di pesce, o scelgono l’atmosfera informale del ristorante Da Antonio per la zuppa di pesce, i tagliolini cacio e pepe con carpaccio di gamberi o la “busta sorpresa”, ovvero un sauté di cozze servito con un coperchio di focaccia bianca. Ma nessuna esperienza gastronomica è paragonabile a un aperitivo o un picnic nella natura intatta di Palmarola. Una bottiglia di vino ben fresco, la focaccia bianca comprata al mattino al Forno Nautilus, sulla banchina. Servono anche una pinza per aprire i ricci e i cucchiaini per mangiarli. Arrivati sotto le Cattedrali basta ormeggiare, indossare maschera e coltello subacqueo per pescare molluschi e patelle. Al tramonto, è l’aperitivo più bello.